Berlino, patria del mondo: Julius, il ragazzo russo innamorato di Italo Calvino
di Lucia Conti
Italo Calvino mon amour. Ho conosciuto Julius Zukowski per via di un suo progetto universitario, svolto insieme a una sua collega del corso Italienstudien della Freie Universität di Berlino. Il suo progetto lo ha portato a intervistarmi e in seguito abbiamo chiacchierato un po’ e ho scoperto che era russo, emigrato a Berlino, divorziato dalla Linke, antifascista e innamorato di Italo Calvino. Ed è stato in particolare questo suo profondo amore per uno dei nostri maggiori autori italiani che mi ha spinto a contro-intervistarlo, d’impulso.
Allora Julius, sei russo, vivi a Berlino e hai un’ossessione per Italo Calvino. Mi racconti?
Ho scoperto Calvino quattro anni fa, durante il mio corso di letteratura, e ho capito che tutto quello che lui scrive corrisponde non solo ai miei pensieri, ma anche alla mia analisi della società e del mondo. In particolare mi ha affascinato il fatto che lui fosse inizialmente comunista e attivo all’interno del partito, ma in seguito abbia dimostrato di essere un uomo di principi, incapace di restare in un partito stalinista, che aveva tradito le sue stesse premesse e promesse.
Lo stesso è successo a me, sono stato per dieci anni nella Linke, ho anche lavorato per tre deputati del Bundestag e sono stato portavoce dei giovani di sinistra qui in Germania, ma dopo un certo tempo ho realizzato che il partito non andava in una direzione utile per la sinistra tedesca e non mi rappresentava davvero e così l’ho lasciato.
Non li stai accusando di stalinismo, però…
No, di opportunismo!
Dove sei cresciuto?
Sono cresciuto a Tashkent, in Uzbekistan, lì ho vissuto fino a dieci anni, dopodiché la mia famiglia è tornata in Germania perché mio nonno era tedesco del Volga. Per dieci anni sono stato a Friburgo e alla fine mi sono spostato a Berlino.
Cosa ricordi dell’Uzbekistan? Com’è stata la tua infanzia?
Sono nato nel 1991 e dunque sono stato uno dei primi bambini a nascere dopo la caduta dell’Unione Sovietica. La crisi economica era ovunque, i miei erano entrambi fisici, ma eravamo comunque in difficoltà, non c’erano soldi.
Com’è stata invece la vita a Friburgo, quando vi siete trasferiti in Germania dall’Uzbekistan?
Difficile. Intanto era difficile capire come funzionava la lingua, ma è stato difficile anche capire come funzionassero i tedeschi…
In che senso?
Per esempio, quando sono arrivato credevo che litigassero tutto il tempo, perché la lingua mi sembrava così dura! E poi ho sperimentato il razzismo. Anche se sono bianco e biondo, a quel tempo il razzismo contro i russi si poteva percepire chiaramente.
E a Berlino ti sei spostato per i tuoi studi?
Per studiare, per lavorare, ma anche per vivere in un contesto più aperto e culturalmente stimolante, che ha pienamente soddisfatto le mie aspettative.
E perché l’Italia? Come ti è venuto in mente di conoscere e studiare meglio la nostra cultura?
Quando ero piccolo, molti dei miei libri di infanzia erano proprio italiani… penso a Gianni Rodari, ad esempio. Mia nonna inoltre amava l’opera italiana e Verdi in particolare e io sono cresciuto con la vostra lingua nelle orecchie. A Friburgo c’era la possibilità di studiare l’italiano a scuola e ho deciso di avvalermene e in seguito ho deciso di seguire il corso Italienstudien, alla Freie Universität, l’unico in tutta la Germania che consente di studiare lingua, arte, storia e letteratura italiana.
E degli italiani che pensi? Com’è stato passare da Verdi, Rodari e Calvino agli italiani in generale e agli italiani a Berlino in particolare?
Molto difficile questa domanda. Ovviamente ho conosciuto moltissimi tipi di italiani, sia quelli aperti e molto ospitali che quelli non troppo piacevoli… anche fascisti, ad esempio.
E questo in Germania oppure in Italia?
Soprattutto in Italia e in particolare intorno a Firenze, dove mi è capitato di trovarmi. Ma non è un discorso nazionale, viviamo purtroppo in un tempo in cui il fascismo sta tornando anche in Germania e in Europa. Abbiamo però un vantaggio, adesso: possiamo combatterlo insieme, tutti insieme.
Visto che la letteratura per te sembra essere un faro morale e politico, citami tre libri indispensabili per combattere il fascismo
Il primo è indubbiamente “Il sentiero dei nidi di ragno”, di Italo Calvino. Per capire il secondo dopoguerra italiano si deve leggere Calvino. Poi “La nausea”, di Jean-Paul Sartre. Si deve leggere, perché è un classico e perché ti fa capire quale sia il tuo posto nel mondo. Il terzo libro è “La peste” di Camus, che ti spiega esattamente come ha funzionato il fascismo, vale a dire come una catastrofe. Mi viene però in mente che anche “Il Decamerone” di Boccaccio si può leggere, oggi, con una sensibilità nuova… legandolo all’attuale catastrofe ecologica, per esempio. Potrebbe essere una lettura interessante.
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