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“Pioniere – storie di donne che lo hanno fatto per prime”: il nuovo podcast di Valentina Risaliti

“Pioniere – storie di donne che lo hanno fatto per prime”: il nuovo podcast di Valentina Risaliti

Valentina Risaliti è una storica firma del Mitte, per cui ha curato la rubrica “Berlino è femmina“, focalizzata su temi legati all’emancipazione femminile e al ruolo delle donne nel panorama contemporaneo.

Recentemente Valentina ha dato vita a un nuovo progetto, “Pioniere – storie di donne che lo hanno fatto per prime“, un podcast che potete ascoltare su Spreaker, Spotify (qui il link), Apple Podcast, Deezer e in generale tutte le piattaforme supportate da Spreake. Abbiamo cercato di saperne qualcosa di più.

“Pioniere – storie di donne che lo hanno fatto per prime” è un podcast prodotto e realizzato da te. Come è nata questa idea e cosa hanno “fatto per prime”, queste donne?

L’idea di creare un podcast da zero mi frullava per la testa già da tempo. Da anni mi interesso ai temi della parità di genere e alle biografie di donne che si sono distinte per la propria intraprendenza. Mi sembrava logico iniziare da qualcosa che conoscessi e che mi appassionasse. Volevo parlare di una storia – quella femminile – troppo spesso dimenticata o taciuta dai libri di scuola. Negli ultimi anni molti progetti hanno lavorato per colmare questo gap di genere e spesso mi rammarico di non aver avuto occasione, da bambina, di entrare in contatto con più modelli di successo femminile.

Photo by Ithmus

La storia che ci viene insegnata è, per lo più, una storia scritta da e fatta di uomini. Le donne purtroppo finiscono troppo spesso per assumere un ruolo secondario. Si tende a credere che ciò accada perché poche donne si sono rese effettivamente protagoniste di grandi imprese nel corso dei secoli, ma in realtà di donne eccezionali ce ne sono state molte fin dall’alba dei tempi.

Il problema è che le loro storie spesso sono state dimenticate oppure volutamente omesse. Pioniere vuole parlare di alcune di quelle storie. Ogni episodio è dedicato a una donna che si è distinta per un’impresa pionieristica e cioè che ha fatto qualcosa di eccezionale per prima. L’intento è quello di ricostruire una storia di successi femminili e di restituire alle donne di oggi e di domani dei modelli a cui potersi ispirare e a cui poter tendere. Se loro lo hanno fatto centinaia di anni fa, perché noi non potremmo farlo oggi?

Barry, sulla sinistra, mentre accarezza il suo cane Psyche, 1862, Giamaica

Il primo capitolo del tuo podcast parla di Christine de Pizan e il secondo di James Miranda Barry. Sono storie incredibili e incredibilmente poco note. Perché, secondo te, e perché è giusto parlarne?

Purtroppo e spesso le loro storie sono poco note proprio perché di donne si tratta. Una di loro – James Miranda Barry – dovette addirittura fingersi uomo per oltre cinquant’anni per riuscire a esercitare la propria professione di medico e chirurgo (peraltro uno dei più preparati ed eccezionali del proprio tempo).

È giusto parlarne perché il cambiamento avviene anche attraverso la riscoperta e la celebrazione della memoria di queste donne. La storia è stata mutilata di una sua importantissima parte. Questo fatto ha portato a farsi un’idea sbagliata di ciò che una donna può o non può permettersi di conseguire. Le donne affollano le università, hanno voti eccezionali, sono preparatissime eppure, quando guardiamo le statistiche, hanno spesso stipendi inferiori ai loro colleghi maschi e il loro tasso di occupazione è decisamente basso. Perché? Perché il nostro sistema non le sostiene, non le abitua all’idea che siano in grado di realizzare ciò che desiderano, non le educa a un destino di successi e, anzi, dai successi di altre donne le tiene spesso all’oscuro. Bisogna invertire la rotta.

Christine de Pizan (1365-1430 circa), rappresentata mentre fa lezione a un gruppo di uomini

Di quali altri personaggi ti occuperai? Ci regali qualche anticipazione per i lettori del Mitte?

Nei prossimi episodi parlerò sicuramente di Ada Lovelace, la prima programmatrice di computer della storia (prima ancora di un uomo), rimasta nell’ombra fin quando il padre dell’informatica, Alan Turing, ne riscoprì il lavoro circa cento anni più tardi. In questi giorni sto pensando anche a una seconda stagione che ampli il concetto di pioniera ad altre categorie, ma non vorrei dire di più per ora…

Sei un’esperta di temi legati alla parità di genere e al femminismo. Questo termine, in particolare, è sempre stato controverso: per altri è un tabù, altri vi associano intransigenza e rigidità. Perché pensi che questo accada e cos’è per te il femminismo?

La resistenza, a volte semplicemente per partito preso o per sentito dire, al concetto di femminismo mi pare più che altro l’evidente meccanismo di difesa di un sistema, quello patriarcale, che da quel concetto si sente inevitabilmente minacciato. Come proteggi lo status quo? Screditando qualsiasi idea che proponga un modello diverso da quello vigente. Come lo fai in una democrazia liberale? Attraverso una propaganda culturale e velata che dipinge le femministe come donne che odiano gli uomini.

Photo by _Lehook

Il femminismo, però, non è nulla di tutto questo. Dietro al femminismo, molto più banalmente, c’è la volontà di abolire il sessismo e cioè la tendenza a valutare la capacità delle persone in base al loro sesso, fatto che porta inevitabilmente a una discriminazione sessuale a danno di tutti i generi, non solo quello femminile.

Ovviamente nessuna rivoluzione culturale avviene dall’oggi al domani: nel percorso che conduce alla parità di genere è facile che sorgano anche reazioni estreme, ma identificare il femminismo con i movimenti più estremisti è semplicemente una fallacia, una generalizzazione indebita.

donne
Photo by xoder

Prendiamo il nostro contesto di riferimento, europeo e occidentale, più in generale. Molti pensano che alle nostre latitudini le donne abbiano effettivamente raggiunto la parità di genere. Cosa ne pensi?

Rispetto al passato sono stati fatti e si stanno facendo passi da gigante, tuttavia basta guardare i numeri e le statistiche per rendersi conto che chiunque dichiari che la parità di genere sia stata raggiunta si sbaglia di grosso. Persino all’interno delle classi sociali più abbienti, dove le discriminazioni sembrano essere annullate dall’illusione delle pari opportunità, è facile individuare delle differenze inquietanti.

Non sono io a dirlo, i dati parlano chiaro: le donne lavorano di meno, guadagnano di meno a parità di qualificazione, contano meno presenze nelle sfere del potere e spesso vengono discriminate per il solo fatto di essere donne. Per non parlare delle inquietanti cifre relative alla violenza domestica e ai femminicidi.

donne
Photo by Ithmus

Uno studio delle Nazioni Unite del 2019 dimostrò che le donne che hanno perso la vita per atti di violenza domestica è il 58% di tutte quelle che sono vittime di omicidio. Ciò significa che la casa è il posto più pericoloso per una donna e, tra l’altro, l’82% delle volte l’assassino è proprio il partner maschio. Sono numeri che fanno accapponare la pelle e denunciano un sistema di idee perverso.
Qui lo studio riportato da Business Insider, se interessa.

Il femminismo è una “cosa da donne”? Qual è il ruolo degli uomini in tutto questo e quale potrebbe o dovrebbe essere il loro contributo?

Assolutamente no! Il femminismo è e deve essere una cosa per tutti! Tanto gli uomini, quando le donne sono negativamente influenzati da un sistema che discrimina in base al sesso ed esistono tanti uomini che portano avanti la lotta per la parità di genere con serietà e passione. Senza il supporto degli uomini questa battaglia è persa in partenza, è come quella storia di cui parlavamo prima, mutilata della sua altra indispensabile metà.

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