Questo grande carillon. Milano quartiere Loreto secondo la poetassa Francesca Genti
Questo grande carillon. Milano quartiere Loreto secondo la poeta Francesca Genti
di Giulia Mirandola
Francesca Genti è fondatrice con Manuela Dago della casa editrice Sartoria Utopia, un luogo nel quale nascono libri di poesia a tiratura numerata, rilegati a mano, scritti spesso con voce di donna. L’ultima sua prova editoriale per Sartoria Utopia si intitola Più misteriosa della morte è la domenica, una raccolta di poesie che ha scritto con l’eteronimo di Fernanda Woodman.
Francesca Genti inoltre è autrice di La poesia è un unicorno (quando arriva spacca) (Mondadori 2018) e Anche la sofferenza ha la sua data di scadenza (Harpercollins 2018). Cura la rubrica “Poesia che mi guardi” su FilmTV.
Francesca Genti è infine da sempre affascinata dai tarocchi, dall’astrologia, dalla mitologia. Ha iniziato a condurre “Orientarsi con le stelle” sul canale YouTube “Decamerette” ideato da Natalia La Terza nei giorni dell’emergenza sanitaria. Oltre a ciò fa la Tagesmutter e sogna di diventare mitologa ambulante.
Come descriveresti la Milano nella quale hai vissuto negli ultimi due mesi?
In questo periodo non ci si poteva muovere dalle proprie case e nemmeno adesso è semplice. Quindi il mio sguardo è sul quartiere Loreto, dove vivo. Ho visto tanta polizia in giro. Io stessa non solo per ubbidienza, ma per paura delle possibili conseguenze, non mi sono mai arrischiata a infrangere il decreto. Porto la spesa a delle persone del quartiere che non sono in grado di uscire e l’impressione che ho è quella di stare in una grande domenica, una domenica lunghissima, con quella sospensione e tranquillità tipicamente domenicali.
Cosa è diventato piacevole ascoltare e vedere?
Siccome c’è tanto silenzio che di solito non c’è, senti molta musica uscire dalle case, il quartiere è diventato un grande carillon. L’aria ha il suono del cinguettio degli uccelli invece che dei motori ed è profumata, si nota tantissimo. L’olfatto capta odori che prima non percepiva più. L’altro giorno camminavo con il sole in faccia, il fatto di essere dentro la primavera mi commuoveva. In questi mesi, inoltre, ho notato che le serrande abbassate parlano molto e ho pensato che questa città appartenga più ai cani che agli esseri umani.
Chi ti capita di incontrare per la strada?
Il 25 aprile non tutti ce l’hanno fatta a restare casa senza festeggiare la Liberazione. Qui vicino ci sono delle case occupate e c’erano dei ragazzi e delle ragazze che ballavano per la strada in una piccola improvvisata festa. Le persone che fanno più fatica, le più anarchiche, sono le persone anziane. Tra le mascherine riconosco degli sguardi dolci e umani, più di solidarietà che di sospetto. Mi sembra di vivere in un paesino più che nella ex capitale morale. La dimensione di quartiere appartiene da sempre a Milano, ma ora questo lato si evidenzia di più perché ciascuno di noi è costretto a non allontanarsi dalla propria abitazione.
Il tuo lavoro di Tagesmutter è un servizio di nido a domicilio, si è perciò sempre svolto in casa. Paradossalmente ora che tutti lavorano da casa tu non puoi più farlo. Che cosa bizzarra.
Da metà febbraio ho sospeso il servizio di Tagesmutter. Avevo cinque bambini di due e tre anni. Di loro, tre sono andati in campagna e altri due sono rimasti nelle rispettive case qui nel quartiere. So che sono tutti in situazioni floride e questo mi rende serena. Invece se penso alla città nel suo complesso non si può fare un discorso univoco. Il tempo dell’infanzia è un tempo nel quale sviluppare anche la noia e se non c’è dramma questa situazione non mi fa temere per i bambini. Lo spazio si è ristretto, il tempo si è dilatato, hanno tutta la vita davanti. Io trovo che per loro sia un lusso vivere in sospensione, ribadisco se non c’è dramma. Mio figlio Sebastiano mi ha ripetuto più volte che questi sono i giorni più belli della sua vita.
Esiste una componente dominante in questa esperienza di dolore globale?
Intorno a ogni persona c’è morte. Questa è l’ombra, però l’ombra fa parte della vita, come la malattia, come la morte. Sono temi costanti dell’esistenza, benché si possa avere l’impressione che ora emergano con maggiore intensità o che siano più presenti. Mi viene in mente costantemente la raccolta di poesie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese. Questa situazione fa la radiografia a tutti.
Che impatto ha avuto la pandemia sulla tua produzione poetica e sull’attività della casa editrice Sartoria Utopia?
All’inizio ho avuto una sorta di blocco delle mie facoltà mentali. Per un mese non ho letto, cosa mai successa in vita mia. In cambio mi è venuta molta voglia di fare attività manuali, mi sono messa a rilegare libri per la casa editrice e a cucinare. In questo momento sto cucendo delle copie di Il mio bambino mi ha detto, un libro del 2016 con testi miei e illustrazioni di Manuela Dago.
Nella mia poesia il presente probabilmente entrerà tra un anno. Invece rispetto a Sartoria Utopia questo è un tempo fertile, stiamo portando a termine una nuova antologia intitolata La reggia di Venere dedicata al desiderio anche se è un po’ strano scrivere di desiderio in questo momento. Siamo stati per qualche mese dentro “Il sabato del villaggio”, ora tutti vogliamo uscire, ma questo è un desiderio di sola reazione. Invece il desiderio per me è qualcosa di attivo, è questa la sua forza.
Ora mi sono messa a studiare la mitologia. Sogno di diventare una mitologa ambulante.
L’autrice
Giulia Mirandola si occupa di educazione visiva e progettazione culturale. Nel 2019 è giunta a Berlino grazie a “MoVE 2020″, un programma di mobilità transnazionale che le ha permesso di collaborare con la libreria berlinese Dante Connection. Scrive di editoria, librerie e biblioteche berlinesi per la rubrica “Finestra su Berlino” del magazine culturale di Goethe Institut Italia.
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