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Annalena Baerbock: “No ai prodotti realizzati impiegando lavoro forzato”

La ministra degli esteri, Annalena Baerbock, preme per un divieto di produzione di beni realizzati utilizzando il cosiddetto lavoro forzato. Recepisce in questo modo quanto già indicato a marzo dal Parlamento Europeo e ribadito dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha aderito alla proposta a settembre.

La ministra degli esteri tedesca: “No ai beni prodotti impiegando lavoro forzato”

Annalena Baerbock ha confermato all’agenzia di stampa dpa che il divieto non dovrebbe riguardare soltanto le aziende interne al territorio dell’Unione, ma anche i prodotti importati da Paesi extra-europei. E questo riapre una questione molto specifica, su cui il dibattito internazionale va avanti da tempo.

Il problema dei prodotti realizzati in Cina dalla minoranza degli Uiguri

Il divieto di cui parla Annalena Baerbock, infatti, potrebbe presto riguardare i prodotti realizzati nella regione dello Xinjiang, dove il governo cinese è accusato di sfruttare il lavoro della minoranza musulmana degli Uiguri musulmani.

Dallo Xinjiang, peraltro, un quinto del cotone mondiale viene prodotto e venduto a prezzi ultra-concorrenziali e questo crea un problema etico che ha visto istituzioni e privati prendere posizione. Per questa ragione, per esempio, anche la catena di abbigliamento Ovs, in Italia, si è impegnata a rinunciare al cotone prodotto nello Xinjiang, dopo aver aderito alla campagna  “Basta con il lavoro forzato uiguro”, di cui fanno parte più di 300 organizzazioni, provenienti da 40 Paesi.


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A settembre polemiche anche in Germania

Anche in Germania si erano già verificate tensioni “specifiche”. A settembre, ad esempio, l’ong berlinese Ecchr (European Center for Constitutional and Human Rights) aveva pubblicamente denunciato due grandi marchi di moda e due simboli della grande distribuzione, accusandoli di sfruttare proprio il lavoro forzato degli Uiguri. Dal canto loro, gli accusati avevano risposto di aver interrotto ogni rapporto con lo Xinjiang. Intanto, la Cina respinge tutte le accuse e le definisce delle bugie.

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