Intervista a Francesca Tasini, regista di “Lola”, girato a Berlino e dedicato alle persone transgender
“Lola” è un cortometraggio girato a Berlino dalla regista italiana Francesca Tasini. Il corto parla di una donna transgender, interpretata dall’attrice italo-svizzera Christina Andrea Rosamilia, alle prese con un desiderio di maternità ostacolato sia dal sistema in cui si muove, sia dalla distanza emotiva del compagno.
“Lola” sarà disponibile su Zoom domani, alle ore 17.00. Questo è il link per iscriversi mentre qui troverete altre informazioni. Dopo il corto, ci sarà una chiacchierata virtuale in compagnia della regista e della protagonista.
Intanto, abbiamo intervistato Francesca Tasini.
Il tema del corto è molto specifico. Cosa ti ha portato a scegliere questo particolare punto di vista e qual è stata la genesi del progetto?
Per realizzare questo corto sono stata ispirata da una storia vera che è successa l’anno scorso, ma in quel caso il protagonista era un ragazzo omosessuale. Ho deciso di trasformarla in una storia dedicata alle persone transgender. Da sempre sono toccata ed ispirata da questa tematica. Inoltre, penso che si continui a parlare troppo poco dei diritti di queste persone e in genere dei diritti LGBT
Come sceneggiatrice, attrice, regista e anche pedagogista, mi sono spesso interrogata su questo argomento. C’è bisogno di aprire un dialogo, partendo innanzitutto dalle istituzioni educative, ma anche in altri contesti. Trovo assolutamente necessario iniziare a parlare di nuove possibilità di costruzione familiare. Il cinema e la televisione offrono una grandissima possibilità di affrontare la questione in modo poetico e sensibile e dovrebbero farlo anche le registe e i registi non necessariamente facenti parte della comunità LGBT. In questo momento ad Hollywood si sta discutendo molto anche sui ruoli per le persone transgender. È ora di superare tanti limiti. Così come il ruolo della donna in campo cinematografico.
Come donna ne sono profondamente toccata e sento il bisogno di esprimermi.
“Lola” parla della difficoltà che le persone transgender incontrano nel momento in cui decidono di adottare un figlio. Come ti sei preparata a lavorare sul soggetto? Hai raccolto testimonianze a Berlino o nell’ambito del contesto tedesco?
“Lola” parla anche della tematica generale dell’affidamento e di come viene gestito. Ancora oggi l’adozione sembra davvero qualcosa di utopico e ci sono molte regole restrittive. Anche per una persona come me sarebbe difficile avviare le pratiche adottive, dunque non oso pensare come possa essere per una persona transgender.
Durante i miei incontri con diverse attrici sono venuta a conoscenza di tante esperienze che mi hanno guidata nel completare questo progetto. Questo cortometraggio è dedicato e tutte le persone transgender, l’ho scritto e diretto pensando anche a tutti quelli che vivono come “outsider”, respinti il più delle volte da una società ingiusta, nonostante venga definita come democratica.
Ho cercato di prepararmi riferendomi non solo al contesto tedesco, ma anche a quello europeo, “Lola” è un cortometraggio che potrebbe essere ambientato ovunque. Anche se esiste una legge che teoricamente tutela i diritti di certe categorie, in pratica il cammino dell’adozione è molto difficile.
Il problema rimane il grosso divario tra pratica e teoria e una certa sensibilizzazione dovrebbe inoltre essere iniziata già all’interno di un contesto di educazione scolastica.
A mio parere bisognerebbe facilitare l’adozione e l’affidamento. Quando una coppia o un singolo decidono di prendersi questa responsabilità, la strada dovrebbe essere molto più facile da percorrere. Invece, purtroppo, non lo è.
Ci sono molti bambini che aspettano l’arrivo di una famiglia. E non sono molto lontani da noi. Anche l’affidamento è molto complesso. Spesso questi minori vengono rifiutati perché le situazioni che hanno vissuto risultano troppo problematiche.
Per costruire una società diversa bisogna partire dal dialogo e facilitare le possibilità d’incontro. Io ho deciso di farlo anche attraverso l’arte cinematografica e televisiva. Ci sono storie che vale la pena raccontare.
Quando inizio a creare una storia parto quasi sempre dai personaggi. Sono loro a guidarmi nello sviluppo. Lola non rappresenta solo le persone transgender ma, nel profondo rappresenta l’umanità, in primis la donna e la sua capacità di continuare a credere, a sognare, perché questo rende vivi.
Com’è stata l’interazione tra gli attori e tra te e gli attori, durante la lavorazione?
Devo molto a tutta la mia troupe e alla crew. Devo molto ai miei produttori Anie Gombos, Mauro Paglialonga, Luigi de Vecchi e la Dolce Berlin. Sono eternamente grata al mio amico Fabian Kimoto, un direttore di fotografia fuoriclasse. Sono grata a Christina Rosamilia, Klaus Salminen, Giovanni Morassutti, Nicole Kehrberger, Florenz Hardt, Sophie Nobile, Margot Baraldi e Tommaso Ragno, che ha contribuito con la sua voce.
Tutta la troupe è stata eccezionale, Beatrice Paola Ruffini ai costumi, Jordi Brauts al suono, Chris Costa e Malika Ayane per la musica, grata a Francesco Piotti, aiuto regia, Sara Paracchini, per il montaggio, Elidith Hodgson come scenografa, Gentiana Kolnerkaij, truccatrice, Rupali Rejnties come segretaria d’edizione, Federico Guizzardi come runner e gaffer, Mary Bluestocking come script editor, Hanna Katharina Lohn per la locandina e Gabriele Telloli per il catering, che è molto importante durante le riprese.
Poi ci sono tante altre persone che mi hanno aiutato in questa realizzazione come Ruth Stirati, Giulio Baraldi, Amelia Masetti.
Non avrei potuto farcela senza tutti loro. Fare cinema e fare tv è un “team effort”. Ognuno ha contribuito a dare qualcosa di sé. L’atmosfera è stata molto interessante e a mio parere è stata un’esperienza incredibile e profondamente vissuta. Questo è stato il mio primo corto ed è nato come una sorta di miracolo
All’inizio pensavo di non farcela. Avevo paura di confrontarmi con la direzione degli attori, ho scoperto che il mio bagaglio di esperienze e studi personali e come attrice mi aiutava molto. Mi piace formare i gruppi e cerare una bella atmosfera per collaborare.
Gli attori si sono trovati bene tra di loro e credo che sia nata da subito una bella voglia di mettersi in gioco. Il cortometraggio è partito un po’ per caso, perché mai avrei pensato di mettermi alla regia, ma spesso nella vita le cose avvengono perché in fondo si sente che è il momento giusto, così ho capito che quello era un inizio. Ora vorrei continuare la strada della regia e quella della sceneggiatura, che ho intrapreso alcuni anni fa.
Cosa vorresti che arrivasse di questo corto? Chi vorresti che fossero i tuoi interlocutori?
Vorrei che il corto arrivasse nel mondo, cosa che in parte ha già fatto. Il suo viaggio è iniziato a marzo e non si è ancora fermato. Al momento è stato selezionato in più di 13 festival, che purtroppo si sono tenuti nella maggior parte dei casi online.
Vorrei anche che il corto arrivasse nelle scuole e che fosse proiettato anche da associazioni come quella che ci ospiterà questa Domenica, “Imbarco Immediato”, che si occupa di diritti LGBT. Mi piacerebbe prima o poi organizzare una proiezione live, qui a Berlino, quando i tempi saranno migliori e stiamo aspettando alcune risposte da distribuzioni internazionali.
Immagino che quando hai cominciato a lavorare a “Lola”, il Covid-19 fosse lontano all’orizzonte. Cosa è cambiato in rapporto alla tua attività durante la pandemia? Come stai affrontando questo momento di incertezza, che colpisce soprattutto i settori della cultura e dell’intrattenimento?
Mi è dispiaciuto molto non poter andare fisicamente nei festival per seguire “Lola”. I festival sono un’esperienza magica, una grande possibilità di scambio e di nuove collaborazioni. Siamo in tanti, al momento a sentirci in una grande barca in sospensione, non è facile.
Ho in programma di girare il mio prossimo corto in Irlanda ad aprile, ma non so come sarà la situazione… rimango comunque fiduciosa.
In ogni modo la mia attività continua, perché nella maggior parte del tempo mi dedico alla scrittura. Per cui il mio lavoro non si ferma, anche se a volte non è facile creare senza la possibilità di vivere esperienze e viaggiare. Uso la mia immaginazione a 360 gradi ed è ormai diventato un allenamento quotidiano. Sto lavorando al momento su quattro progetti diversi.
Ho usato questa situazione di stallo per continuare lo sviluppo di progetti e per organizzare degli incontri virtuali. Al momento essendoci molte più persone online, sembra essere più facile. A volte mi viene da sorridere se penso, per esempio, che non ho mai incontrato la produttrice di una delle mie serie di persona…
Credo che non dobbiamo farci scoraggiare e credo anche che questo sia un momento di grande cambiamento interiore e di riflessione. La cultura e l’intrattenimento devono continuare e ricrearsi in modo diverso e sta a noi tenerci aggrappati e creare per il futuro delle possibilità di lavoro. Mi dispiace molto sentire delle difficoltà di molti colleghi, soprattutto in Italia.
Non dobbiamo perdere la possibilità di creare cultura, bellezza, arte, perché queste sono le cose che ci salveranno, oltre alla natura.
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