Unconventional Berlin Diary: chi ha paura del Friedhofpark?

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Friedhofpark

La prima volta che ho visto il Friedhofpark di Pappelallee mi ha messo a disagio, lo ammetto. È un cimitero, ma non ne ha l’aria, nel senso che è anche un parco in cui giocano i bambini, con tanto di Spielplatz annesso. Diverse tombe sono distribuite in modo casuale sul terreno erboso, cosparso di rametti spezzati, una tomba più illustre è vegliata da un angelo di pietra e circondata da fiori meno comuni, mentre un guardiano dai modi non proprio gentili vigila sulle aiuole e rimprovera i bambini che cercano di scavalcarle.

Che ci sia il sole, la neve o la pioggia, il Friedhofpark di Pappelallee è sempre bellissimo.

Per un italiano medio un colpo d’occhio del genere sarebbe abbastanza inaccettabile. Le nostre tombe non sono qualcosa da assimilare al paesaggio o alla città e secoli di arte funeraria imperniata sul memento mori non hanno aiutato.

I nostri cimiteri sono infatti silenziosi e isolati, destinati a indurre reazioni emotive che oscillano tra la malinconia, una sorta di rispettoso timore o forme di irritazione che a volte sconfinano nel terrore superstizioso.

Ed è questo che spesso siamo: superstiziosi.

Rifiutiamo le cose che fanno parte di noi ma non ci piacciono, forgiamo totem dalle nostre paure e ci prostriamo davanti ai simboli che abbiamo creato (ogni riferimento a Bergman e al film “Il settimo sigillo” è fortemente voluto), ridiamo di tutto, anche quando non abbiamo voglia di ridere, e siamo spaventati da luoghi, esperienze ed emozioni definitive.

Per questo dovremmo visitare il Friedhofpark.

Bambini di tutte le età corrono tra le lapidi, le toccano, ci si arrampicano, uccelli di ogni dimensione beccano del cibo da sacchetti premurosamente appesi agli alberi e chi ha concluso la sua vita da tempo torna al cosmo ogni secondo in un luogo in cui le altalene dondolano, i palloni rimbalzano con lo schiocco sordo che producono da sempre e i bambini giocano felici, ignari della vita, della morte, del tempo e della storia.

Non è male.


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Machete

Machete vive a Berlino dal 2013.

Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.

A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.

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