“Se questo è amore”: la storia tra un ufficiale delle SS e una ragazza ebrea ad Auschwitz
Un ufficiale nazista, un’ebrea internata ad Auschwitz, una regista israeliana: disponbile dal gennaio 2021 sulle maggiori piattaforme “Se questo è amore“, docufilm di Maya Sarfaty, distribuito da Wanted cinema con il patrocinio dell’Unione delle comunità ebraiche.
Uno schiaffo in faccia: questo è l’effetto di un una vicenda che ci porta a concepire l’inconcepibile. Ma è uno schiaffo in faccia anche il titolo, che si ispira dichiaratamente a “Se questo è un uomo“, capolavoro di Primo Levi. Non a caso, la regista ha precisato di averlo presentato in patria con il titolo “Non è mai stato amore“, (Liebe war es nie). Meno offensivo, probabilmente.
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“Non era amore” è la canzone tedesca che la protagonista di questa storia vera, Helena Citron, canta al compleanno dell’ufficiale austriaco delle SS Franz Wunsch, che compie 20 anni. Anche Citron ha 20 anni ed è al suo primo giorno di prigionia ad Auschwitz.
Wunsch le chiede di cantare pregandola con un “per favore” (bitte) e lei, come si racconta nel docufilm, “Sentì la voce di un uomo che chiedeva per favore e non quella di una belva”. Scatta qualcosa. In Wunsch nasce un trasporto totale verso la ragazza, che lo porterà a salvarle la vita e a proteggerla, in lei un sentimento “che va oltre la gratitudine”, per usare le parole della regista.
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Inizia così una storia che si può definire per molti aspetti aberrante, soprattutto analizzando lo squilibrio tra le due figure e lo sfondo su cui si svolgono gli eventi, che nega ogni libero arbitrio, per chi subisce.
Nelle immagini iniziali Helena “dalla pelle di pesca”, come veniva definita dalle compagne di prigionia, viene ritratta dall’uomo apparendo sorridente e paradossalmente in salute, nella sua divisa da prigioniera, mentre le altre vengono denudate e ispezionate nelle parti intime da nazisti senza scrupoli.
E senza scrupoli è anche Wunsch, nonostante alcune fonti parlino di una sua trasformazione in senso umano, grazie alla benedizione dell’amore.
Invecchiato tranquillamente e nel giardino di casa, in un’intervista reperita dalla regista grazie alle fonti d’archivio fornite dal museo della Shoah di Gerusalemme Yad Vashem e della Shoà foundation, l’ex SS ricorda Mengele quasi con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Mengele, il criminale che conduceva orrendi esperimenti medici sulle persone del campo.
Franz Wunsch si prende cura dell’amata quando contrae il tifo ad Auschwitz, sfama le compagne che lavorano con lei nel magazzino in cui vengono stipati gli oggetti degli ebrei gasati e finisce anche per salvare la sorella di lei, Roza.
Ma non salva i figli della donna, tra cui un neonato, che vengono gasati senza pietà, così come non si ferma quando si tratta di bastonare altri prigionieri, seviziati e uccisi a milioni da un sistema di cui Wunsch è ingranaggio e tutore. È un ufficiale delle SS, non va dimenticato. Un ufficiale delle SS che si diceva innamoratissimo di un’ebrea.
Dopo la guerra Franz Wunsch cerca in tutti i modi di proseguire la storia con Helena Citron, che però non ne vuole più sapere.
L’uomo continua a incollare ossessivamente le immagini dell’amata su foto di luoghi idilliaci in cui vorrebbe condurla, ma lei si trasferisce definitivamente in Israele.
Va però a testimoniare a Vienna al processo che lo vede imputato per i crimini commessi durante l’Olocausto, nel ’72, invitata dalla moglie dell’uomo. Cosa dice in questa circostanza Helena Citron? La verità, per quanto riguarda l’aiuto ricevuto a titolo personale.
Quando però Wunsch dichiara che, ai tempi, aveva chiesto di essere trasferito perché depresso da quanto vedeva nel campo, lei risponde senza fronzoli che non è vero.
L’ex SS viene infine assolto dall’accusa di aver partecipato a omicidi di massa o crimini violenti contro gli ebrei del campo, “Nonostante prove schiaccianti di colpevolezza”, riporta Joachim Perels.
Nel film c’è spazio anche per le testimonianze di 7 compagne di campo di Helena sopravvissute allo sterminio, della sorella, comprensibilmente devastata per la morte dei suoi bambini, e della figlia di Wunsch.
Le sopravvissute parlano della loro vita ad Auschwitz, oltre che della storia di Citron e Wunsch, durata due anni e mezzo. Un’altra rinuncia all’intervista. “Non ce la faccio a tornare indietro” dice alla regista.
Stranamente, “Se questo è amore” non ha incontrato alcuna ostilità in Israele e nel mondo ebraico, mentre ha avuto problemi in Austria, probabilmente per il fatto che sia la nazione che ha dato i natali a Wunsch e lo ha assolto nel 1972.
Helena Citron e Franz Wunsch sono morti rispettivamente nel 2005 e nel 2009.
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