Green economy e circolarità delle imprese: la strada è ancora lunga – Intervista a Katharina Reuter

Katharina Reuter Unternehmens Gruen
Katharina Reuter

di Angela Fiore

Un recente Meetup ha riunito a Berlino startupper, studenti, imprenditori e professionisti di ogni, accomunati dal desiderio di discutere di innovazione sostenibile. In quell’occasione abbiamo avuto il piacere di intervistare la d.ssa Katharina Reuter, direttore dell’associazione federale tedesca per la green economy. Fondata nel 1992, questa associazione apolitica e no-profit di imprenditori si impegna per la difesa dell’ambiente e per la creazione di un’economia e di un’imprenditorialità sostenibile. Una delle loro campagne principali al momento è incentrata sull’economia circolare – ovvero l’idea di un sistema economico in grado di autosostenersi e rigenerarsi senza sprecare nuove risorse.

Nel suo discorso di apertura dell’evento Start Smart, Start Sustainable, ha parlato di “Controllo di Circolarità”. Di che cosa si tratta e a cosa serve?

Il Controllo di Circolarità sarà lanciato dalla nostra associazione europea, Ecopreneur, questa primavera. La loro piattaforma è stata fra i pionieri delle imprese circolari. Spesso, parlando con i politici che fanno parte della Commissione Europea, si è posta la questione di cosa sia davvero una compagnia circolare e con quali criteri si possa determinare tale circolarità. È per questo che abbiamo sviluppato quello che oggi chiamiamo “Circularity Check”.

Perché un’impresa dovrebbe ambire a essere circolare? Quali sono i vantaggi del rispettare i criteri da voi individuati?

Ce ne sono diversi. Per esempio, la commissione europea creerà dei programmi di supporto per le imprese circolari, così da incentivare gli imprenditori ad adeguare le proprie aziende e mettere in atto i cambiamenti necessari in quella direzione.

Quali sono le principali caratteristiche che un’azienda deve avere per essere “circolare”?

Il nostro Controllo di Circolarità, che è basato sullo specifico prodotto o servizio, valuta una pluralità di criteri per stabilire che un’impresa raggiunga un livello di circolarità in ogni ambito della sua attività.
La circolarità del design, per esempio, deve includere tutta la filiera, dalla ricerca dei materiali alla manifattura al packaging. Ogni prodotto deve essere pensato per un uso ottimale e orientato al riuso e se possibile al riciclaggio. Il design deve anche lavorare sul comfort e sulla funzionalità di ogni elemento e la durata complessiva del prodotto.
Il packaging, inoltre, deve essere progettato per ridurre al minimo gli sprechi e il prodotto o servizio stesso deve essere disegnato secondo un modello aziendale che sia circolare da tutti i punti di vista, compresa la relazione con l’utente finale. Una buona compagnia circolare deve anche implementare sistemi di raccolta e riciclaggio dei prodotti e materiali. Naturalmente nel controllo intervengono anche valutazioni sull’impatto ambientale complessivo dell’azienda, dalle emissioni di CO2 all’equità sociale ed eticità dei modelli di business.

Un altro progetto al quale state lavorando al momento si chiama Start Green at School. Di che si tratta?

Per questo progetto coinvolgiamo delle Schülerfirmen già esistenti (imprese fondate da studenti delle scuole come progetti educativi, all’interno dei quali i ragazzi imparano ad avviare e a gestire una vera azienda o attività). Dal momento che si tratta di aziende vere e proprie, ci preoccupiamo di renderle più sostenibili, ma soprattutto ci interessa portare questa idea di impresa agli studenti. Inoltre un sacco di scuole non hanno le proprie Schülerfirmen: in quei casi lavoriamo con loro fin dall’inizio, così che possano programmare la propria impresa in modo sostenibile fin dalle primissime fasi.
Ovviamente abbiamo dei modelli di business sostenibile per le scuole, che include una formazione speciale per gli insegnanti, così che possano imparare a insegnare impresa e sostenibilità allo stesso tempo. Creiamo anche occasioni di incontro fra le scuole e le aziende o startup, così che gli studenti possano vivere delle vere esperienze lavorative all’interno di startup sostenibili e comprenderne il funzionamento.

Un altro punto affrontato è stato quello relativo ai trasporti e alla mobilità. La Germania è un paese la cui mobilità è fortemente legata alle automobili, mentre Berlino lo è meno di altre capitali europee. Eppure anche qui la situazione è tutt’altro che ideale. Esiste, al momento, un progetto per l’estensione della rete ciclabile in città. Ci sono segnali di realizzazione concreta in questo senso?

Il progetto per l’estensione delle piste ciclabili a Berlino è buono e anche i politici che dovrebbero attuarlo sono d’accordo su questo. Tuttavia, ogni volta che si presenta la questione di passare alla pratica e di rinunciare, per esempio, a un parcheggio, fanno immediatamente marcia indietro, perché hanno bisogno di quella quantità di traffico nel centro cittadino. Quello che occorre è un cambiamento radicale di prospettiva, un modello che si distacchi completamente dalle vecchie idee di mobilità e faccia spazio, per esempio, ai veicoli elettrici. C’è molto da fare.

Ritiene che la coalizione attuale abbia intenzione di porre la tutela dell’ambiente fra le proprie priorità?

No. E questo è un grosso problema.

È pessimista riguardo a questo governo?

Sì, perché sappiamo già che il 2018 è un anno perso per quello che riguarda la tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico. E non si tratta solo del 2018, ma dell’intera legislatura. Crediamo sinceramente che in questo senso i prossimi tre anni e mezzo andranno sprecati. Hanno la possibilità di fare qualcosa – per esempio hanno detto di voler passare una legge per il contrasto del cambiamento climatico – ma è difficile capire quanto le intenzioni espresse siano poi destinate a tradursi in iniziative pratiche.
Per esempio non è stata ancora stata stabilita una data per porre fine all’utilizzo del carbone. Molti studi dimostrano che potremmo smettere del tutto di utilizzare il carbone entro il 2030. Per il momento sarebbe importante chiudere almeno le fonti di carbone maggiormente inquinanti, ma manca la volontà di agire in questo senso.