Le donne del Reich: Ilse Koch, la strega di Buchenwald

Ilse Koch
Ilse Koch (1947)

Ilse Koch è una delle terribili donne del nazismo di cui si parla soprattutto in relazione alla tragedia dell’olocausto.

Moglie di Karl Otto Koch, comandante del campo di concentramento di Buchenwald, Ilse venne in seguito appellata con numerosi epiteti insultanti, tra i quali i più noti sono “La strega di Buchenwald” e “La cagna di Buchenwald“.


Leggi anche:
Le donne del nazismo: Irma Grese, la iena di Auschwitz

 


Le origini: Ilse Köhler

Ilse Koch nacque a Dresda come Ilse Köhler, nel 1906, da una famiglia di modesta estrazione. Suo padre era un ex agricoltore divenuto in seguito caporeparto in una fabbrica e la ragazza crebbe in una Germania umiliata dal trattato di Versailles e in piena crisi economica.

Anche per far fronte alle impellenti necessità della famiglia, all’età di 15 anni Ilse lasciò la scuola dopo aver studiato contabilità, fece un corso di formazione in una biblioteca e infine trovò lavoro come segretaria in una fabbrica di sigarette. Intrattenne diverse relazioni con esponenti delle SS e delle SA e nel 1932 si iscrisse al partito nazista. Nel 1933 votò per la prima volta. Per Hitler.

Ilse Koch

“Pimpf” e “Karli”

Nel 1934 Ilse conobbe il futuro marito, il colonnello Karl Otto Koch, che sposò nel 1936. Divorziato, con quasi dieci anni di più e con una predisposizione al furto comprovata da una notevole esperienza, il colonnello conquistò la giovane contabile dai capelli rossi e gli occhi verdi. I due iniziarono un idillio fatto di nuotate e di nomignoli. Lui la chiamava “Pimpf”, lei lo chiamava “Karli”.

Il matrimonio fu celebrato con un rito semi-pagano vicino al campo di concentramento di Sachsenhausen, a circa 30 km da Berlino. Un’imitazione di pietra runica, una quercia nodosa, Ilse e Karl insieme allo scoccare della mezzanotte e circondati da SS armate di torcia: questo il set della cerimonia. Lui, indossava l’uniforme delle SS, lei un abito da sera a fiori.

Dopo il matrimonio, si trasferirono prima presso il campo di concentramento di Sachsenhausen, dove Karl Otto Koch prestava servizio, mentre nel 1937 si trasferirono a Buchenwald, dove l’uomo era diventato comandante del campo.

17k19 SS Col Karl Otto Koch, the commandant of Buchenwald, with his wife, Ilse CopyCorbys Uti 465

Lo sfrenato lusso dei Koch

Il tenore di vita dei coniugi Koch, che in precedenza era stato relativamente modesto, mutò radicalmente dal loro arrivo a Buchenwald. L’espropriazione di quelli che erano stati i beni dei prigionieri del campo e il loro sfruttamento come schiavi fecero sì che la coppia si arricchisse in modo spropositato. Ilse navigava nella ricchezza e si dice che al fianco del marito sapesse animare feste e balli al punto da impressionare persino Himmler, quando veniva in visita a Buchenwald.

I Koch, che ebbero tre figli (Artwin, Gisela e Gudrun) vivevano circondati dal lusso nella loro villa sull’Ettersberg, a soli dieci minuti a piedi dal campo. E di questo lusso facevano sfoggio al punto da risultare impopolari anche nel loro contesto di riferimento.

Ilse, in particolare, era particolarmente invisa alle mogli delle guardie del campo e delle SS anche perché, oltre a far pesare la sua condizione di moglie del comandante del campo, intrattenne relazioni sessuali con diversi ufficiali delle SS.


Eva Braun
Eva Braun
Leggi anche:
Le donne del Reich: Eva Braun e l’ossessione per Adolf Hitler

 


Il sadismo di Ilse Koch, la Komandeuse

Molto si è detto a proposito di quello che è stato definito “il perverso sadismo di Ilse Koch“. È certo che costringesse gli internati a lavorare nella sua villa perché rifiutava di svolgere lavori domestici, molti testimoniarono di essere stati denunciati e poi severamente puniti se non l’avevano salutata.

In più di 1500 testimonianze, è menzionato inoltre il fatto che Ilse Koch facesse punire i prigionieri che a suo dire la guardavano in modo inappropriato e al tempo stesso li provocasse deliberatamente con il suo modo di vestire. Appariva in gonna corta e camicetta trasparente, o reggiseno e pantaloncini, e se qualche internato si girava a guardarla lo faceva torturare oppure giustiziare.

Inoltre, a differenza delle altre mogli delle SS, amava assistere personalmente alle punizioni e “il suo atteggiamento verso la miseria umana nel campo era, nel migliore dei casi, di fredda indifferenza”, come riportato da Arthur Lee Smith nel libro “La strega di Buchenwald”. Sadica, perversa, cinica: così veniva frequentemente descritta Ilse Koch, che i conoscenti cominciarono a chiamare ironicamente “la Komandeuse“.

Ilse Koch
Lavoratori forzati a Buchenwald il 16 aprile 1945. Di Private H. Miller. (Army).

I paralumi di pelle umana: leggenda o realtà?

Molti ex internati riferirono in seguito anche alcuni fatti, definiti in sede processuale come “generalmente conosciuti nel campo”, che fecero sì che l'”ordinaria aguzzina” Ilse Koch diventasse una leggenda nera. In particolare venne riferito che la Komandeuse fosse solita annotarsi i numeri dei prigionieri che avevano tatuaggi particolarmente originali, che li facesse uccidere e utilizzasse la loro pelle per realizzare paralumi, copertine di libri, album di foto e guanti. In uno dei processi intentati alla Koch dopo la guerra, l’ex internato Herbert Froeboeß testimoniò, tra gli altri:

Nell’estate del 1940 stavamo lavorando nello stadio delle SS. Era una giornata calda, e abbiamo lavorato con la parte superiore del corpo esposta. Avevamo un giovane francese o belga che lavorava per noi, di nome Jean Collinette. Era conosciuto in tutto il campo per i suoi tatuaggi. Particolarmente vistosi erano un serpente cobra colorato arrotolato intorno al suo braccio sinistro fino in cima, e un veliero a quattro alberi particolarmente ben tatuato sul petto.

Ilse Koch passò a cavallo, tenne il suo cavallo davanti a Jean, guardò i tatuaggi e scrisse il suo numero. Quella sera Jean fu chiamato al cancello e non lo vedemmo più. Sei mesi dopo,nel dipartimento di patologia del campo, ho riconosciuto un pezzo di pelle con il veliero di Jean. Più tardi ho visto la stessa nave in un album di foto dei Koch“.


Mildred Gillars
Mildred Gillars
Leggi anche:
Mildred Gillars, la “cagna di Berlino”. La speaker americana al servizio della propaganda di Hitler

 


La testimonianza di Froeboeß fu in seguito messa in discussione dalla difesa, ma è comunque provato che nel “Dipartimento di Patologia” a cui si riferiva Froeboeß, la pelle tatuata e trattata dei prigionieri “deceduti” venisse mostrata con orgoglio alle SS in visita.

Risulta inoltre che il medico del campo Weger avesse realizzato una lampada da tavolo con ossa umane e il paralume di pelle umana. Questa lampada non è stata ritrovata, né sono stati ritrovati i macabri cimeli che molti sostengono i Koch avessero, ma in fondo non importa. La sola esistenza di Buchenwald e ciò che avveniva al suo interno, bastano a qualificare come carnefici i due coniugi che si trovavano ai vertici della sua organizzazione.

La caduta dei coniugi Koch

Nel 1943 i coniugi Koch furono arrestati dagli stessi nazisti per malversazione, ricettazione e omicidio. Dietro al loro arresto ci fu il magistrato nazionalsocialista Konrad Morgen, che insospettito da voci insistenti sul presunto arricchimento indebito della cosiddetta “cricca di SS di Buchenwald”, decise di indagare sul comandante.

Scoprì quindi un affare di corruzione di tale entità da rivolgersi direttamente alla polizia criminale di Berlino. Nei quattro anni passati a Buchenwald, il conto bancario di Karl Otto Koch era infatti passato da 600 a 45.000 marchi. Tutti i prigionieri che avevano lavorato con lui nell’amministrazione del campo, inoltre, erano stati uccisi e le loro morti erano state convenientemente presentate come “naturali” con l’ausilio di certificati falsi.

Ilse Koch
Il magistrato nazionalsocialista Georg Konrad Morgen.

La morte di Karl Otto

Nonostante fossero stati a lungo protetti, grazie anche ai costosi regali con cui tentavano di corrompere le alte autorità, alla fine i Koch furono costretti ad affrontare un processo. Le SS fecero di tutto per far condannare anche Ilse Koch, che si era arricchita quanto e insieme al marito durante la sua permanenza a Buchenwald (il suo conto personale era passato da 121 a 25.000 marchi).

La donna tuttavia venne assolta per insufficienza di prove, fu rilasciata e si stabilì con la famiglia a Ludwigsburg. Suo marito e altri ufficiali delle SS che operavano all’interno del campo furono invece condannati a morte e giustiziati. Era il 1945.

Ilse Koch
Buchenwald 16 aprile 1945. Collezione di organi interni di prigionieri, incluse due teste rimpicciolite e alcuni esemplari di pelle tatuata.

“La signora dei paralumi”: tutta l’America parla di Ilse Koch

Quando gli americani entrarono a Buchenwald, un fotoreporter americano recuperò diversi reperti nel dipartimento di patologia, reperti che furono visionati anche dai cittadini tedeschi costretti a sfilare per prendere visione degli gli orrori del campo. Tra questi spiccavano due teste umane rimpicciolite nello stile dei cacciatori di teste, diversi brandelli di pelle umana tatuata e conciata e un paralume che venne ritenuto di pelle umana, anche se quest’ultimo reperto non è stato negli anni valutato in modo univoco. Ai visitatori venne detto che il paralume apparteneva alla collezione di Ilse Koch.

Ben presto, il paralume, Ilse Koch e la fama della Kommandeuse dominarono la stampa d’oltreoceano. La rivista americana “Life” le dedicò una copertina con il titolo “La signora dei paralumi”.

Ilse Koch
Buchenwald 16 aprile 1945. Collezione di organi interni di internati nel campo. Di Jules Rouard – Belgio, volontario di guerra nel 16imo battaglione di fucilieri dell’Esercito Americano.

Ilse Koch processato di nuovo: “Sono solo una casalinga”

Quattro settimane dopo la fine della guerra, nel 1945, Ilse Koch fu riconosciuta per caso durante una passeggiata e venne arrestata di nuovo, stavolta dall’esercito americano. Durante il processo, che riguardava tutti i crimini commessi a Buchenwald e che ebbe luogo a Dachau nel 1947, Ilse Koch era l’unica donna tra gli imputati.

Negò di essere stata coinvolta nelle attività del marito o anche solo consapevole delle torture e degli omicidi che avvenivano nel campo. Negò anche di essere a conoscenza del fatto che i detenuti morissero di fame e debilitazione. “Ero una casalinga e credo che la mia influenza sia stata sopravvalutata. Mio marito mi avrebbe rimproverato se avessi interferito negli affari del campo. Ho fatto del mio meglio per creare un ambiente confortevole per quando mio marito tornava a casa, la sera” dichiarò sorprendentemente.

Ilse Koch
Ilse Koch viene condannata all’ergastolo per crimini di guerra dal Brigadier generale Emil C. Kiel (1947)

Una gravidanza che evita una condanna a morte

La corte, tuttavia, considerò provata la complicità di Ilse Koch e la sua partecipazione almeno indiretta agli orrori perpetrati nel campo. La donna fu condannata all’ergastolo per crimini contro l’umanità e si ritiene che abbia evitato la condanna a morte, che fu inflitta a 22 imputati del processo su 30, solo perché era in stato di avanzata gravidanza.

Suo figlio Uwe era stato infatti concepito durante la sua detenzione preventiva a Weimar e nacque nel 1947. Secondo le indagini condotte dagli americani, il padre del bambino era Fritz Schäffer, primo fidanzato di Ilse Koch, che era riuscito a scavarsi un tunnel fino alla cella della donna.

Ilse Koch
Ilse Koch lascia l’aula del processo Buchenwald (1947)

Solo 4 anni per Ilse Koch: l’opinione pubblica impazzisce

Ilse Koch fece appello e nel 1948 la pena fu ridotta a 4 anni dal generale Lucius D. Clay, governatore militare della zona di occupazione statunitense e responsabile della revisione della sentenza.

La decisione scatenò feroci proteste negli Stati Uniti. Cartelli di protesta, boicottaggi e, ovviamente, il clamore della stampa. Ed Sullivan del New York News scrisse: “Forse il nostro esercito ha rivisto il verdetto solo perché Ilse Koch possa tornare nel business dei paralumi”. Prima di un concerto del pianista naturalizzato tedesco, Walter Gieseking, alcune persone si aggregarono inoltre davanti alla Carnegie Hall con dei cartelli con su scritto “Ilse Koch non suona, stasera?“. Persino il presidente Truman si interessò alla vicenda.

Lucius D. Clay si difese dicendo che le accuse contro Ilse Koch erano sostanzialmente fondate sul sentito dire e non su prove circostanziate. Il clamore portò comunque alla nomina di una speciale commissione investigativa del Senato a Washington, che ritenne ingiustificato il verdetto e chiese che Koch fosse processata davanti a un tribunale tedesco.

Ilse Koch
Ilse Koch testimonia al processo sui crimini di Buchenwald (1947)

L’ultima sentenza e il suicidio

Il 17 ottobre 1949, un’Ilse Koch in tailleur grigio e verde e un ampio basco noto come Wagner-Kappe, venne consegnata a un procuratore tedesco, che la trasferì ad Aichach, in Baviera, in regime di custodia cautelare.

Ilse Koch si presentò davanti al tribunale di Augsburg alla fine del 1949. Il 15 gennaio del 1951 fu definitivamente condannata all’ergastolo per incitamento all’omicidio, tentato omicidio e incitamento a gravi danni fisici. Fu l’unica donna ad essere condannata all’ergastolo per crimini nazisti nella Repubblica Federale.

Ilse Koch si impiccò nella sua cella del carcere femminile bavarese di Aichach il 2 settembre 1967, dopo aver scritto un’ultima lettera a suo figlio.

P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!