“Il capitalismo ha distrutto il calcio italiano” – intervista a Massimo Finizio, ex dirigente del Sankt Pauli – Non Solo Sport
Come vi abbiamo annunciato poco tempo fa, abbiamo deciso di occuparci di sport da un punto di vista insolito, esplorando le strutture, le idee e le scelte che si nascondono dietro alle organizzazioni sportive, alle competizioni e al sistema economico e sociale che le circonda. Per farlo, torniamo a parlare del Sankt Pauli: una squadra dalla storia singolare, che conta tifosi in tutto il mondo, nonostante la si veda raramente nelle grandi competizioni. E che riceve il supporto anche di famosi personaggi della musica e della cultura tra i quali, non ultimi, Sting e Tom Morello.
Perché questa e altre squadre tedesche hanno un’identità così fortemente radicata nella politica e nella società e così diversa da quella che accomuna, per esempio, le squadre italiane? Ne abbiamo parlato con Massimo Finizio, ex dirigente della squadra e attuale direttore della testata Tuttostpauli, italiano per nascita e cittadino del mondo.
Partiamo dal tuo percorso: come arriva un italiano ad avere una posizione di rilievo nella gestione di una squadra tedesca?
Il Sankt Pauli l’ho conosciuto prima nei racconti di alcuni tedeschi, agli inizi degli anni ’80, come un esempio clamoroso ed unico di organizzazione e partecipazione delle persone nello sport. Poi, piano piano, mi ci sono avvicinato negli anni ’90, conoscendolo sempre più e portando il mito del piccolo Sankt Pauli in Italia.
Per farlo mi sono appoggiato anche alle mie amicizie di Roma, in particolare Valerio Marchi, che come me, in quel periodo, si appassionava alle sub-culture che si andavano sviluppando nel corso degli anni ’80 e ’90. Quando poi mi sono trasferito a Sankt Pauli, ad Amburgo, agli inizi degli anni 2000, mi hanno convinto a candidarmi nel gruppo della neocostituita AFM, ovvero il gruppo dei cosiddetti soci “passivi”, cioè quelli che sostengono politicamente i Pirati senza praticare alcuno sport. Io ero già socio del Sankt Pauli, facevo parte del gruppo sportivo calcistico e giocavo nella 7. Herren (una delle squadre impegnate nei campionati della DFB, ndr).
Storia di un’idea: le organizzazioni sportive in Germania – Non solo sport
Qual è secondo te la differenza più significativa fra il modello sportivo italiano e quello tedesco?
La differenza principale sta nella partecipazione attiva dei soci, quindi delle persone, nella vita dell’associazione, nel sistema tedesco. Il mio caso è emblematico: si può passare da sostenitore a dirigente. Il sistema tedesco quindi si basa sull’associazionismo e non sull’azionariato popolare, come purtroppo quasi tutti i mass media italiani continuano erroneamente a scrivere.
Il Sankt Pauli non ha alle spalle nessuna SpA, come non ce l’hanno il Friburgo, la Dynamo di Dresda, il SV Babelsberg, la Union di Berlino. Neanche il Bayern ha azioni che si possano comprare, come avviene invece per Inter, Milan, Roma e Lazio.
In Germania sono molte le squadre con una spiccata vocazione sociale. Perché, secondo te, il Sankt Pauli è diventato un simbolo noto in tutto il mondo?
Quando metti al centro la persona (senza volerci prendere troppo sul serio, sono anche le parole di Papa Francesco) gli altri ti dicono che sei “sociale”. Forse è un po ridicolo dire che il Sankt Pauli ha una vocazione sociale, dal momento che le stesse cose le fanno tutte le associazioni tedesche. Ai nostri occhi appare “socialmente utile”, ma in fin dei conti aiutare il prossimo e permettere a tutti di praticare sport nei vari gruppi sportivi è una cosa normale.
In verità a non essere socialmente utile e neanche economicamente giusto è il metodo italiano, dove per il “dio denaro” si permette ad una SpA di fallire impunemente, per poi permettere ad un’altra SpA di ripetere lo stesso scempio sotto un altro nome, magari cambiandolo leggermente, lasciando creditori e lavoratori assolutamente sul lastrico. Per questo il Sankt Pauli resta un’associazione che sviluppa lo sport dal basso, costruendo una casa per tutti, senza lasciare nessuno fuori dalla porta.
Come accennavi, in Italia, in questo momento, si parla di azionariato popolare nel calcio e si cita il modello tedesco. Trovi corretto questo paragone?
La parola azionariato può esistere solo in Italia. Chi volesse, potrebbe comprare oggi stesso le azioni della Lazio, della Roma, della Juve, dell’Inter, del Milan, anche nelle banche tedesche, mentre non si possono comprare di certo quelle del Sankt Pauli o del Colonia, che, come detto precedentemente non sono delle SpA, ma delle associazioni sportive e si basano sulle persone e non sul capitale, che ormai ha fallito su tutta la linea.
Inoltre bisogna sempre sottolineare che la nostra bella Italia è l’unica al mondo ad avere nel calcio questo capitalismo sfrenato che ha portato uno sfacelo organizzativo. Sul nostro portale Tuttostpauli abbiamo spesso raccontato che tutto il mondo si organizza in maniera associativa, vedi gli esempi del Boca Juniors, Benfica, Porto, dalla Grecia alla Danimarca… insomma, solo da noi abbiamo le famose SpA, che disgregano e falliscono.
Ci sono, secondo te, realtà italiane che si avvicinano, nello spirito o nella pratica, ai valori che si incontrano nell’associazionismo sportivo tedesco?
In realtà ci sono oltre 100 associazioni sportive in Italia ed in tutte le regioni. Sono conosciute pochissimo, forse anche perché bistrattate e volutamente oscurate dal capitalismo attuale. Penso al Fasano in serie D, al Sud Tirolo a Bolzano in serie C e a tante altre associazioni che vanno da Palermo fino a Trieste, organizzate copiando il modello del grande Sankt Pauli.