La musica dal vivo durante la crisi. Intervista a Max Martulli

©Foto di foto Alessandra Di Gregorio

Il settore dell’arte e dello spettacolo, in particolare quello della musica dal vivo, è stato fra i più colpiti dalla pandemia: gli eventi non sono più possibili, i concerti sono un ricordo, gli spettacoli online non riescono a colmare il vuoto lasciato dall’impossibilità di condividere l’esperienza diretta della musica e di qualsiasi tipo di performance. Abbiamo deciso di iniziare a parlarne con i professionisti, per raccontare la crisi della musica dal vivo, in Italia e in Germania, e la speranza di poter ricominciare. Iniziamo dall’Italia, intervistando uno dei professionisti più apprezzati del settore. Max Martulli.


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Se non ci fosse Max Martulli forse la musica italiana non esisterebbe. Esploratore di nuovi mondi musicali. Band Assistant e Tour Manager tra i più importanti in Italia, da 15 anni lavora con Afterhours, Negrita, Diodato, Levante e molti altri. Conosce ogni angolo di ogni locale d’Italia, i promoter, gli addetti ai lavori, chi si occupa del guardaroba e quelli della biglietteria, sostiene e fa parte di una macchina che crea lavoro in un paese che sembra essersi dimenticato di quanto siano fondamentali la musica, il teatro, la cultura, a livello umano ma sopratutto a livello economico.
Abbiamo deciso di parlare con Max perché vogliamo sapere come sta la musica in Italia e come sta vivendo questo periodo uno dei principali addetti ai lavori.

©Foto di foto Alessandra Di Gregorio

Ciao Max, come stai?

Molto bene grazie, nonostante un blocco del mio settore così importante, ho trovato il modo di non perdere la bussola lanciandomi in altri progetti, e poi con una famiglia non hai mai modo e tempo di annoiarti!

Come sta gestendo l’Italia l’emergenza lavorativa del settore della musica dal vivo e della cultura? Quali sono i movimenti più importanti?

Secondo il mio punto di vista l’Italia “politica” la sta vivendo con enorme ignoranza di settore, ho avuto modo di capire e scoprire che non conoscono una gigantesca parte di lavoratori e professionisti che versano tasse e contributi nelle casse dello stato. Durante il primo lockdown risalente a marzo 2020 si sono creati numerosi movimenti atti a sviluppare in primis una sorta di primo “statuto/sindacato” dei lavoratori dello spettacolo e poi con la volontà di rivolgersi direttamente alle istituzioni, si sono fatte anche numerose manifestazioni nelle piazze italiane dai vari gruppi nati quali “Bauli in piazza“, “Chiamate Noi“, “La musica che gira“, “touring pass” e molti altri.

Com’è nata la manifestazione “Bauli in piazza” a Milano?

Come dicevo prima, nasce dalla volontà di evidenziare un settore lavorativo fatto da circa 500.000 professionisti che muovono ogni anno un giro di affari enorme, con quella manifestazione i lavoratori si sono fatti notare sia dalle forze politiche che dalla gente. È stata una giornata di festa, un bellissimo flash mob, un urlo pacifico di protesta per chi appunto non ci vede e non ci nota mai negli spettacoli o negli eventi culturali. Da quella manifestazione a quelle che verranno, rimangono i capisaldi sui quali si basa il messaggio di piazza quali: sostegno ai lavoratori e alle imprese, riforma del settore, regole per la ripartenza, agenda del tavolo interministeriale.

“La magia accade nel momento esatto in cui si accendono i riflettori e migliaia di lavoratori dello spettacolo tornano nell’ombra. È arrivato il momento di far luce su queste persone, lasciare che la loro ombra diventi luce.” The Dark Side of The Show è il documentario che hai ideato per puntare i riflettori su chi lavora nel dietro le quinte della musica dal vivo. Vuoi raccontarci di più in proposito? Com’è possibile che in Italia un settore così importante non sia mai stato valorizzato?

La voglia di raccontare a più persone possibili il mio lavoro e quello di tutti i miei altri colleghi di settore è nata quando ho realizzato che le nostre professioni sono ignote alla maggior parte della gente e alle istituzioni. Sono stato lungimirante perché raccolgo materiale dal 2018 e vi assicuro che non avrei mai immaginato l’arrivo di una pandemia globale che sottolineasse l’importanza del mio lavoro! Che non sia mai stato valorizzato è verissimo ma è anche colpa nostra. Finché la vita normale ci portava in tour 250 giorni all’anno non avevamo nessun motivo di manifestare in piazza. Stiamo ultimando la realizzazione di questo docufilm e a breve sapremo anche dove sarà pubblicato.

Come stai vivendo questo ultimo anno di pandemia? Come passi le tue giornate?

Sono passato da un primissimo momento di ovvio sconforto ad una full immersion in vari progetti musicali, ho ripreso in mano le mie chitarre e ho riscoperto la musica elettronica, ho rispolverato la mia vena artistica avendo moltissimo tempo a disposizione, ho realizzato un mio album e ho partecipato alla produzione del disco di esordio di una band pugliese i Keplero e del nuovo Ep dei milanesi Led, sto provando a dare vita ad una etichetta discografica (Accannone Records) per aiutare questi progetti e i nuovi altri che che verranno (spero!), grazie anche alla collaborazione con uno studio di produzione musicale (Musical Box Studio) di un caro amico che mi sopporta con grande pazienza!

©Foto di foto Alessandra Di Gregorio

Cosa ti ha portato alla nascita del tuo disco “Dyschodark”? Con chi hai collaborato per la realizzazione?

Sicuramente tutto il tempo libero a disposizione mi ha aiutato a rimettermi a suonare, la vera sorpresa è che l’ho fatto provando ad immergermi nella musica elettronica per la quale ho avuto sempre una grande passione ma solo da ascoltatore, all’inizio è stato un pò un gioco e un pò una scoperta di nuove sonorità, poi man mano che uscivo dalla mia comfort zone creativa è arrivato magicamente un flusso artistico che ho semplicemente cavalcato fino a che mi sono accorto di avere ben 13 tracce strumentali + una che usciva dal coro diciamo… infatti è diventata la bonus track del disco, l’unica cantata e l’unica con un piglio rock’n’roll, realizzata in totale file sharing causa Covid con alcuni amici artisti quali Rodrigo D’Erasmo, Roberto Dell’Era, Xabier Iriondo, Stefano Pilia e Fabio Rondanini, che mi hanno aiutato a realizzare gli arrangiamenti e le parti cantate, amici con i quali oltre a condividere molti palchi e tour, abbiamo passato numerose serate a farci compagnia in video-call durante il primo lockdown, luogo virtuale dove appunto è nata questa canzone.

Sei stato in tour in Germania con gli Afterhours e dal vivo al Bi Nuu di Berlino?
Raccontaci com’è stata la tua esperienza tedesca.

Meravigliosa ed indimenticabile, arrivammo la mattina verso le 10 direttamente da Amsterdam dopo circa 11 ore di tourbus! La venue il BI_NUU un posto pazzesco, si trova al centro di una rotonda stradale e sul tetto passano i binari della linea metropolitana, scarico della backline a velocità della luce proprio perché il nostro mezzo poteva solo stare accostato nel traffico per poco tempo! Quella sera gli Afterhours fecero un concerto pazzesco, i tecnici local gentilissimi e fraterni ci hanno messo a nostro agio per tutto il tempo. Per fortuna il giorno dopo eravamo in off e abbiamo potuto goderci la città. Indimenticabile, street food pazzesco di ogni etnia ed incredibili negozi di strumenti musicali. Non vedo l’ora di tornarci.

Sei di fronte al Ministro Franceschini e puoi fargli una domanda. Vai.

Caro Ministro, Lei sa cosa fa un backliner?