Kreuzberg ferma Google: no al Campus per startup
È ufficiale, dopo due anni e mezzo di trattative, Google ha rinunciato ad aprire un campus per startup nel quartiere di Kreuzberg. Sin dall’inizio l’idea del Google campus, che avrebbe dovuto sorgere all’interno di una vecchia centrale elettrica, aveva generato controversie legate al problema della gentrificazione.
Gran parte della “rossa” Kreuzberg, infatti, confermando la sua natura di distretto multietnico pieno di artisti, realtà culturali alternative e circoli di sinistra, si è opposta sin dall’inizio all’operazione. Questo sia per timore di vedere il distretto completamente snaturato, sia per evitare l’inevitabile innalzamento dei prezzi e del costo della vita, con conseguente “esodo” delle persone e delle famiglie meno abbienti.
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Tutti coloro che si sono opposti al progetto sostengono che le startup, a Berlino, abbiano già moltissimo spazio per potersi sviluppare e crescere, e che almeno a Kreuzberg sia necessario supportare politiche sociali e associazioni no profit. È un tema, quello della gentrificazione e delle sue conseguenze economiche e sociali, da sempre dibattuto a Berlino, ma che a Kreuzberg assume sfumature decisamente più radicali.
Tutto queso e molto altro è stato riportato anche dall’AGI e dalla Berliner Zeitung.
Nei giorni scorsi Google ha consegnato le chiavi dell’edificio, in cui adesso, al posto del campus, troverà spazio una “Casa per l’impegno sociale” gestita da Betterplace, piattaforma digitale per la raccolta fondi di beneficienza, e da Karuna, associazione che tutela i bambini e gli adolescenti bisognosi.
Non sono mancate ovviamente le polemiche e se su un muro di Paul-Linke-Ufer, poco distante dall’ex centrale, si legge “Kreuzberg non si è piegata“, frase simbolo di una filosofia che da sempre caratterizza il distretto, dall’altra alcuni membri di Fdp e Cdu hanno animatamente espresso una posizione contraria.
Sia Sebastian Czaja, capogruppo dei liberali, che Christan Graeff, portavoce per gli affari economici dei cristiano-democratici, parlano infatti di “disastro” e sostengono che l’episodio abbia macchiato la reputazione di Berlino e impedito un cambiamento che avrebbe portato un notevole progresso, economico e non, all’interno della capitale tedesca.
Soddisfatti invece i Verdi, che, come espresso da Ramona Pop, responsabile del Senato berlinese per la programmazione economica, vedono nelle politiche ambientali e nell’economia no profit un mezzo per raggiungere quella sostenibilità che dà vero senso a ogni progresso.
Il colosso statunitense ha infine, per convinzione o per buona politica, assunto un atteggiamento diplomatico e ha dichiarato di voler contribuire attivamente allo sviluppo sociale del distretto.
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