“Donne: le preferisco a prescindere”. Intervista al fotografo Oskar Cecere
di Lucia Conti
Oskar Cecere è un affermato fotografo di moda italiano. Ha lavorato per N.21, Rochas, Ermenegildo Zegna, Trussardi, Marco De Vincenzo, Borbonese, Bikkembergs e molti altri, inclusa Jil Sander, stilista minimalista tedesca.
Ha ritratto modelle famose come Eva Riccobono, ma anche personaggi del cinema, della tv e dello sport. Hanno posato per lui, tra gli altri, Margherita Buy, Isabella Ferrari, Raoul Bova e Marcello Lippi. Ha uno stile particolarissimo, influenzato da un immaginario pieno di riferimenti cinematografici, letterari e musicali. Ha lavorato anche a Berlino e ci ha regalato questa intervista.
Ciao Oskar, mi dicono che hai lavorato con piacere a Berlino. Per chi hai scattato?
Ho lavorato per un brand newyorkese la cui designer è tedesca. Abbiamo scelto di scattare in studio a Berlino per motivi logistici. Farci volare tutti a Ny sarebbe stato un filo più dispendioso…
Ci eri già stato? Cosa significa per te questa città e la sua estetica ha in qualche modo influenzato i tuoi scatti?
In realtà è stata la mia prima volta a Berlino, sebbene sia sempre stato attratto dalla storia di questa città. Ho passato la giovinezza ad ascoltare Kurt Weill e Brecht, a leggere autori tedeschi come Günter Grass e Heinrich Böll, ad ascoltare Nick Cave and the Bad Seeds e a guardare ossessivamente i film di Rainer Werner Fassbinder.
Eppure, per un motivo o l’altro, non ero mai venuto a Berlino prima d’ora. C’è qualcosa di irresistibile nella storia di questa città. Ho riguardato recentemente un documentario sul Muro e ancora oggi stento a credere che qualcosa di così assurdo possa essere accaduto davvero. Il dolore inimmaginabile che ha attraversato questa città l’ha in qualche modo trasfusa di una particolare magia, che evidentemente ha attirato e continua ad attirare artisti da tutto il mondo.
Sei un affermato fotografo di moda e con un’attenzione particolare rivolta alle donne. Cosa rappresentano per te?
Ho sempre trovato le donne più interessanti degli uomini. Sono meno noiose. Nel bene e nel male. Non voglio dire di preferirle in quanto migliori, perché non penso affatto che questo sia legato al sesso a cui si appartiene. Le preferisco a prescindere. Che siano bellissime o mostruose, buone o cattive, reali o inventate, geniali o idiote. C’è qualcosa nelle donne che mi attrae in modo inspiegabile.
Hai fotografato anche molte celebrità estranee al mondo della moda. Come hanno interagito con il tuo obiettivo? Ci regali qualche aneddoto?
Quando fotografo una modella ho una pagina bianca di fronte a me, sui cui posso scrivere la storia che voglio. Con i personaggi famosi è diverso. Hanno un’idea precisa di come vogliono apparire e non puoi fare ciò che vuoi, a meno che non si crei un rapporto di confidenza e stima, se si ha l’occasione di fotografarle più volte. Con Isabella Ferrari, per esempio, è stato amore a prima vista, si è lasciata guidare con grande sicurezza, senza temere minimamente di perdere il controllo. Ma non è sempre così, un’altra attrice si chiuse in bagno a piangere per quaranta minuti. Evidentemente era terrorizzata, la convincemmo a uscire e a riprendere lo shooting solo offrendole della vodka.
In generale bisogna sempre entrare in sintonia con il loro ego e le loro insicurezze, è una sfida molto eccitante, ma non è sempre facilissimo. Un giorno il mio agente di Londra mi chiamò e mi organizzò una chiamata Skype con un’artista della Sony che voleva essere fotografata da me, una certa Paloma Faith, io non l’avevo mai sentita. Quando mi chiamò, aprii Skype e la vidi, non esattamente il mio genere di donna, quindi mi misi appassionatamente a darle qualche suggerimento sul look, visto che trovavo avesse una certa propensione all’esagerazione. Le dissi letteralmente che con l’età bisognava diventare una versione più essenziale di se stessi e che quindi io avrei smorzato un po’ tutti quei colori. Lei mi guardò esterrefatta e chiuse immediatamente la chiamata. Ovviamente non presi mai quel lavoro.
Hai gusti letterari e cinematografici notevoli. Quanto hanno influito sul tuo modo di lavorare e sul tuo senso del bello?
Immagino siano stati indispensabili. Senza dubbio crescere guardando Bergman, Antonioni, Fassbinder, Fellini, Visconti, Hitchcock eccetera nella provincia assopita del Molise, ha influenzato molto il mio gusto. In un tempo in cui ogni opera d’arte poteva essere approfondita, riletta e metabolizzata senza che una minaccia alla concentrazione come internet incombesse costantemente.
Com’è cambiato negli anni il tuo modo di essere creativo?
Sono diventato più esigente. Diciamo che sono un cuoco che pretende i migliori ingredienti per le sue ricette.
Ti sei fatto strada in un circuito non facile da conquistare e in un Paese in cui non è facile vivere. Come hai attraversato questi anni?
Accompagnato dal mio amore per quello che faccio, che ha reso ogni ostacolo un dettaglio trascurabile rispetto a quello che realizzare una bella foto mi ha sempre dato.