La Conferenza di Berlino sulla Libia tenutasi nella giornata di ieri ha messo al centro del dibattito il disinnesco di una possibile escalation di violenza. Altri punti fondamentali emersi sono stati la necessità di ottenere un durevole cessate-il-fuoco e di arrivare a uno stabile assetto politico con un “governo libico unico e unito”, la gestione condivisa dei proventi ricavati dagli idrocarburi e il rispetto dell’embargo delle armi disposto dalla risoluzione Onu 1970/2011: chi non si atterrà a tale obbligo si vedrà imporre alcune sanzioni.
“Tutti sono d’accordo sul fatto di rispettare l’embargo con maggiori controlli rispetto al passato” ha chiosato a questo proposito la cancelliera Angela Merkel, ribadendo l’impegno di tutti i Paesi coinvolti nel conclusivo incontro con la stampa.
Per capire come questi obiettivi siano stati avvicinati programmaticamente bisogna invece consultare il documento finale, diviso in sei capitoli e 55 punti, e sul quale i partecipanti alla conferenza, sedici Paesi e organizzazioni, internazionali, si sono confrontati in circa quattro ore di colloqui. Sono riusciti a dialogare anche Turchia e Russia, di fatto schierate su fronti opposti (il presidente turco Erdogan supporta Serraj mentre il governo russo Haftar e questo sicuramente è un successo della componente diplomatica coinvolta.
“We are here today to create an enabling international environment for Libyans themselves to come together to find solutions.” — @antonioguterres at international conference on Libya. https://t.co/ynLgasTXH4 pic.twitter.com/wIRgAGeK2L
— United Nations (@UN) January 19, 2020
Il fallimento del tentativo di mediazione effettuato a Mosca una settimana fa ha inoltre prodotto una nuova riflessione sull’obiettivo del cessate il fuoco, sfociata nella soluzion di una commissione militare di monitoraggio composta da cinque membri nominati da Haftar e cinque da Al Sarraj.
“Non abbiamo risolto tutti i problemi” ha aggiunto sempre Angela Merkel “ma abbiamo creato lo spirito, la base per procedere sul percorso Onu definito da Ghassem Salamé” (inviato in Libia dalle Nazioni Unite). Lo stesso generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha dichiarato che tutti i Paesi coinvolti nella gestione della crisi libica si sono “pienamente impegnati” per una risoluzione pacifica.
L’Italia crede nella forza della diplomazia e della politica, e ritiene inaccettabile la soluzione militare. Tutti dobbiamo condividere questo obiettivo a #Berlino #BerlinConference
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) January 19, 2020
Si ritiene soddisfatto anche Giuseppe Conte, affiancato dal ministro degli esteri Luigi Di Maio. “L’Italia è assolutamente disponibile a essere in prima fila per quanto riguarda una missione di monitoraggio della pace. Ovviamente dovremo passare per il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite, e poi potremo definire anche questo impegno” ha ribadito il presidente del consiglio italiano.
“La conferenza di Berlino ha raggiunto i risultati che si era data. Non sono stati risolti tutti i problemi, ma è stato compiuto il passo in avanti che aspettavamo. Bisogna comunque essere cauti e continuare a lavorare ogni giorno” ha rilanciato su Facebook Luigi Di Maio.
Intanto, proprio durante i lavori della conferenza di Berlino, alla periferia di Tripoli non si fermavano le truppe di Khalifa Haftar. A questo proposito e a proposito del fatto che entrambi gli attori principali del conflitto, il premier Fayez al-Sarraj e il generale Haftar, fossero assenti alla conferenza, Conte ha precisato che sono comunque stati costantemente aggiornati. “Confidiamo nel loro impegno per il rispetto del cessate il fuoco”, ha concluso il presidente del consiglio italiano.