Chris Gueffroy morì a 21 anni ed è noto come la penultima persona a tentare di superare il Muro di Berlino, passando da Berlino est a Berlino Ovest.
Gueffroy cercò di attraversare il confine fortificato nella notte fra il 5 e il 6 febbraio 1989. Era insieme a un amico con cui divideva l’appartamento, Christian Gaudian, ed era convinto che la normativa che imponeva alle guardie armate della DDR di sparare in caso di sconfinamento, lo Schießbefehlm, fosse stato sospeso per ragioni diplomatiche.
Era infatti presente all’interno delle Repubblica Democratica il primo ministro svedese e in questi casi era prassi che l’obbligo di aprire il fuoco venisse temporaneamente “congelato”.
Superare il Muro di Berlino: la fuga
Intorno alle nove di sera i due ragazzi dissero a tutti che si sarebbero recati a Praga per una vacanza, ma si mossero invece furtivamente sulla riva del canale Britzer Zweigkanal e si nascosero all’interno di un capanno degli attrezzi, aspettando il momento propizio. Intorno alle 11.30, quando pensavano che la situazione fosse tranquilla, riuscirono a scavalcare una prima recinzione di circa tre metri con l’ausilio di due arpioni costruiti alla buona. Prima di poter superare la seconda recinzione di metallo furono però intercettati da due pattuglie, che prima intimarono l’alt e poi aprirono il fuoco.
Gueffroy morì sotto i colpi. Gaudiam fu ferito gravamente, arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Fu liberato nel settembre del 1989 grazie a un ingente riscatto pagato dalle autorità occidentali alla DDR. Si trasferì a Berlino Ovest un mese dopo.
Le menzogne della Stasi e l’imbarazzo della SED
Quella notte gli spari squarciarono il silenzio della notte e raggiunsero persino la madre di Gueffroy, che però ignorava, ovviamente, che suo figlio fosse coinvolto. Due giorni dopo venne convocata dalla Stasi, la polizia politica della Germania est, che le raccontò che suo figlio si era reso protagonista di un attacco alla zona militare, rimanendo ferito e infine morendo, nonostante le tempestive cure mediche ricevute.
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Si cercò invano di insabbiare la notizia della morte del ventenne, a Berlino est. Nonostante gli sforzi profusi per farla passare per un incidente, infatti, il fratello di Gueffroy fece pubblicare sul quotidiano Berliner Zeitung un necrologio che menzionava un “tragico incidente avvenuto il 6 febbraio”. I media occidentali ci misero poco a collegare il necrologio agli spari che molti avevano udito, soprattutto nella zona di confine.
Fu l’inizio di una slavina, per la Germania est, che già vedeva avvicinarsi inesorabilmente la sua fine. Si cominciò a parlare apertamente di omicidio, dall’ovest riuscirono ad arrivare dei reporter che si presentarono al funerale di Gueffroy e lo documentarono. La SED, il Partito di Unità Socialista di Germania, fu biasimata e isolata al punto che il segretario Eric Honecker revocò ufficialmente l’ordine di sparare a chi cercava di oltrepassare il Muro. Il fatto tragicomico è che fino a quel momento Honecker ne aveva negato l’esistenza.
I colpevoli addirittura premiati
Le quattro guardie di confine coinvolte nell’omicidio vennero, all’inizio, addirittura premiate. Ottennero infatti un riconoscimento dal capo delle guardie di confine di Mitte e un premio di 150 marchi a testa.
La situazione cambiò dopo l’unificazione tedesca. I quattro vennero infatti rinviati a giudizio davanti alla corte del Land Berlino. Il processo venne celebrato nel 1992, due degli imputati furono rilasciati, uno ebbe la sospensione della pena mentre l’ultimo, identificato come il responsabile del colpo fatale che aveva fermato il cuore di Gueffroy, fu condannato a tre anni e mezzo di carcere, ridotti a due con la condizionale in appello, nel 1994.
Nel 2000 furono processati e assolti anche i funzionari della SED Siegfried Lorenz e Hans-Joachim Böhme. In prima istanza evitarono la condanna perché non venne provato che l’ordine di sparare fosse partito da loro. Nell’agosto 2004 furono invece giudicati colpevoli e condannati ciascuno a una pena sospesa di 15 mesi. Una pena estremamente blanda, giustificata dal giudice in base alla distanza nel tempo degli eventi dibattuti.
Il ricordo di Chris Gueffroy e delle altre vittime del Muro
Gueffroy era un ragazzo libero. Lavorava come cameriere, perché si era rifiutato di prestare servizio nell’esercito della DDR dopo le superiori e questo gli aveva precluso l’università. Non sopportava l’idea di vivere in un Paese che lo voleva in catene e tentò di spezzarle, morendo nell’impresa.
Viene ricordato insieme a tutte le altre vittime del Muro, della dittatura e dell’oppressione. Indelebile nella coscienza dei colpevoli e nel ricordo di chi coltiva la memoria.
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