Gabriella Di Cagno
Per la terza volta un cancelliere tedesco si reca in visita ufficiale all’ex-campo di concentramento nazista di Auschwitz. Dopo Helmut Schmidt (1977) ed Helmut Kohl (1989), anche Angela Merkel oltrepassa il cancello con la scritta “Arbeit macht frei” per rendere omaggio alle vittime dell’Olocausto che costò la vita, nel solo campo “Auschwitz 1”, a circa 70.000 deportati (ben oltre un milione nel complesso Auschwitz-Birkenau).
La prima visita ufficiale della cancelliera si è svolta in occasione del decennale della Fondazione Auschwitz-Birkenau; lo stesso direttore della fondazione, Piotr Cywinski, ha accompagnato la Merkel insieme alla delegazione polacca, guidata dal premier Mateusz Morawiecki.
Angela Merkel era vestita di nero, ha deposto una corona di fiori con i colori nazionali tedeschi davanti al “Muro della morte” ed ha osservato il canonico minuto di raccoglimento.
Poi ha tenuto un discorso toccante e particolarmente significativo: “Per me è importante ribadire chiaramente che noi tedeschi siamo colpevoli di questo”, ha affermato la cancelliera, come gli spettatori hanno potuto ascoltare durante il Tagesschau delle 20:00 del 6 dicembre. E inoltre: “Provo una vergogna profonda”.
La Merkel ha anche ascoltato la testimonianza di alcuni sopravvissuti, fra i quali un signore polacco oggi ultraottantenne, il quale ha raccontato che, ancora bambino, al suo arrivo al Lager chiese ai prigionieri che erano già là da tempo quando sarebbero stati tutti lasciati liberi. E gli venne indicata la canna fumaria del forno crematorio. Lui sul momento non ci aveva creduto.
Per noi italiani è inevitabile pensare alla vicenda della senatrice Liliana Segre, che al campo di concentramento di Auschwitz arrivò tra il gennaio e il febbraio 1944, partendo dal tristemente noto binario 21 della stazione ferroviaria di Milano Centrale.
Una vicenda che ci unisce al popolo tedesco in una delle pagine più truci della Storia e che deve unirci oggi nel dovere morale e politico della testimonianza e della lotta al rigurgito nazista e fascista e ai tentativi di negazionismo o di ridimensionamento, come la stessa Merkel sembra indicare, citando le parole di un altro celebre sopravvissuto ad Auschwitz, Primo Levi: “È vero ciò che scrisse: ‘È successo. Dunque può succedere di nuovo’. Per questo non dobbiamo chiudere gli occhi e le orecchie, se le persone vengono insultate, umiliate o marginalizzate. Dobbiamo contrastare chi alimenta odio e pregiudizi contro persone di altre religioni, o di altre provenienze”. E ancor più chiaramente: “In Germania tutte le persone dovrebbero sentirsi sicure e a casa”.
Parole come chiaro monito rivolto al populismo e al sovranismo dilaganti in Europa.
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