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“Rudolf Hess. Il solitario di Spandau”: il mito del sosia nel libro di Ferdinando Albertazzi

Alle sedici e dieci di lunedì 17 agosto 1987, un novantatreenne che è recluso nel carcere di Spandau da circa quarant’anni, raggiunge il giardino per la consueta passeggiata.

Il solitario di Spandau
La prigione di Spandau, 1951

Quell’uomo è Rudolf Hess, terza carica del Partito dopo Hitler e Göring ai tempi del regime nazista, ed è normalmente controllato a vista da un imponente apparato di vigilanza. Ma non quel pomeriggio. Quel pomeriggio quell’anziano, ormai malato di cuore e quasi cieco, raggiunge il capanno del giardiniere, fissa un cavo elettrico a una trave e si impicca.

Questo è l’incipit del libro “Rudolf Hess. Il solitario di Spandau“, romanzo scritto da Ferdinando Albertazzi, scrittore e collaboratore di “Tuttolibri”, supplemento letterario de La Stampa.

Rudolf Hess. Il solitario di Spandau

“Rudolf Hess. Il solitario di Spandau”: il mito del sosia

Uno degli elementi di originalità del libro di Albertazzi è quello di dare corpo letterario a una teoria diffusa negli ultimi 70 anni e che riguarda l’esistenza di un presunto sosia. Secondo tale ipotesi, questo sosia avrebbe scontato la pena a Spandau e avrebbe incontrato lì la sua fine al posto di Hess.

A questa teoria credeva persino Franklin Roosevelt, anche se l’ipotesi pare essere stata recentemente sconfessata, ma Albertazzi usa quello che è rimasto a lungo un enigma storico per costruirvi attorno una trama avvincente, avvolta dalla nube noir di un affascinante mistero.


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Sullo sfondo del romanzo, un interno panorama storico

“Rudolf Hess. Il solitario di Spandau” procede associando creazione letteraria e solidità storica. Parla del regime speciale accordato ad Hess, unico detenuto nella storia ad aver trascorso vent’anni delle pena in totale solitudine, dei numerosi appelli inoltrati in favore della sua liberazione per via delle sue condizioni di salute e della posizione dei sovietici, che lo consideravano un nemico assoluto e l’emblema dell’invasione nazista dell’Unione Sovietica, la cosiddetta “Operazione Barbarossa”. Di conseguenza esigendo un controllo pressoché totale del detenuto e persino della struttura in cui scontava la pena.

Il romanzo si interroga inoltre sul mito del sosia affidando la relativa narrazione a un diario segreto, che passa da Rudolf Hess al suo sosia. Mentre dà impulso alle sue creature letterarie, Albertazzi ci offre infine uno spaccato che riguarda i veri protagonisti del secondo conflitto mondiale e le dinamiche del successivo assetto politico. Ma anche una riflessione di ampio respiro sulla complessità degli eventi che hanno dato forma alla storia degli ultimi ottant’anni.

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