La nipote di Hitler: la storia di Geli Raubal, ossessione del dittatore

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Angelika Raubal, detta Geli, è entrata nella storia in quanto nipote di Adolf Hitler, ma soprattutto per via del rapporto che aveva con il dittatore, un rapporto pieno di ombre e definito da alcuni più che morboso.

La ragazza, figlia della sorella di Hitler, Angela, nacque a Linz nel 1908 e crebbe a Vienna dopo essere rimasta molto presto orfana di padre. Quando aveva 15 anni, e cioè nel 1923, venne nominato suo tutore proprio lo zio materno Adolf, “zio Alf”, come lo chiamava lei. Questo fu l’inizio di una storia che vide i due condividere un rapporto sempre più stretto, esclusivo, e a detta di molti, assolutamente tossico.

Vista esterna della casa in Prinzregentenplatz, 16 a Monaco di Baviera, dove Geli visse con suo zio Adolf Hitler dall’ottobre 1929 al 18 settembre 1931, quando si suicidò. Di Rufus46 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10386407

Geli Raubal e “Zio Alf”

Nel 1927 Geli cominciò ad accompagnare Adolf Hitler nel corso dei suoi spostamenti. Erano insieme al congresso del partito nazista a Norimberga, a Berlino, Amburgo e Weimar, spesso con Rudolf Hess come autista. Trasferitasi infine a Monaco per studiare medicina, facoltà che abbandonò molto presto, la ragazza si sistemò in una pensione non molto distante dall’abitazione dello “zio Alf” e cominciò a interagire sempre più frequentemente con lui.

Andavano insieme all’opera, facevano insieme viaggi, passavano moltissimo tempo insieme, scortati dalle SS. La ragazza venne spesso ritratta anche dal fotografo ufficiale di Hitler, Heinrich Hoffmann. La figlia di Hoffmann sostenne in seguito che Geli, “con la sua natura spontanea, priva di ombra di smorfiosaggine, diventava sempre il centro dell’attenzione di chi le stava attorno”.


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Quello stesso anno Rudolf Hess informò Hitler del fatto che Emil Maurice, cofondatore delle SS e autista del futuro cancelliere, gli avesse confessato di voler sposare Geli. I due avevano una relazione che gli era stata tenuta nascosta. La reazione di Hitler fu immediata e radicale. Dopo una scenata terribile, che indusse l’autista alla fuga, minacciò di rispedire la ragazza a Vienna e poco dopo licenziò Maurice. L’anno successivo si trasferì con la nipote in un appartamento al numero 16 di Prinzregentenplatz. Nel 1930 fu eletto al Reichstag.

Un rapporto sempre più malato

Ben presto cominciarono a diffondersi voci sul rapporto di Adolf Hitler con la nipote. I rivali di Hitler, anche interni al partito, ne parlarono come di un legame sordido e “anormale”. Lo fece il nazionalsocialista Gregor Strasser, lo fecero anche oppositori politici esterni.

Ovunque si parlava della gelosia morbosa del futuro dittatore verso la ragazza, delle sue terribili scenate di gelosia e del suo desiderio di controllare ogni movimento della nipote. Si parlò anche del fatto che volesse impedirle di tornare a Vienna e di dinamiche che agli occhi di chiunque denunciavano una totale dipendenza affettiva e, forse, sessuale.


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A questo proposito si parlò infatti anche di rapporti incestuosi. Quale che fosse la verità, di sicuro Geli non poteva uscire da sola ed era dispoticamente assoggettata al dominio psicologico e fisico esercitato da Hitler. Senza “zio Alf” non poteva fare nulla, confinata in una prigione in cui la sua volontà era totalmente annullata. Pare che la ragazza dichiarasse “Mio zio è un mostro. Non si può immaginare quello che pretende da me“, ma anche “Non ne posso più della sua ossessione, sono seguita ovunque”.

Intervistata da Fox Television, la testimone diretta Alice Franck Stock, all’epoca vicina di pianerottolo di Hitler e Geli in Prinzregentenplatz, non ha mostrato dubbi. “Tutti sapevano della loro relazione“, ha dichiarato senza mezzi termini a proposito del rapporto tra la ragazza e lo zio, che aveva 19 anni di più. Alice Stock non udì il colpo di pistola, ma “ho visto con questi occhi la bara uscire dall’appartamento di Hitler”.

In questo angolo dell’appartamento di Prinzregentenplatz 16 in cui Geli si suicidò, il 18 settembre 1931. Di Slawekczaja – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26593764

Il mistero della morte di Geli Raubal

Il 18 settembre del 1931, all’età di 23 anni, Angelika Raubal si sparò al petto con la pistola di Adolf Hitler, una Walther, all’interno del loro appartamento.
Molte furono le ipotesi che nacquero a proposito della dinamica del presunto suicidio, che non fu mai del tutto chiarita.

Il corpo fu ritrovato dopo diverse ore dal decesso, la cui causa venne collegata a un’emorragia polmonare. La stanza in cui Geli giaceva era chiusa dall’interno, ma pare che la ragazza fosse piena di segni di colluttazione e con il naso rotto. Venne inoltre recuperata una lettera interrotta, in cui la giovane comunicava di volersene andare per tornare a Vienna. Alcuni sostennero infine che il giorno della morte di Geli ci fosse stato, tra zio e nipote, un violento litigio.


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Anche se l’ipotesi non fu mai pienamente suffragata, diversi quotidiani dell’epoca diedero voce al dubbio che non di suicidio, ma di omicidio si trattasse. Il giornale socialista Münchener Post andò addirittura oltre e pubblicò un articolo in cui si leggeva “Il 18 settembre 1931 Hitler ha sparato alla sua amata nipote, Geli Raubal, 23 anni. L’omicidio è stato archiviato come suicidio dal Ministro della Giustizia bavarese, che è un alleato politico”.

Il ministro della giustizia bavarese in questione, Franz Gurtner, aveva infatti bloccato il suo procuratore e reso il processo impossibile, facendo archiviare il caso come suicidio. Sarebbe diventato in seguito ministro della giustizia del Reich. L’autore dell’articolo invece, Fritz Gerlich, che aveva condotto un’indagine sul caso ed era convinto della colpevolezza di Hitler, fu picchiato, portato a Dachau e fucilato nel 1934.

Adolf Hitler. Bundesarchiv, Bild 183-H1216-0500-002 / CC-BY-SA, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5780403

Angelika Raubal venne sepolta a Vienna, presso il cimitero Zentralfriedhof. Il corpo venne in seguito trasferito e a partire dagli anni sessanta se ne sono perse le tracce.
Hitler mantenne intatta la stanza della nipote e ne vietò l’accesso a chiunque, fece realizzare un busto della ragazza da Ferdinand Liebermann e ne conservò un ritratto sia nella propria camera da letto a Monaco, sia nella casa che aveva sulle Alpi Salisburghesi (il Berghof), sia nella Cancelleria di Berlino.

Le dichiarazioni di Gregor Strasser

In via strettamente confidenziale, Gregor Strasser comunicò al fratello Paul che Hitler aveva ucciso Geli nell’impeto di un litigio, crollando subito dopo psicologicamente, e che aveva passato con lui tre giorni e tre notti di seguito per impedire che si suicidasse.
Dopo la morte di Gregor, Paul lo riferì al loro terzo fratello, Otto, che nel 1939  pubblicò un articolo sul quotidiano francese Journal, in cui parlava del fatto che Hitler avesse ucciso Geli. Pare che proprio Otto tra l’altro avesse raccolto alcune delle confidenze di Geli, nei momenti di maggiore esasperazione della ragazza.

Eva Braun, compagna di vita di Adolf Hitler. Di Bundesarchiv, B 145 Bild-F051673-0059 / CC-BY-SA, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5457502

In seguito alla pubblicazione dell’articolo, Otto Strasser ricevette da Monaco una conferma da Padre Pant, che affermò in una lettera di aver presieduto all’inumazione della ragazza in terra consacrata, confermando che non si fosse trattato di suicidio.

Le dichiarazioni di Göring

La morte di Geli Raubal, a detta di molte persone che gli furono vicine, ebbe un effetto irreversibile sul dittatore. Durante il processo di Norimberga, Hermann Göring riferì che, a partire da quell’evento, Hitler cambiò per sempre il modo di relazionarsi agli altri. “La morte di Geli ebbe un effetto devastante su Hitler” dichiarò, mentre Heinrich Hoffmann sostenne che dopo il suicidio della ragazza “I semi della disumanità iniziarono a crescere in Hitler”.

Ovviamente sono dichiarazioni personali, provenienti da persone interne al partito, ed è altrettanto probabile che di diverso avviso fossero i nemici del nazionalsocialismo, che avevano visto arrivare l’orrore nazista da molto lontano.

L’orrore della vita di Geli, invece, quali che siano i dettagli della sua tormentata esistenza, resta un mistero. Ma è anche un orrore inconfutabilmente evidente nella scelta della sua prematura fine.