Il 7 giugno panel di eccellenze in Ambasciata per la Giornata della Ricerca Italiana nel Mondo
di Lucia Conti
Il 7 giugno si terrà la Giornata della Ricerca Italiana nel Mondo, lanciata nel 2018 dal MIUR, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero della Salute.
Nel suo primo anno di vita, l’iniziativa ha già prodotto 81 eventi organizzati dalle ambasciate e dai consolati in tutto il mondo, allo scopo di valorizzare l’alta qualità della ricerca italiana in ambito mondiale.
Anche Berlino farà la sua parte e il 7 giugno coinvolgerà alcune figure di spicco della ricerca e della tecnologia applicata.
In questa occasione avrà luogo un interessantissimo panel, nell’ambito del quale interverranno il Dr. Matteo Pardo, addetto scientifico dell’Ambasciata, il Prof. Luigi Nicotera, CEO e Direttore Scientifico del German Center for Neurodegenerative Disease – (DZNE), e il Prof. Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).
Abbiamo incontrato il Dr. Matteo Pardo, che ci ha parlato dell’importanza di questo evento.
Trovate qui tutte le informazioni per partecipare all’evento. La scadenza per registrarsi è stata posticipata al 3 giugno.
Pochi sanno che l’Italia esprime, nel mondo, un altissimo livello qualitativo per quanto riguarda la ricerca. Possiamo fornire qualche esempio e qualche dato ai nostri lettori?
La quantificazione della qualità della ricerca può essere effettuata in diversi modi, con diversi risultati. Un certo tuning non è quindi inusuale. Cito quindi dati di una fonte terza, britannica, l’”International Comparative Performance of the UK Research Base 2016″, uscito nello scorso autunno, che analizza dati sino al 2014. Questo studio usa il “Field-weighted citation impact”, un indicatore che raffronta le citazioni di un articolo scientifico con il livello di citazioni medio per articolo dello stesso tipo, dello stesso settore, pubblicati nello stesso anno.
E come si colloca l’Italia in base ai risultati di questo studio?
Ebbene, l’Italia è seconda fra i grandi paesi, dietro a UK, ma con un trend che dovrebbe portare presto ad un sorpasso. I nostri articoli ricevono circa il 55% di citazioni in più della media mondiale, mentre ad esempio quelli tedeschi ricevono il 45% in più della media. Siamo particolarmente forti in ingegneria, dove però pubblichiamo relativamente poco. Un altro indicatore è quello dei brevetti (numero, non qualità), che dà conto dei risultati della ricerca applicata. In questo siamo invece agli ultimi posti dei grandi Paesi.
Quanto è importante supportare il talento italiano in questo settore e in che modo possiamo sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul punto?
Supportare, nel senso di finanziare maggiormente la ricerca scientifica, è ovviamente molto importante. Noi siamo fermi a circa l’1,3% del PIL investito in ricerca, contro il 3% della Germania. In termini assoluti circa 20 miliardi contro 80 miliardi. Difficile competere.
Perché finanziare la ricerca appare così difficile?
Il problema è almeno duplice. Intanto i vantaggi degli investimenti in ricerca sono difficili da quantificare e spesso a medio-lungo termine, c’è sempre qualcosa di più urgente da finanziare, che porta più consenso nel breve.
Inoltre temi scientifici, ma anche tecnologici, vengono trattati poco e spesso superficialmente dai media. Che ne sia la conseguenza o la causa, purtroppo pochi si interessano di ricerca, o di scienza in generale.
Non di rado si sente dire, anche da persone di buona cultura: “non ci capisco niente di matematica o di fisica”, come una sorta di spiritoso vanto, mentre, naturalmente, sbagliare un congiuntivo è da ignoranti!
Non ci sono soluzioni semplici o rapide, trattandosi della necessità cambiamenti culturali. Intanto si possono fare dei piccoli passi, aumentando l’attenzione per il tema: le istituzioni preposte con eventi come quello del 7 giugno, e i media, a partire da il Mitte, parlandone e approfondendo.
Possiamo dire qualcosa in più sui panelist che ospiterete il 7 giugno?
Il Prof. Nicotera è uno dei massimi esperti mondiali sulle malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, che sono in continuo aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione. Dal 2009 è a capo del German Center for Neurodegenerative Diseases, uno dei 18 centri Helmholtz (Helmholtz è il maggior ente di ricerca federale, con un budget di 4,5 miliardi, cioè 3-4 volte il bilancio del CNR).
A proposito della qualità dei ricercatori italiani: 2 dei 18 centri Helmholtz sono diretti da stranieri (non tedeschi) ed entrambi sono italiani: oltre a Nicotera, il Prof. Giubellino al centro di fisica nucleare di Darmstadt.
Dopo una laurea in medicina a Pavia, Nicotera ha svolto tutta la sua carriera all’estero, Svezia, Germania, UK, di nuovo Germania al DZNE, sempre rimanendo in contatto scientifico con l’Italia e con la sua Calabria in particolare.
Il Prof. Cingolani è un fisico, esperto in nanotecnologie e scienza dei materiali. Come molti scienziati, ha compiuto periodi all’estero, in Giappone, USA e tre anni al Max Planck Institut für Festkörperforschung di Stoccarda, sotto la direzione del premio Nobel per la fisica professor Klaus von Klitzing. Dalla sua fondazione nel 2005 è direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, uno dei principali centri per la robotica e la scienza dei materiali.
Cingolani è stato inoltre l’ispiratore dello Human Technopole, il centro di ricerca avanzata sul genoma in costruzione nel sito Expo di Milano.
Definirebbe la Germania un Paese in cui i ricercatori italiani possono trovare sbocchi interessanti e utili al loro lavoro?
Mi sembra proprio di sì, per il semplice fatto che la formazione italiana è ancora di ottimo livello e la Germania, investendo molto più di noi, offre molti posti di lavoro e la possibilità di giungere all’indipendenza accademica, cioè avere fondi propri con cui formare un proprio gruppo di ricerca, in età relativamente giovane.
I ricercatori italiani, come esporrò in un breve intervento il 7 giugno, costituiscono già da qualche anno la maggioranza relativa di ricercatori non tedeschi in Germania, tendenza crescente. Per le posizioni a tempo indeterminato le cose si complicano anche in Germania, ma il sistema sta lentamente cambiando.