“Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino”. La storia di Christiane F

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Arne Hückelheim, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons

di Vittoria Lolli

Mentre “Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino” diventa una serie, ripercorriamo la storia dell’autrice-protagonista che lo ha reso, prima con il romanzo e poi con il film, così celebre: Christiane F.

Christiane Vera Felscherinow è il suo vero nome. Un nome che identifica un’intera generazione, forse quella che più di tutte fu vittima dell’eroina. Una storia tormentata, difficile, vissuta in prima persona, da cui poi nacque il libro che ha reso noto al mondo occidentale il problema della tossicodipendenza giovanile che spesso si legava alla prostituzione: Wir Kinder vom Bahnhof Zoo (1979).

Christiane ci guida nella Berlino degli anni ’70, parlandone in maniera cruda, realistica e senza filtri. Dall’infanzia difficile, alla prostituzione legata alla dipendenza dalle droghe fin dalla prima adolescenza: tutto il racconto incarna la visione del mondo di Christiane F, le sue osservazioni sulla società del tempo, sui giovani e sull’abuso delle droghe – tratti che, per la maggior parte, si perdono nell’adattamento cinematografico del 1981.


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Il racconto della Berlino di Christiane si sviluppa nel quartiere periferico di Gropiusstadt, dove protagonista vive un’infanzia particolarmente difficile: problemi economici in famiglia, un padre violento e un contesto sociale sconfortante.

La separazione dei genitori è la ragione che più di tutte spinge Christiane ad imboccare ufficialmente la strada delle droghe. A 12 anni va al Gymnasium e a frequentarlo insieme a lei è un’altra bambina, Kessi, già matura per la sua età, con la quale Christiane darà inizio alla sua esperienza con le sostanze stupefacenti.

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Il Sound. Di Gerhard Doerries, CC BY-SA 2.5 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5>, via Wikimedia Commons

A tenere Christiane lontana da questo mondo e ad impedirne l’ingresso non c’è nessuno. Vivere a Gropiusstadt non è d’aiuto. E non lo è neppure essere un’habitué della discoteca Sound, ai tempi proclamatasi come “la più moderna d’Europa”. Nota per la sua vicinanza all’allora popolare piazza di spaccio di eroina e prostituzione nel quartiere di Tiergarten, il Sound rappresenta l’inizio della tossicodipendenza tanto per Christiane, quanto per numerosi altri giovani frequentatori del locale, tristemente caduti nella trappola delle droghe e dei clienti abituali: adulti, che li attirano e convincono a prostituirsi per una dose.


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A fare da soundtrack al primo incontro ravvicinato di Christiane con l’eroina è la musica di David Bowie, che diventerà poi realmente l’autore della colonna sonora del film. Il 18 aprile 1976, dopo aver preso parte al concerto del Duca Bianco al Deutschlandhalle, l’eco delle note di Station to Station probabilmente ancora forte nella testa, Christiane assume per la prima volta eroina per inalazione. E da lì non può farne più a meno.

Da quel giorno, la stazione dello Zoo (Banhof Zoo) diventa luogo d’incontri e infiniti pomeriggi passati a procurarsi la droga, insieme a compagnie come Babsi, in seguito morta per overdose all’età di soli 14 anni, Atze e Detlef, ragazzo di Christiane, a cui è legata dalla tossicodipendenza più che da un autentico affetto. La morte di Babsi, in particolare, scatena in Christiane uno stato di shock mai provato prima di quel momento. Profondamente scossa, tenta il suicidio iniettandosi una dose di eroina superiore a quella solita, in un bagno di quella stessa stazione che la aiutò a rovinarsi.

“Andammo in un locale che era già aperto della stazione della metropolitana, fermata Zoo, il Bahnhof Zoo. Mi colpì subito lo squallore. Era la prima volta che ero al Bahnhof Zoo. Era una stazione enormemente squallida. C’erano barboni buttati nel loro vomito e ubriachi dappertutto.
Che ne sapevo che entro un paio di mesi avrei passato qui tutti i pomeriggi?”

I numerosi sforzi di disintossicazione non salveranno Christiane, neanche dopo il tentativo disperato della madre di allontanarla da Berlino e spedirla ad Amburgo a ripulirsi. Oggi, dopo svariate ricadute che nel tempo le hanno fatto persino perdere la custodia del figlio Jan Niklas, Christiane segue un programma di disintossicazione a base di metadone.

Ma “essere un tossico significa in fondo esserlo per sempre”, afferma Detlef con una frase d’impatto, che Christiane F., voce di un’intera generazione di giovani smarriti, impersona perfettamente.