Pinhdar in concerto a Berlino, tra new wave e trip hop
di Lucia Conti
Pinhdar è il nuovo progetto di Cecilia Miradoli e Max Tarenzi, ex Nomoredolls e noti anche per aver fondato il festival internazionale A Night Like This. Con i Nomoredolls, di fatto nati nel Regno Unito, Cecilia e Max hanno consolidato la loro attività live suonando spessissimo negli Stati Uniti, mentre l’esperienza del Festival li ha portati a sviluppare una notevole esperienza come manager di altri talenti.
Con l’album omonimo, uscito nel 2019 e di cui potete ascoltare qui alcuni estratti, il progetto Pinhdar esordisce con una proposta e uno stile completamente nuovi. Tra le date promozionali in arrivo, ce n’è anche una al Madame Claude di Berlino.
Intanto ve li presentiamo con questa intervista.
La vostra musica ha una matrice sicuramente elettronica. Che effetto vi fa suonare a Berlino, che sta all’electro come la birra all’Oktoberfest?
Sarà la nostra prima volta in Germania e non vediamo l’ora! Berlino è una città in continuo fermento, artistico, culturale, creativo, la vera capitale europea per l’arte. Di conseguenza, per noi che stiamo iniziando il nostro tour in Europa, dopo aver suonato a Londra, Berlino diventa la tappa più importante.
In merito alla tua domanda, non possiamo fare un confronto con l’elettronica in senso stretto perché, se è vero che nella nostra musica ce n’è molta, non ha però un ruolo di primo piano ma serve ad unire le parti “organiche”, cioè voci e chitarre, del nostro mondo musicale, che è denso di dettagli.
Prima dei Pinhdar, con i Nomoredolls, vi siete esibiti a lungo negli States, tra l’altro calcando il palco dello storico CBGB’s. Vi ha fatto effetto la sua chiusura, avvenuta nel 2006?
Con i Nomoredolls abbiamo fatto tanti tour negli Stati Uniti e suonare al CBGB’s, che era il tempio del rock a New York, è stato qualcosa di mitico. Il nostro esordio lì fu per noi una svolta, un’iniezione di fiducia per prendere coscienza di essere una vera rock band ed affrontare tutte le nostre successive esperienze in USA.
Siamo stati fortunati ad averci suonato diverse volte, l’ultima fu proprio nel 2006 in occasione di un fundraising per impedirne la chiusura, ma gli interessi in gioco erano ben più grandi e, ovviamente, non è servito.
Siete passati da sonorità marcatamente anni novanta al mondo più etereo dell’art rock e del trip hop. Come siete arrivati a questa trasformazione?
Rispetto ai Nomoredolls abbiamo sentito l’esigenza di rompere con lo schema precedente legato ai canoni del gruppo “a quattro” e poiché eravamo noi due, Max ed io, Cecilia, a scrivere i brani, la ricerca di nuove sonorità ci ha portato a fare una pausa. Ma non ci siamo fermati realmente, perché abbiamo inventato e organizzato per sei anni A Night Like This Festival, un festival internazionale di musica indipendente che nel tempo si è fatto conoscere e amare in Italia e grazie al quale abbiamo modificato totalmente il nostro modo di comporre e produrre musica.
Aver ascoltato tanta musica diversa e da tutto il mondo ci ha ispirato e ha innescato un cambiamento. Oggi siamo un duo di indie-rock elettronico con contaminazioni trip hop e new wave che ha al suo attivo un ep prodotto interamente da noi, ma stiamo lavorando al prossimo album, che speriamo rappresenterà un’ulteriore evoluzione.
Parliamo di “Toy”, il vostro ultimo singolo. Di cosa parla il testo e come è nato?
Toy parla di una relazione dove l’ossessione di uno stalker prende il sopravvento su tutto . La narrazione è sotto forma di flashback perché inizia dall’epilogo tragico della loro storia: l’assassinio come forma estrema di possesso.
L’alienazione dalla realtà che porta a considerare l’altro come un oggetto è solo una delle forme di abuso che nel videoclip vengono invece rappresentate in modo più ampio, attraverso i gesti che le persone compiono sull’attrice, immobile al centro della scena.
E che mi dite del video?
Il video è nato ispirandosi alla performance “Cut Piece” di Yoko Ono e a quelle di Marina Abramovich, ma è inserito nel contemporaneo, mette in scena l’aggressività insita in molte relazioni della nostra società ed è stato girato tutto in piano-sequenza, per amplificare l’impatto, visivo ed emotivo.
Guardando il video è impossibile non provare empatia per la performer. Perché invece la società è spesso cieca di fronte agli abusi, esattamente come le persone che nel video la ignorano?
Forse in questa società, basata sull’individualismo e l’apparenza, prevalgono l’incapacità di comprendere i sentimenti e di provare empatia. La competizione, anche fra donne, è più forte della solidarietà e dell’attenzione all’altro. Speriamo di essere riusciti a rendere l’idea di quanto la violenza, in particolare quella sulle donne, possa essere un male del nostro tempo che si manifesta in molte forme, fisiche e psicologiche, ma soprattutto attraverso l’indifferenza. Evidentemente è un messaggio forte ma appropriato per i nostri tempi, infatti “Toy“ è stato scelto per il premio ai migliori videoclip del 2019, insieme a video musicali internazionali, da Vice/Noisey.
Siete un duo artistico inossidabile da anni e questo è più unico che raro, nel circuito musicale. Facile è infatti incontrare persone compatibili, difficile e far durare i progetti. Come ci siete riusciti?
Sembrerà retorico, ma l’amore per la musica è una cosa più grande di noi che ci ha sempre tenuti in perfetta sintonia, non è mai stato un problema e poi ci conosciamo da sempre. La chiave è stata continuare a inventare nuovi progetti con energia e passione
Volete invitare i nostri lettori al concerto del 14 febbraio? Vi esibirete peraltro in una location molto carina, con le sedie sul soffitto e un ritratto di Laura Palmer all’ingresso, se c’è ancora…
Sì! Vi invitiamo a venire a conoscerci, il 14 febbraio, in un locale molto accogliente, il Madame Claude, in Lubbener Straße 19, a Kreuzberg, Berlino. Ti confermo che il ritratto di Laura Palmer c’era ancora quando ci sono passata, qualche mese fa!