La didattica a distanza ai tempi del Coronavirus. Il Mitte incontra una scuola italiana
La didattica a distanza è un argomento centrale in questa fase di incerta riorganizzazione della società durante la pandemia. E con questo argomento inizia oggi una bella collaborazione tra il Mitte e una scuola superiore italiana, il Liceo A. Rosmini di Rovereto, in provincia di Trento.
La classe che partecipa è la 4 BLN del Liceo linguistico. Coordinatrice del progetto è Maria Concetta Malerba, docente di tedesco.
Siamo felicissimi di poter ospitare i ragazzi sulle pagine del nostro magazine. E sarà un vero piacere dedicare spazio alle riflessioni e ai contributi di questi giovani, che vivono la loro condizione di studenti in un momento difficile. Ce lo racconteranno e ci racconteranno molto altro, sull’Italia, sulla Germania e su quello che stiamo vivendo.
Il primo contributo è di Margherita Plotegher e riguarda la didattica a distanza, che Margherita sta sperimentando.
Il mondo è in continuo cambiamento e in continua evoluzione. Il diffondersi del coronavirus (Covid-19) ha certamente accelerato il modificarsi degli stili di vita. Sembra impossibile che alcune accelerazioni avvengano proprio mediante il blocco, il lockdown: un ossimoro ma è così. Anche la scuola vive le proprie evoluzioni e qualche contraddizione. Il clima di incertezze che si è ingenerato coinvolge docenti, studenti, impiegati, ausiliari e tutto il mondo scolastico.
Analogamente a quanto avviene nei dibattiti, che devono trovare equilibrio fra aspetti sanitari ed economici, si è spesso, nel caso di specie, alla ricerca di forme che possano conciliare la tutela sotto il profilo sanitario con il buon decorso della cultura e della formazione. Infatti, qui in Trentino si è discusso molto a proposito della chiusura o apertura delle scuole: la scuola è un luogo importante per la formazione e ha anche un’utilità sociale, per questo motivo c’è sempre una sorta di giusta resistenza al chiuderla, si tende sempre a tenerla aperta finché si può.
Le condizioni che si sono create, con le limitazioni rigorose alla mobilità, hanno imposto il dover ricorrere all’innovazione tecnologica anche a chi ha sempre mostrato ostilità al riguardo. Sembra quasi che il muoversi meno sia la ricetta vincente. Così facendo si riducono drasticamente i punti di contatto e di conseguenza i potenziali momenti di contagio.
Va riconosciuto che si è profuso molto impegno all’interno degli edifici scolastici per garantirne la sicurezza, un risultato che si è ottenuto anche all’interno di fabbriche e altri luoghi di lavoro. Ma sembra non bastare. Il nocciolo del problema sono gli spostamenti: i momenti di casa-lavoro, casa-scuola e viceversa. Tali spostamenti, per quanto riguarda la scuola, assumono spesso incrementi rispetto al livello di percorsi formativi.
Le scuole dell’infanzia e quelle primarie contano su numerosi edifici capillarmente diffusi sul territorio raggiungibili spesso a piedi o in bicicletta. Già a partire dalle scuole medie vi è quasi sempre la necessità, fatta eccezione per chi vive in centro, di dover utilizzare i mezzi pubblici o la propria auto. Questo accade ancor più per il raggiungimento di scuole superiori e dell’università, creando inevitabili potenziali assembramenti a bordo di autobus e treni e nelle stazioni.
Da qui nasce forse la logica di introdurre sistemi tecnologicamente avanzati soprattutto in relazione alle scuole secondarie e le università. Questo modo di agire agevola anche chi si affaccia al mondo della scuola da meno anni e dunque necessita maggiormente del contatto umano con i compagni di classe e con i punti di riferimento del corpo docente.
Recentemente anche qui in Trentino le scuole superiori hanno iniziato la didattica a distanza. In una prima fase, in cui c’era maggiore libertà di azione per le regioni, la nostra provincia ha esercitato la propria autonomia differenziandosi dal resto d’Italia. Con il più recente DPCM (3 novembre 2020), tuttavia, tutto il territorio nazionale è stato regolato per aree colorate a seconda della situazione di gravità del contagio.
Le zone rosse prevedono la didattica a distanza dalla seconda media in poi, mentre le zone arancioni e gialle la prevedono dalle superiori in su. Anch’io, quindi, da lunedì 9 novembre ho iniziato le lezioni online. Con la mia scuola ci si trova bene nel rapporto con docenti e compagni di classe, anche attraverso l’innovazione tecnologica. Già nel periodo primaverile, il mio liceo è stato fra i primi ad attivarsi per garantire le lezioni nonostante l’impossibilità di uscire di casa.
Confrontandomi con altre persone della mia classe, risulta preferibile potersi incontrare e avere rapporti di persona, sia con gli amici sia con compagni e docenti, anche se c’è chi sostiene che in questo momento ciò non sia del tutto compatibile con la necessità di stare in classe con la mascherina tutto il tempo e con i disagi legati ai trasporti. Il cambiamento del nostro stile di vita è anche questo.
Può interessarvi anche Coronavirus in Germania: nuove restrizioni a Berlino