AperturaI Only Come Out at NightRubriche

I only come out at night: Consistency

Sono sicuro questo brano piacerebbe a quel mio amico che si è sposato in Asia. Devo aver raggiunto l‘Olimpo delle cattive compagnie, se non mi parla da anni. Adieu mon ami, questa è una strada a senso unico.

I am sure my friend who got married down there in Asia, would enjoy Grace Jones. I must have reached the “bad guys-Olympus”, if he decided to stop talking to me. Adieu mon ami, this is a one way road.

Ho legato alle case i sogni, e ai sogni la realtà. Sempre da piccolo ho disegnato progetti su come vivere nelle case in cui ho camminato. Da ogni luogo vengo ispirato in modo differente. Il mio gusto ha una sua imponenza, dipende dal luogo fisico che lo ospita. In una vecchia costruzione con i soffitti a volta, sono barocco. Mi immagino invece nella campagna tra gli olivi e i carrubbi, il pavimento in pietra o in pece, qui sono spartano. Ci sono queste bellissime cassapanche in legno, ormai le teniamo in disuso in qualche vecchio deposito umido. L‘ambiente agreste sarà ricco di armonia e serenità, privo degli impegni cittadini e privo delle preoccupazioni. In campagna vi sono ladri e vi sono le volpi, anch‘esse ladre. Ho una visione di un letto senza spalliera e senza orpelli, un letto con lenzuola in lino bianco. Anziché arricchire lo spazio, e sentirsi poi in dovere di metterlo al sicuro, bisogna svuotarlo, privarlo del valore che accomuna gli uomini semplici, e lasciarlo ricco di poesia, il miele più raro.

Sono legato alla tradizione della mia famiglia perché sono un sognatore. Mi piace immaginare gli antenati che si sono spostati dall‘Aragona in Sicilia nel medioevo. I cimiteri sono un albero genealogico su marmo. Persino il mio cadavere verrà custodito in un‘antica costruzione sotto chiave. Ascolto musica tradizionale araba e ho in mente le pareti della Cappella Palatina a Palermo, le armonie marmoree e gli ori bizantini. Mi sento un tutt‘uno con il tempo e lo spazio, un tempo infinito ed uno spazio enorme.

To houses, I have bound dreams, to dreams, I have bound reality. Since I am a kid, I have imagined how I would have lived in the houses where I have walked. From every place I get inspired differently. My taste has its own magnificence, it depends on the physical place that‘s going to be affected by it. If the ceilings are ancient and vaulted, I am baroque. As I imagine myself in the countryside among olive and carob trees, tar or stone flooring, then I am spartan. There are these beautiful chests, we keep them in some old humid storage room. The rustic environment will be enriched by harmony and serenity, devoid from urban life commitments and worries. In the countryside there are thieves and foxes, foxes are thieves themselves. I have this vision of a bed without a headboard or any other frill, a bed with white linen sheets. Instead of enriching the space, and feel in charge of keeping it safe, we need to empty it, deprive it from the values that combine simple men. We need to turn the space into a precious poem, the rarest honey.

I am bound to my family tradition because I am a dreamer. I love to imagine the ancestors that moved from Aragon to Sicily during the middle age. Cemeteries are genealogical trees on marble. Even my corpse will be kept safe in an ancient building under lock and key. I listen to traditional arab music and in my mind I have images of the walls from the Palatine Chapel in Palermo, the marble harmonies and the bizantin gold. I feel as one with time and space, an infinite time and an enormous space.

Consistency
Vucciria – Palermo

Dopo lavoro ho trascorso del tempo parlando con uno sconosciuto. Madre polacca, padre tedesco, cresciuto nella Corea del Sud. Insegnava letteratura e lingua tedesca. Questo mi ha fatto venire in mente un flashback, ne ho scritto qui. Quell‘episodio fu qualcosa di decisamente bizzarro e possibilmente pericoloso. Ricordo ancora il rumore della chiave nella toppa della porta, doppia mandata alle mie spalle.

Ad ogni modo, questo nuovo incontro. Ho deciso che mi sarei lasciato andare un poco. Voglio dire, che può esserci di male in una discussione senza impegno con uno sconosciuto? In genere non me ne frega nulla di sapere alcunché degli sconosciuti. Abbiamo chiaccherato un po‘ e abbiamo persino mangiato qualcosa assieme. Quasi eccitato dalla mia nonchalance, per nulla naturale, ho detto avrei mangiato qualunque cosa.
Non appena ho ricevuto pollo fritto con le patatine, ho sorriso, apparendomi in mente, come piccoli flash, le parole chiavi: ANTIBIOTICI, ALLEVAMENTO INTENSIVO, OLIO VECCHIO. Il tipo si è accorto devo aver fatto una faccia di merda e allora ha chiesto se ci fosse qualche problema. Ho confessato che mi controllo talmente tanto, che non mangio mai quella roba, per motivi etici e salutari. Poi ho guardato il vassoio ed ho chiesto, “come dovrei mangiare? Dov‘è la forchetta?”. Il tipo ha risposto che lui avrebbe mangiato con le mani. “Lasciati andare“, mi sono detto. Alla seconda patatina unta di merda, mi sono alzato per prendere una forchetta. Tutto ciò era troppo per me. Io non considero la mia educazione come un handicap sociale. Una volta arrivato a casa, ho realizzato quanto sia cambiato e come non possa fare compromessi proprio adesso. Perché dovrei dopo tutto? “Who are you?“, chi sei tu?

“Who are you?” è un brano che ho scritto mesi fa. Fa parte di una piccola raccolta che sto portando lentamente a compimento. È un hobby, sto scrivendo questi brani perché mi piace, e non mi importa nemmeno li completi o li pubblichi. È un lavoro personale. “Who are you?” è un titolo temporaneo, dipende da quanto sarò pigro. Racconta di un‘esperienza terribile di isolamento e distaccamento totale dalla realtà.

After work I spent a few hours talking to a random guy. Polish mother, German father, who grew up in South Korea. He has been a teacher of literature and German language. As he said that, I had a flashback. In spring 2016, I randomly spent some time with an Austrian-German teacher, I wrote about it here. That was one of the most weird, and possibly dangerous, things I have ever done. I remember the door being locked behind me, as I entered that stranger‘s house.

Anyway, back to this new encounter. I decided I would loosen up a little bit. Meaning, there is nothing wrong with a pointless little chat with a stranger, right? I usually don‘t care about randoms‘ bullshit, I don‘t need to hear it. We spent some time talking and I even allowed myself to eat something together with this stranger. Almost excited about my nonchalance, not at all natural, I said I would eat anything.
As soon as I received fried chicken and fries, I smiled, brainstorming in a very long second, “ANTIBIOTICS – INTENSIVE FARMING – OLD OIL”. The guy noticed and asked “what?”. I confessed I am so self-controlled, I would never allow myself to eat something like that, for ethical and health reasons. Then I looked at the tray and exclaimed: “how am I supposed to eat this? Where‘s the fork!?”. The guy replied he was gonna eat with his bare hands. “Let go, let go”, I told myself. After I grabbed a couple of fries with my fingers, I stood up and went to get a fork. That was too much for me. I do not consider my manners to be a social handicap. At home I realized how much I have changed for real and how I can‘t compromise now. Why would I? Who are you?

“Who are you”? is a song I wrote months ago. It is part of a little collection I am slowly bringing to life. This is a hobby and I am writing this because I like it, I don‘t care if I will complete it or publish it. This is a personal work. “Who are you?” is a temporary title, it depends on how lazy I will be. It tells about a terrible experience of isolation and total detachment from reality.

Che cosa conta la vita? Il rigore che brandiamo come scudo e con il quale come bastone ci sorreggiamo, ci renderà migliori? Ci renderà più forti? E la contemplazione delle scelte etiche? Il dolore fisico fa paura perché potremmo non saperlo domare.

L‘odore di olio da frittura che viene fuori dal nuovo kebab und co. sulla Warschauer Str. è un pugno allo stomaco. Ogni volta che ci passo davanti, penso lo farei chiudere solo per quel tanfo insopportabile. In un lampo mi appaiono immagini sovrapposte ed offuscate di un unico collage: i soldi con cui paghi, che sono passati tra le dita di innumerevoli mani zozze, a sua volta finiscono nelle mani del tipo che sta per metterti il burger sulla piastra. Quelle vostre dita di merda ve le infilate su per il naso. Mi fate schifo. Le patatine surgelate vanno in caduta libera nell‘olio vecchio. Tutto puzza. Che cos‘è la gratificazione che provi quando hai fame e mangi questa roba? Cos‘è l‘attesa fino all‘alba di questi impiegati? Chissà se quando vanno a casa pensano, “cazzo, che lavoro di merda!”.
Siccome abbiamo creato una società nella quale non si può vivere senza lavorare, non ci preoccupiamo abbastanza della qualità del lavoro che svolgiamo. Ne dipende la qualità della nostra stessa esistenza. Quando io mangiavo qualcosa di notte, prima di rientrare a casa, mi sentivo sempre giudicato da chi lavorava nei vari negozi. La scorsa mattina, rientrando da lavoro, è salito sul tram un tipo che lavora in un kebab shop qui dietro. Ci siamo salutati e io ho pensato: “torno da lavoro, kein Party”. “Gli altri”, e quello che pensano, sono una costante della mia ansia sociale. Da una parte
sono il vicino di casa perfetto, sì e no respiro, per non dare fastidio. Poi se esco in latex, il mio atteggiamento cambia, il vaffanculo parte facile. È auto-difesa, baby!

Sono diventato un fanatico della dieta corretta, e penso che più che per la mia salute fisica, lo sia diventato per quella mentale. Forse ho avuto bisogno di allontanarmi da tutti quelli a cui invece piace immergersi nell‘olio vecchio. Provo una certa forma di pena e compassione nei miei confronti, ma anche nei vostri. Sono un presuntuoso di merda. Lavorando in un bar, vi vedo sfatti, vi vedo dormire, vi vedo cadere per terra, vi vedo piangere. La mia reazione è sempre imperturbabile. Io sono stato peggio di tutti voi, e non sono permissivo o delicato con me stesso, motivo per cui non lo sono nemmeno con voi. Tuttavia mi dispiace, e qui pecco di presunzione ancora una volta. Mi dispiaccio perché presumo ci sia tanta tristezza e solitudine dietro.

Tutti sono alla ricerca di qualcosa. La smania di volersi divertire, per esempio. Io non sono uno che si diverte. Posso stare bene, senza divertirmi. A volte penso sbagli tutto, perché così vanno le cose ormai. Mi annoio e preferisco stare da solo. Sono anacronistico, vedeste il mio appartamento! Sono vecchio, vecchissimo. E alla fine, cosa conta tutto ciò? Nulla. Che io mi stia creando uno stile di vita iper-salutare non conta nulla, che tu mangi merda fritta, non conta nulla. Niente ha alcun valore. Se la vita contasse più di quello che è, non ci ammazzeremmo. Tuttavia la vita è tutto quello che abbiamo, e per quanto sia tutto irrilevante, non possiamo che averne cura, ognuno a modo suo.

Is life worth anything at all? The rigour we wield as a shield and that we use as walking stick to hold ground, will it make us better? Will it make us stronger? What about the contemplation of the ethical choices? Physical pain frightens us because we may not be able to control it.The smell of frying oil that comes out from the new kebab shop on Warschauer Str. is a fucking punch in the stomach. Everytime I walk in front of it, I think I would love it closed just because of the unbearable stink. As all of a sudden, blurry and overlapping pieces of a bigger image come to my mind: the money you use to pay, has travelled through uncountable dirty hands, they will end up in the employee‘s hands, the one who will put your burger on the grill. Those filthy fingers end up in your nose. You make me sick. Frozen potatoes fly into old oil. Everything stinks. What‘s the gratification you feel when you‘re hungry and eat this shit? What‘s the waiting ‘til dawn for these employees? Who knows if when they get home, they think “jeez, what a shitty job!”. Since we have created a society in which we can‘t live without working, we never care enough about the quality of the job we are having. The quality of our own existence depends on it. When I used to go have a bite at night, before heading home, I always felt judged from the people who were working in the different shops. Yesterday morning, going home from work, this guy who works in a kebab shop around the corner jumped on the tram. We said hello and I thought: “I am coming from work, kein Party”. “Others”, and what they think, are a huge element of my social anxiety. From one side, I am the perfect neighbour, I barely breath, to not disturb. If I go out wearing latex, my attitude changes and I get easily irritable. This is called self-defense, baby!

I have become fanatical about a correct diet, more than for my physical health, I believe I have become one for my mental health. I may have needed to get away from all of those who like to dive in old oil. I feel pity for myself, but also for you. I am fucking presumptuous. Working in a bar, I see you fucked-up, I see you sleeping, I see you falling down, I see you crying. My reaction is always imperturbable. I have been worse than you all, I am not permissive or delicate with myself, I won‘t be with you. I feel sorry because I presume there is a lot of sadness and loneliness behind. Everybody is looking for something. The urge of having fun, for example. I am not the kind of guy who has fun. I can feel good without having fun. At times I think I am doing everything wrong, because things just go differently now. I get bored and I prefer to be by myself. I am anachronistic, you should see my apartment! I am old, really old. What‘s the meaning of all of this? There‘s none. The fact that I am creating a hyper healthy lifestyle means nothing, that you eat fried shit, it means nothing as well. Nothing matters. If life would be worth more than it actually is, we wouldn‘t kill eachother. Life is all we have, for how all of it is irrilevant, we can‘t avoid taking care of it, everybody in its own way.

https://www.youtube.com/watch?v=vwRhQpJFvkU

 

Related Articles

Back to top button