Il mercato delle donazioni di sangue. È etico retribuire chi dona?
Donazioni di sangue: retribuire chi dona. Cosa implicherebbe?
Un contributo della giovanissima Francesca Zaglia, studentessa del 5° anno del Liceo Antonio Rosmini, di Rovereto.
Almeno 100 milioni di volte ogni anno, una buona percentuale della popolazione mondiale decide di donare il proprio sangue. In occasione di situazioni di emergenza con grande copertura mediatica o pubblicamente molto note, le strutture competenti si trovano a fronteggiare un eccesso di offerta rispetto alla domanda (anche se spesso succede l’opposto), basti pensare alle file fuori dai centri di raccolta di New York dopo l’11 Settembre.
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Con tutte le sue imprevedibili oscillazioni, quello del sangue si sta trasformando in un vero e proprio business, tanto che il Journal of Economic Perspectives ha intitolato una pubblicazione proprio The Market for Blood, articolo che illustra come l’industria del sangue si stia assoggettando alle leggi del mercato come domanda e offerta, rischio morale ed economie di scala, facendone un settore multimiliardario.
Ma come si è arrivati a questo punto?
L’origine della pratica
La prima pietra per la moderna pratica di trasfusione di sangue è stata posta dal medico viennese Karl Landsteiner, nel momento in cui scoprì i gruppi sanguigni nel 1901. Benché fosse già pratica medica nei due secoli precedenti con un alto rischio di mortalità, la prima trasfusione in senso moderno si svolse a Londra nell’ottobre del 1921.
Con l’introduzione di miglioramenti qualitativi che quasi azzeravano i tassi di mortalità, questa pratica crebbe in modo significativo nei primi decenni del ‘900 e, in risposta alla crescente domanda, anche l’offerta, sebbene inizialmente in piccola scala a causa dell’impossibilità di conservare il sangue, risultando in un sistema tipo “mercato di matrimoni” (Marriage Market setup), in cui ogni ricevente necessitava di un donatore personale (1914 – 1937). Successivamente, grazie a innovazioni tecniche che permisero la conservazione del sangue, la scala si ampliò, risultando nel mercato diffuso e spersonalizzato di oggi.
Le trasfusioni oggi
Oggi la trasfusione di sangue costituisce una parte fondamentale dell’assistenza sanitaria e i costi complessivi di questa pratica sono piuttosto standardizzati in tutto il mondo occidentale: tra i 154$ e 211$ per unità, che vanno a coprire i costi di raccolta, conservazione, test e attrezzatura.
Come si può evincere dal grafico, la reperibilità di una trasfusione di sangue sicura può salvare la vita, al primo posto in caso di malattie tumorali, ma anche in caso di complicazioni al momento del parto, incidenti e ulteriori ambiti.
Tuttavia i sistemi sanitari fanno fronte alla richiesta di sangue in modi diversi, e anche a livello europeo non esiste una normativa unitaria che regoli la raccolta, retribuita o meno, di emocomponenti. In Italia lo Stato risarcisce il datore di lavoro del donatore per l’importo che perde pagando come lavorativa (obbligatorio per legge) una giornata in realtà libera. In Germania invece, come anche in Austria e Stati Uniti, è legalmente previsto che i donatori ricevano un’indennità: venti euro circa per una donazione di sangue intero e differenti quote per plasma e piastrine.
Germania e Italia
Ciononostante, il sistema di selezione dei donatori è molto simile: in entrambi gli stati è permesso donare tra i 18 e i 65 anni d’età, e requisiti e criteri di esclusione sono essenzialmente gli stessi. In Germania gli uomini possono donare sei volte all‘anno e le donne quattro, mentre in Italia rispettivamente quattro e due volte.
Dal momento che le donazioni di sangue sono così importanti, in quanto risultanti in terapie essenzialmente insostituibili, determinare se i donatori di sangue debbano essere retribuiti è fondamentale. È innegabile che la prospettiva di un compenso potrebbe incoraggiare più persone a donare, e forse scongiurerebbe il timore assolutamente realistico di una carenza di sangue all’interno del sistema sanitario.
Quanto è etico retribuire chi dona? E quali potrebbero essere le conseguenze?
Inoltre, l’etico della medicina Georg Marckmann ha dichiarato a Der Spiegel: “Nella nostra società è generalmente lecito vendere bene e servizi in cambio di denaro” e ancora “Gli emoderivati forniscono benefici significativi a chi li riceve, fino a salvare vite. Perché il donatore non dovrebbe ricevere un compenso in cambio?”.
Tuttavia, non è tutto interamente corretto; i dati forniti nel Journal of Economic Perspectives sopracitato mostrano chiaramente che gli stati con alte percentuali di donatori volontari sono associati ad una quantità maggiore di donazioni. Questo si può spiegare rilevando che una persona dona più regolarmente, quando non lo fa per interesse o necessità, ma solo per suo desiderio. In situazioni poi, in cui la donazione di sangue è mentalmente associata agli strati più bassi della popolazione, questa viene a costituire uno stigma, di cui ci si vuole liberare al più presto.
Come dimenticare la scena di La ricerca della felicità (2006, regia di Gabriele Muccino) in cui il personaggio di Will Smith, nel suo momento più basso, si trova costretto a vendere il proprio sangue per racimolare qualche spicciolo? È questa una delle ragioni per cui anche l’OMS ha preso posizione sull’argomento e nella pagina web dedicata si può leggere: “I donatori di sangue più sicuri sono quelli volontari e non remunerati provenienti da zone a basso rischio. L’obiettivo dell’OMS è che tutti i paesi ottengano tutte le loro forniture di sangue attraverso donatori volontari non pagati“.
Non posso che concordare con quest’ultima opinione: quest’estate sono diventata io stessa donatrice di sangue e mi sono trovata a fronteggiare gli sguardi giudicanti di conoscenti che mi credevano sciocca in quanto non retribuita economicamente. Comprendere le ragioni dietro questo servizio non pagato non è assolutamente immediato, bisogna riconoscerlo, ma afferrare l’importanza di questo gesto in sé e per sé è indispensabile: è quasi impossibile non conoscere o non aver sentito parlare di persone la cui vita è stata salvata in primo luogo da delle donazioni.
Per quanti gli argomenti dei sostenitori di un sussidio siano indubbiamente logici e ponderati, potrebbero valere solo nel mondo delle idee perfette di Platone, in cui regnano ordine e giustizia, ma in cui naturalmente non ci troviamo.