Ha destato scalpore la cancellazione dello “Schiaccianoci” di Čajkovskij, uno dei cavalli di battaglia dello Staatsballet di Berlino, la più famosa compagnia di danza cittadina.
Alla base della decisione di rinunciare a questo spettacolo, tradizionalmente reinterpretato dai coreografi Vasily Medvedev e Yuri Burlaka a partire dalla coreografia originale del 1892, alcuni aspetti della mise en scène che appaiono problematici, per la sensibilità attuale.
Leggi anche:
Vittoria per Chloé Lopes Gomes, la ballerina che ha denunciato lo Staatsballet di Berlino per razzismo
Lo spiega la direttrice pro tempore della compagnia, Christiane Theobald, 64 anni, in una dettagliata intervista rilasciata a BZ. In particolare Theobald afferma che, nella scelta di mettere in stand-by lo “Schiaccianoci”, determinanti sono stati l’utilizzo della black face e di alcuni stereotipi colonialistici. Questi elementi erano presenti già nella primissima coreografia di Marius Petipa, poi recuperata dal successore Lev Ivanov, e sono stati dunque utilizzati anche da Medvedev e Burlaka, a partire dal 2013.
Black face e stereotipi colonialistici: di cosa stiamo parlando concretamente
Scendendo più nel dettaglio, il focus è intanto sul secondo atto dello spettacolo originale, in cui compaiono due bambini con la cosiddetta black face. Parliamo cioè di bambini bianchi dipinti di nero, pratica ritenuta ormai offensiva. Già nel 2015 lo Staatsballet aveva ricevuto lamentele di questo tipo e aveva corretto il tiro. “Abbiamo parlato con i coreografi Vasily Medvedev e Yuri Burlaka e abbiamo eliminato il blackfacing, nonostante questa fosse una notevole invasione del diritto d’autore” racconta Theobald nell’intervista.
La direttrice della compagnia parla dell’importanza di non veicolare messaggi sbagliati
La direttrice parla inoltre della necessità ineludibile di discutere quali prodotti culturali siano ancora giustificabili e come, partendo proprio da alcuni elementi della messa in scena tradizionale de “Lo schiaccianoci”. “Questa produzione è, per così dire, una ricostruzione dell’originale del 1892. Vediamo quello che il coreografo Marius Petipa immaginava allora, anche se a danzare è un ensemble moderno” spiega Theobald, dichiarando che, in questo senso, l’opera “va senz’altro ricontestualizzata”.
Il problema dell’allestimento originario non è solo legato al blackfacing, peraltro ora rimosso, ma si pone anche in relazione ad altri stereotipi che riguardano gli orientali e che attingono a un immaginario falsato e colonialistico. Parliamo ad esempio della danza cinese e di quella araba. Danzatrici del ventre che ammiccano con campanelli alle caviglie, ballerini bianchi truccati da cinesi, danze presentate come tradizionali ma in realtà inesistenti, diversi sono gli elementi sotto esame. “Dobbiamo rivalutare tutto” ha dichiarato Theobald, parlando della necessità di ragionare in modo attualizzato sull’intera rappresentazione.
“Non è cancel culture: è qualcosa su cui riflettere”
La direttrice dello Staatsballet precisa tuttavia di non essere assolutamente favorevole alla cosiddetta “cancel culture” e di ritenere al contrario che, in quanto grande ensemble, lo Staatsballet abbia “persino l’obbligo di mostrare il grande repertorio del balletto”.
Il problema è che ne “Lo Schiaccianoci” le danze orientali sono presentate come falsamente originali e questo può creare confusione e alimentare il pregiudizio. “Bisogna sapere che il coreografo originale, Marius Petipa, non è mai stato in India o in Cina. Quello che vediamo è pura fantasia, ma nello spettacolo si sente dire: questa è l’India, questa è la Cina!”.
Insomma, la carne a cuocere è tanta e di sicuro un’attualizzazione dell’opera sulla base della sensibilità odierna dovrà avvenire mettendo a fuoco un tema complesso, ascoltando gli esperti, ma al tempo stesso ricevendo anche il feedback del pubblico. Il tutto, nel rispetto dell’originale, che è storicamente un elemento importante della tradizione natalizia tedesca.
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!