Recensione del concerto di Giorgio Poi a Berlino

Photo by _Pek_
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di Alessia del Vigo

-Mare mare, non ti posso guardare così, perché questo vento agita anche me 

Mi sorprendo a canticchiare “Il mare d’inverno”, mentre passeggio a Mehringdamm. Quello che rimane sono alcune strofe e l’odore dolce del fumo che si attacca alla giacca. Ho scoperto Giorgio Poi per caso, ascoltando la sua “Acqua minerale” e in preda all’entusiasmo per un anno nuovo, mi sono decisa a comprare il biglietto del suo concerto a Berlino.
Ho iniziato ad ascoltare anche altre canzoni e mi sono convinta. In tutta onestà avevo il timore che fosse uno di quei cantanti che cercano di essere stonati apposta o di vendere la loro intonazione labile come un punto di forza, ma dopo averlo visto dal vivo non posso che ammettere quanto mi sbagliassi.

Giorgio Poi ha suonato domenica 21 al Monarch, a Kottbusser Tor, introdotto dall’americana Rachel Glassberg, che nonostante un piccolo seguito di fans non convince con le sue canzoni sugli impiegati del Finanzamt.
Giorgio non fa in tempo a salire sul palco che è già standing ovation. Apre con “Il tuo vestito bianco” e dimostra di essere davvero in grande forma. Ringrazia dopo il primo, scrosciante applauso e capisce di giocare in casa: si interrompe e da quel momento introduce, ringrazia e spiega in italiano. Un altro paio di pezzi ed è il momento della sua versione de “Il mare d’inverno”. Il pubblico canta, esulta, batte il ritmo, Giorgio dà tutto e si conferma un vero animale da palcoscenico. Arriva il turno di “Acqua minerale” e il pubblico è in visibilio, ancora qualche pezzo prima della fine della performance.

Non ci vuole molto a convincerlo ed ecco che arriva il bis de “Il tuo vestito bianco”, seguito da cori di “bravo”, applausi calorosi e da Giorgio che presenta i musicisti: il batterista Francesco Aprili e il bassista Matteo Domenichelli.

C’è ancora tempo per un drink, qualcuno balla sulla pista che si sta svuotando, molti fermano Giorgio per un autografo, respiro ancora un po’ di quell’aria ovattata e scendo nel freddo di Kotti, mi avvio a casa a piedi e canticchio “per ricominciare a lasciarsi andare… a volersi bene”.