Fabio De Masi è un deputato di die Linke, al Bundestag dal 2017 e membro del Parlamento Europeo dal 2014 al 2017.
Parte oggi un progetto di Maurizio Costa Clari, teso ad approfondire il mondo dei politici tedeschi di origine italiana. Qual è il loro punto di vista sull’Italia e sul rapporto tra Italia e Germania? Quanto influisce la loro identità bi-culturale nel lavoro che svolgono al Bundestag?
Iniziamo proprio con Fabio De Masi.
Onorevole Fabio De Masi, su quali punti l’Italia e la Germania collaborano in buona sintonia, in base alla sua esperienza politica?
Mi sono personalmente battuto per la restituzione agli Uffizi del dipinto ad olio “Vaso di Fiori”, del pittore Jan van Huysum, attraverso una richiesta al governo tedesco. Insieme al Prof. Eike Schmidt, direttore dell’epoca e storico dell’arte tedesco, ho potuto ottenere dal governo l’impegno per la restituzione dell’opera da parte dei discendenti di un soldato della Wehrmacht.
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Il dipinto fu saccheggiato durante la seconda guerra mondiale e andò perduto fino all’unificazione tedesca. Il risultato non era scontato, in quanto le richieste di restituzione delle opere d’arte saccheggiate e in seguito diventate proprietà privata erano prescritte, e la materia non era regolata dal diritto internazionale. Insomma, il governo tedesco temeva di essere chiamato in causa dagli attuali proprietari, in caso avesse agito per la restituzione, e che questo potesse costituire un precedente. Tuttavia, il risultato è stato raggiunto con successo. Le autorità di polizia, la diplomazia e l’opinione pubblica italo-tedesca hanno lavorato bene insieme.
Su quali temi politici l’Italia e la Germania dovrebbero collaborare di più?
Nella politica europea. E in particolare parlo della politica economica e fiscale nella zona euro. L’Italia ha avuto per anni, prima della crisi del Coronavirus, un avanzo primario, cioè un avanzo di bilancio al netto degli interessi, e un avanzo di esportazione. Ma l’Italia non può ancora ridurre il debito pubblico, perché i tagli degli investimenti pubblici hanno soffocato il suo dinamismo economico. La mancanza di prospettive per i giovani è un trauma nazionale e ha portato a una seconda ondata migratoria. Senza investimenti pubblici e buone infrastrutture non ci possono essere investimenti privati e nessun cambiamento strutturale.
Un altro problema è legato al sovraccarico di oneri che l’Italia subisce per via del Trattato di Dublino, secondo il quale i rifugiati che arrivano in Europa devono presentare istanza di asilo nel primo Paese ospitante, cosa che aumenta la pressione sulle frontiere esterne dell’Europa. Qui è necessaria una maggiore responsabilità europea. La situazione in Libia, ad esempio, è stata determinata dall’intervento militare di Francia e Regno Unito, non dall’Italia.
All’inizio dell’attuale crisi del Corona, tra gli italiani è circolato un forte risentimento verso i tedeschi, accusati di aver lasciato sola l’Italia. In questa situazione si è innescata la polemica sugli aiuti provenienti, invece, da Cina e Russia. È stato un problema di comunicazione?
L’UE e anche la Germania hanno fallito, all’inizio della crisi del Corona, e hanno lasciato l’Italia e la Spagna troppo sole, nonostante fossero al picco della pandemia. E in fondo il supporto reciproco avrebbe aiutato tutti. Anche la Germania dipendeva dalle importazioni di materiale protettivo dalla Cina. E all’inizio non ha aiutato altri Paesi perché viveva sul suo stesso suolo un problema di scorte insufficienti e di conseguenza ha avuto bisogno di un aiuto esterno.
Ma c’è anche un messaggio positivo: il governo tedesco, infatti, in seguito si è mosso, perché la pressione dell’opinione pubblica in Germania è diventata enorme, dopo le immagini relative al trasporto dei morti di Bergamo. C’è un profondo attaccamento della popolazione tedesca all’Italia, nonostante tutte le polemiche politiche, e la politica non deve distruggere questo legame. Anche i media hanno delle responsabilità. La copertina pubblicata dallo SPIEGEL che raffigura uno spaghetto come un cappio, per esempio, è stata un disastro. I redattori dello SPIEGEL mi hanno poi detto di persona che si vergognavano di quella copertina.
Der Spiegel ancora all’attacco dell’Italia: copertina con spaghetti a forma di cappio e la farse “Ciao amore” https://t.co/ugySd9JvOx
— Il Fatto Quotidiano (@fattoquotidiano) June 1, 2018
Ha contatti con deputati italiani e ha avuto modo di interagire con il parlamento italiano?
Sì, durante il mio ultimo viaggio a Roma sono stato ospitato a casa del mio amico e collega Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia e delle Finanze. L’attuale ministro delle Finanze italiano, Roberto Gualtieri, era l’ex presidente della commissione presso il Parlamento europeo a cui appartenevo. Ho contatti regolari con l’Ambasciata d’Italia in Germania e ho visitato più volte il Parlamento italiano. Ho avuto anche l’opportunità di parlare alla Camera dei deputati nel corso di una conferenza dell’Unione europea, ed è stato per me un onore speciale.
Il Parlamento italiano è peraltro uno dei più bei parlamenti d’Europa, con il pavimento dell’aula che produce un suono suggestivo al contatto dei piedi con le sue antiche assi. La mia impressione è che i parlamenterai italiani siano spesso criticati per i loro alti stipendi, ma hanno meno risorse per il loro personale.
Come vive il suo ruolo di membro del Bundestag, quando si reca in Italia e parla di politica con la sua famiglia o con i suoi amici?
C’è una profonda frustrazione in rapporto alla politica, in Italia. Recentemente ho fatto un giro a Santa Maria di Castellabate con l’auto malconcia di mio zio. Quando ha menzionato che suo nipote era un deputato, molte persone sono rimaste sorprese nel vedermi scendere dall’auto in costume da bagno e sandali. I politici sono spesso associati a una casta distaccata dal resto della popolazione. Altri si rivolgevano a me chiamandomi onorevole. Mi ha sempre messo a disagio. Ma del resto da bambino mi chiamavano il “tedesco”, e non appena ho passato un semestre all’università sono stato da molti chiamato “dottore”.
Quando in Italia ho parlato apertamente di problemi politici e ho ascoltato le opinioni dei miei interlocutori, sono stato accolto con grande calore e anche rispetto per il mio impegno. C’è un grande bisogno, in Italia, di parlare con i politici al di là dei talk show. Il mio sogno sarebbe quello di percorrere la Via Appia con un parlamentare italiano, di parlare delle preoccupazioni e delle esigenze degli italiani lungo il percorso e di scrivere un libro a riguardo.
Quali esperienze della sua biografia italo-tedesca porta con sé, nel suo lavoro parlamentare?
La mia bisnonna italiana era analfabeta, mio nonno ha frequentato la scuola solo per pochi anni e ha combattuto come partigiano contro l’occupazione tedesca nel nord. Il mio nonno italiano e il mio nonno tedesco avrebbero potuto affrontarsi in guerra. Il nonno italiano sarebbe orgoglioso del fatto che io abbia la possibilità di servire il popolo tedesco in Parlamento. Io credo di continuare il suo percorso. In ogni dibattito pubblico sulla crisi economica in Italia, ad esempio, cerco di illuminare la gente con piccoli aneddoti sulla mia seconda patria.
Credo che il dibattito sulla tassazione dei miliardari e dei multimilionari sia giusto. Ma c’è anche questo mito in base al quale gli italiani sarebbero in media molto più ricchi dei tedeschi perché hanno un sistema diverso di previdenza per la vecchiaia, con più case di proprietà. A questo proposito, però, io parlo di come la mia bisnonna, Nonna Teresa, l’analfabeta, fosse più ricca di me sulla carta, semplicemente per il fatto di vivere in un ex fienile di capre di sua proprietà, mentre io vivo in affitto.
Di tanto in tanto scambio idee anche con altri italo-tedeschi. Per esempio recentemente ho fatto colazione con Giovanni di Lorenzo, ad Amburgo, e abbiamo parlato a lungo della nostra patria. A proposito, dicono che nel mio ufficio ci sia l’espresso migliore di tutto il Bundestag!
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