Coronavirus a Berlino, la quiete prima della tempesta? Come si sta preparando il sistema sanitario
Coronavirus a Berlino, la quiete prima della tempesta? Come si sta preparando il sistema sanitariodi Gabriella di Cagno
Il numero dei contagiati dal Coronavirus a Berlino potrebbe salire in maniera drastica nei prossimi giorni, a partire dalla prossima settimana.
Possono essere evitate le condizioni dell’Italia? Cerca di rispondere a questa domanda un articolo del Tagesspiegel risalente al 27 marzo.
Il Coronavirus è ancora assolutamente fuori controllo, i casi aumentano in maniera esponenziale. La prossima settimana sarà una prova di resistenza per ospedali, medici e personale sanitario, a Berlino e in tutta la Germania.
Il ministro federale della Sanità, Jens Spahn, ha parlato in una conferenza lo scorso giovedì di “quiete prima della tempesta”.
Tra breve si vedrà se le persone responsabili hanno impiegato sensatamente il tempo che il virus ha impiegato a diffondersi in Germania, per evitare di ritrovarsi nelle condizioni dell’Italia, della Spagna e di parte della Francia.
Il messaggio che il ministro federale della Sanità Jens ha diffuso giovedì è chiaro: per i primi attacchi il sistema sanitario è preparato. Per tutte le problematiche che si presenteranno, quelle da lungo tempo note come le nuove, c’è un sistema strutturato come pochi al mondo, dalle analisi di laboratorio fino alle postazioni in terapia intensiva.
Gli esperti che sedevano sul podio della conferenza – a dovuta distanza da lui – condividono questo ottimismo del politico della CDU. La Germania avrebbe, diversamente da quella parte d’Italia tragicamente coinvolta, un numero inferiore di casi e perciò tutto il tempo di prepararsi, ha dichiarato il relatore.
Inoltre, ci sarebbe in Germania una migliore situazione di dati disponibili: solamente nelle ultime settimane sarebbero stati testati dai 300.000 al mezzo milione di persone, come precisato da Spahn. In cifre assolute come in proporzione alla popolazione mondiale, questo sarebbe un caso unico.
Tuttavia i laboratori lavorano già al massimo delle possibilità. Nell’ambito dei medici mutuati le capacità potrebbero salire dai 250.000 attuali ai 360.000 test alla settimana, secondo il responsabile del Kassenärztliche Bundesvereinigung KBV, Andreas Gassen, e oltre a questi ci sono i laboratori delle cliniche. Casomai il problema è l’approvvigionamento limitato, a livello globale, dei materiali per effettuare i test.
Per questa ragione i test vengono effettuati solamente in modo mirato, sulle persone sintomatiche o sul personale sanitario. Spahn e Gassen invitano tutti i cittadini ad avere comprensione: “dobbiamo testare in modo mirato. Non appena sarà disponibile un test pronto affidabile, lo utilizzeremo”.
Tuttavia gli esperti restano ottimisti. La Germania ha più posti liberi in terapia intensiva di quanti non ne abbia in assoluto l’Italia, afferma Susanne Herold, responsabile di Infettivologia alla clinica universitaria di Gießen. Anche il suo reparto ha potenziato le attrezzature, soprattutto con strumenti per la respirazione artificiale. “Ho una buona sensazione, che potremo sconfiggere tutto questo”, dice la dottoressa. Ma cosa sia esattamente questo, non lo sa nessuno.
“Siamo solo al principio”, afferma il responsabile del Robert-Koch-Institut, Lothar Wiehler. “I numeri saliranno”. Lui e il suo reparto stanno subendo attacchi sgradevoli e critiche. Ma bisogna passarci sopra: “Questo non è il momento per i dilettanti, questo è il momento per i professionisti”.
Dopo l’esperienza di Cina e Italia i medici della rianimazione si aspettano che circa il 5% dei contagiati avrà bisogno di terapia intensiva e che di questi all’incirca la metà morirà. Circa il 30% del personale medico contrarrà il Coronavirus.
Per quanto riguarda la situazione attuale del Coronavirus a Berlino, al momento vengono curati in ospedale 208 contagiati, di cui 38 in terapia intensiva (fra Charité, DRK-Klinikum Westend, Sana-Klinikum Lichtenberg e Unfallkrankenhaus).
Gli ospedali che dispongono di letti in terapia intensiva sono stati organizzati su tre livelli: il livello 1 è la Charité (Lo Charité-Zentrum è composto dal Campus Mitte e dal Virchow-Klinikum), ovvero la centrale che coordina tutta la situazione dell’assistenza ai pazienti affetti da Coronavirus. Qui c’è un reparto specializzato in malattie polmonari, uno dei sintomi più pericolosi della malattia da Covid-19.
La Charité coordina lo smistamento dei pazienti nei vari livelli ed è uno snodo chiave nella gestione del Coronavirus a Berlino: chi ha bisogno di terapia intensiva viene ricoverato presso il livello 1. e gli altri malati vengono inviati nelle altre 16 strutture ospedaliere della città. A questo livello 2 appartengono, tra gli altri, l’Unfallkrankenhaus, diverse cliniche del gruppo Vivantes, il St. Joseph- e Sankt Gertrauden-Krankenhaus, l’Helios Klinikum Berlin-Buch e la Caritas Klinik Pankow.
Il livello 3 è presidiato da circa altre 20 cliniche che comunque dispongono di letti in terapia intensiva ma non destinati a pazienti ricoverati per infezione da Covid-19, bensì a malati di altre patologie che necessitano di respirazione artificiale.
I livelli sono organizzati in modo da liberare sempre ulteriori posti letto, trasferendo via via i pazienti meno gravi nei livelli inferiori.
Se il totale della capacità non fosse ancora sufficiente, in uno scenario di 4° livello, verrebbero attrezzati ulteriori locali appositamente per la terapia intensiva. Fra questi luoghi è candidata anche la struttura della Fiera (Messe Berlin).
Il personale sanitario delle varie cliniche e strutture si attiene ad alcune regole, non sempre uniformi, al fine di evitare ulteriore contagio: se il personale ha avuto contatti senza protezione con un paziente infetto, ad esempio, può continuare a lavorare solamente se munito di mascherina, almeno finché non supera il tempo della quarantena. Possibilmente evitando il contatto con pazienti in gravi condizioni.
Tutto il personale è chiamato ad osservare una prassi di autodisciplina, ovvero di tenere se stesso sotto controllo e documentare ogni insorgenza di sintomi. In caso insorgano i sintomi del virus, l’invito è a testare il proprio stato di salute tramite l’utilizzo di auto-test pronti.
Uwe Janssens, il presidente dell’unione tedesca per la medicina intensiva e d’urgenza (Deutsche Vereinigung für Intensiv- und Notfallmedizin (DIVI) ha dichiarato, in una conferenza stampa congiunta con il ministro federale della Sanità Jens Spahn, che la situazione in Germania non assumerà le proporzioni drammatiche dell’Italia o della Francia. Almeno, non è probabile.
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