Erdogan fa marcia indietro: i diplomatici possono restare in Turchia

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan Foto © BORIS PEJOVIC (epa)

Sembra rientrata, per il momento, la crisi diplomatica fra la Turchia e i dieci Paesi, fra i quali la Germania, i cui ambasciatori avevano firmato un appello per la liberazione dell’attivista per i diritti umani Osman Kavala, in ottemperanza con quanto deliberato della Corte Europea dei Diritti Umani. Dopo una riunione di gabinetto ad Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che a fare marcia indietro sono stati, in realtà, proprio i diplomatici in questione, i quali avrebbero promesso di essere “più attenti” nelle loro esternazioni future ed eviteranno di “calunniare la magistratura” turca e il Paese in generale. Erdogan ha specificato che, anche per il futuro, chiunque non rispetti l’indipendenza della Turchia e la sensibilità dei Turchi non sarà benvenuto.

Un gruppo di sostenitori del presidente Erdogan, nella giornata di lunedì, ha anche manifestato di fronte all’ambasciata americana ad Ankara, per protestare contro l’ingerenza dell’occidente nella politica turca.

I diplomatici si atterranno alla Convenzione di Vienna: la crisi sventata da un tweet

La presunta “marcia indietro” è ascrivibile a quanto alcune delle ambasciate coinvolte hanno condiviso su Twitter. Nella giornata di ieri, infatti, l’ambasciata americana ad Ankara, seguita da alcune delle altre sedi diplomatiche coinvolte, ha ribadito in un tweet la propria adesione a quanto dettato dall’articolo 41 della Convenzione di Vienna del 1961 , che stabilisce il principio della non interferenza negli affari interni del Paese ospitante.

 

Questo non vuol dire che i diplomatici coinvolti abbiano ritirato la richiesta di rilascio di Osman, ma le dichiarazioni pubbliche seguite alla crisi diplomatica di ieri hanno permesso al governo turco di considerare vinto questo particolare confronto in linea di principio e di rinunciare a espellere gli ambasciatori – cosa che avrebbe creato la peggiore crisi diplomatica degli ultimi cinquant’anni fra la Turchia e l’occidente – senza dover apertamente tornare sui propri passi.


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Nel commentare la notizia, l’avvocato per i diritti umani Orhan Kemal Cengiz ha avanzato l’ipotesi che Kavala possa essere rilasciato in tempi brevi come parte del compromesso raggiunto. Allo stato attuale delle cose, il governo turco può presentare pubblicamente questa risoluzione come una vittoria, mentre i Paesi occidentali coinvolti, per il fatto di non aver ritirato l’appello, possono affermare la posizione secondo cui esigere l’applicazione delle sentenze dei tribunali internazionali, non costituisce un’interferenza negli affari interni del Paese ospitante.

Il Consiglio d’Europa prepara una procedura d’infrazione contro la Turchia

Va detto che, per aver ignorato una sentenza della CEDU, la Turchia rischia l’espulsione dal Consiglio d’Europa, di cui è membro e che ha già preparato una procedura di infrazione. Una delibera in tal senso dovrebbe arrivare poco dopo l’inizio del processo a Kavala, previsto per il 26 novembre.

Anche sugli effetti positivi di lungo periodo della risoluzione di questo conflitto diplomatico ci sono alcuni dubbi. L’esperto statunitense di affari turchi Soner Cagaptay ha espresso dubbi sul fatto che, pur dopo il raggiungimento di questo delicato compromesso, i Paesi coinvolti mantengano intatte le proprie relazioni, anche economiche, con la Turchia e ha dichiarato di aspettarsi che i contatti siano ridotti al minimo. Fra i Paesi coinvolti ci sono alcuni dei principali partner commerciali della Turchia (la Germania è uno di questi). Considerando che, dall’inizio dell’anno, la lira turca ha perso quasi il 20% del proprio valore rispetto all’euro e quasi il 24% rispetto al dollaro, l’intero episodio nel suo complesso potrebbe non essere considerato una vittoria di Erdogan.

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