di Lucia Conti
Asia Bibi (nata Aasiya Noreen) è una donna pachistana di fede cristiana coinvolta in una caso giudiziario che ha recentemente raggiunto fama internazionale. Nel giugno del 2009 è stata infatti accusata di blasfemia, e nello specifico di aver mancato di rispetto al profeta Muhammad, da alcune colleghe di lavoro. Per questo è stata imprigionata, processata e condannata a morte per impiccagione.
La sentenza è stata impugnata di fronte all’alta corte di Lahore e il caso ha cominciato ad avere risonanza mondiale, ma anche ad infiammare l’animo dei fondamentalisti islamici.
Il ministro Shahbaz e il governatore del Punjab Salmaan Taseer sono infatti stati assassinati per aver sostenuto la causa di Asia, mentre i familiari della donna hanno subito diverse minacce di morte e vivono attualmente nel terrore di essere aggrediti.
Nel 2018 è arrivata la sentenza, che ha prosciolto l’imputata, ma le violentissime proteste che si sono susseguite hanno forzato la mano al governo, che ha siglato un accordo con il partito islamista Tehreek-e-Labbaik e impedito ad Asia Bibi di lasciare il Paese.
Questo epilogo è stato visto da molti come un capitolare del governo pachistano di fronte ai fondamentalisti, perché al momento la vita della donna è oggettivamente in pericolo e perché numerosi sono stati gli attacchi alle abitazioni dei suoi familiari.
Diversi governi occidentali stanno lavorando per tentare di aiutare la donna a lasciare il Pakistan, ma al momento la situazione è drammaticamente bloccata. L’avvocato di Asia, Saif-il-Mulook, ha dichiarato al quotidiano tedesco Bild am Sontag che Asia sarebbe felice se potesse arrivare in Germania, insieme alla sua famiglia.
Ne abbiamo parlato con Whajat Abbas Kazmi, attivista pachistano per i diritti umani, che molto si è speso per far conoscere questa storia e che per questo ha scritto anche un libro: “Asia Bibi: La tragedia di una donna cristiana vista attraverso gli occhi di un musulmano”, disponibile esclusivamente su Amazon.
Wajahat, partiamo proprio dalle dichiarazioni dell’avvocato di Asia, Saif-ilMulook. Esiste secondo te la possibilità che Asia possa arrivare in Germania? E quali meccanismi dovrebbero mettersi in moto?
Sì, la possibilità teorica che Asia Bibi possa arrivare in Germania esiste, come sostenuto espressamente dal suo avvocato, che infatti ha detto: “Se la cancelliera tedesca consentisse il rilascio di un passaporto ad Asia Bibi, a suo marito e alle sue due figlie, conferendo loro la nazionalità tedesca, nessuno potrebbe più tenerli bloccati in Pakistan, perché anche legalmente non sarebbero più pachistani”.
Fino ad ora, però, nessuno dei politici tedeschi ha commentato questa proposta. Sono passate settimane dalla conferenza stampa del legale di Asia Bibi, ma le autorità tedesche non hanno rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale o espresso la volontà di darle asilo.
Quali Paesi stanno lavorando per aiutare Asia e quali invece le stanno sbarrando la porta?
Il Regno Unito è uno dei Paesi che hanno apertamente rifiutato di accogliere Asia Bibi, Theresa May, infatti, ha negato l’asilo ed è stata per questo molto criticata.
Altri Paesi si sono invece dichiarati teoricamente disponibili ad aiutarla, ma finora non c’è stato niente di concreto. La vita di Asia è in pericolo, bisognava farla uscire dal Pakistan nel giro di poche ore, subito dopo la sentenza di assoluzione da parte della Corte Suprema, ma ormai è passato più di un mese e personalmente non vedo molta serietà nei Paesi che dichiarano di essere al lavoro sulla possibilità di farla uscire dal Pakistan.
Come giudichi l’operato del governo pachistano, in merito a questa vicenda?
Il governo ha assunto una posizione molto forte, ha rischiato, ma ha difeso il verdetto della Corte Suprema. Il presunto accordo del governo con il partito islamista Tehreek-e-Labbaik, che ha guidato le proteste contro la Corte Suprema per l’assoluzione di Asia Bibi, è stato in realtà di mera facciata. Il leader del partito, infatti, al momento è in prigione, accusato di terrorismo, e anche molti dei suoi sostenitori sono stati arrestati subito dopo le proteste. Al momento, più di 1800 persone del partito Tehreek-e-Labbaik sono in carcere.
Quanti sono i partiti fondamentalisti, in Pakistan, e come e quanto sono influenti? E ci sono delle forme di opposizione civile al fondamentalismo?
Jamiat Ulema-e-Islam e Jamaat-e-Islami sono due partiti fondamentalisti molto conosciuti in Pakistan, mentre invece il partito Tehreek-e-Labbaik, fondato nel 2015 dal Khadim Hussain Rizvi, che attualmente è in carcere, come ho appena menzionato, è un partito nato da pochissimo. Questi partiti hanno influenza solo nelle zone rurali, dove la maggior parte delle persone non è istruita. Il PPP (Pakistan People Party) è l’unico partito di opposizione al fondamentalismo ed è attualmente guidato da Bilawal Bhutto. I due politici che sono stati assassinati perché supportavano Asia Bibi facevano parte di questo partito.
L’assoluzione di Asia Bibi prova che gli organi giudiziari hanno comunque una certa indipendenza, in Pakistan. Qual è il tuo giudizio a riguardo?
In questi anni il sistema giudiziario è molto forte e indipendente, in Pakistan. Vi faccio un esempio recente: persino il premier pachistano Nawaz Sharif, accusato di corruzione, è stato condannato alla detenzione dalla Corte Suprema.
Ci sono molti processi di blasfemia nel tuo Paese?
Sì ci sono molti processi di blasfemia in Pakistan e centinaia di persone attendono che venga fatta giustizia. Ma queste persone non hanno ricevuto attenzione dal resto del mondo, come è successo, invece, per la causa di Asia Bibi.
Vivi in Italia ormai da tempo. In questi nove anni qual è stata la reazione dei pachistani all’estero riguardo al caso Asia Bibi? E quale quella degli italiani?
Da parte degli italiani ho visto soprattutto sostegno, verso Asia Bibi. Diverse invece sono state le reazioni dei pachistani che vivono all’estero: tanti non sono consapevoli di questa vicenda, quelli che invece l’hanno seguita sono a favore o contro la donna, ma non li ho mai visti dibatterne apertamente.
Nel mio nuovo libro, “Asia Bibi: tragedia di una donna cristiana vista attraverso gli occhi di un musulmano”, ho cercato di rispondere a tante domande che il mondo occidentale ha posto ai musulmani, e soprattutto ai pachistani, sulla vicenda di Asia.
Ho spiegato quale sia la posizione dei musulmani pachistani che vivono in patria e quale invece l’atteggiamento dei pachistani all’estero e ho parlato dei cristiani, ma anche degli stessi musulmani, che in Pakistan sono accusati di blasfemia. Ho spiegato con abbondanza di dettaglia l’intera vicenda e questo libro, credo, aiuterà a capire dove sta davvero il problema.
Come possono i nostri lettori supportare Asia Bibi e la campagna che hai lanciato per sensibilizzare l’opinione pubblica?
Invito i lettori a sostenere il nuovo hashtag #LibertàPerAsia, usando il potere dei social media e chiedendo ai propri Stati di aiutare Asia Bibi ad uscire dal Pakistan prima possibile. La sua vita ancora è in pericolo.