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Manifestazione filonazista a Spandau per l’anniversario della morte di Rudolf Hess

manifestazione filonazista

di Arianna Tomaelo

A 30 anni dalla morte di Rudolf Hess, una manifestazione neonazista di 500 simpatizzanti ha sfilato per le strade di Spandau, il distretto di Berlino dov’era ubicata la struttura carceraria dove Hess fu prigioniero dal 1946 al 1987, anno in cui morì suicida all’interno della prigione stessa. L’edificio fu demolito proprio a seguito della morte di Hess, per evitare che divetasse meta di pellegrinaggio per i filonazisti.
Evidentemente questa misura preventiva non bastò. Quello di due settimane fa è stato un corteo agghiacciante, possibile solo grazie a una serie di misure preventive imposte dalle autorità. Carsten Mueller, portavoce delle forze dell’ordine presenti alla manifestazione filonazista, ha dichiarato che, per poter permettere lo svolgimento della parata nel rispetto della libertà di riunione e al contempo senza turbare l’ordine pubblico, i manifestanti dovevano rispettare certe regole legate soprattutto all’esposizione della simbologia e al possesso di armi. I canti di spirito antisemita e razzista erano assolutamente banditi, così come tamburi e altri strumenti per creare e incitare cori. Allo stesso modo non era permesso portare in mostra simboli nazisti, tanto nelle bandiere quanto sul corpo – le foto della manifestazione mostrano infatti molti uomini sfilare con bende nere su braccia e gambe per coprire i tatuaggi. L’uso di bandiere era concesso, anche se una ogni 25 persone. Ancora, Mueller ha voluto mettere l’accento sugli episodi di violenza che spesso si verificano durante le parate, quando non viene espressamente proibito di portare strumenti di violenza: manganelli, scudi e caschi erano infatti bannati alla manifestazione del 17 agosto, così come a tutte le marce tedesche, proprio per evitare episodi come quello dello scorso weekend a Charlottesville. Altra limitazione della manifestazione era l’impedimento di glorificare con gesti, parole o simboli il regime nazista e la figura di Hess, anche se lo scopo della parata era decisamente chiaro.

La manifestazione filonazista – o meglio, la concessione del diritto di manifestare – non è stata accolta positivamente da molti esponenti politici, tra cui Kai Wegner, consigliere locale a Spandau per UDC, il quale ha dichiarato la sua aperta dissociazione rispetto alla decisione di Andreas Geisel, ministro degli interni, di permettere ai manifestanti di sfilare nel giorno dell’anniversario della morte di Hess. Wegner, in sintonia con alcuni politici locali, leader della chiesa e organizzatori sindacali di Spandau, ha messo in discussione il diritto alla libertà di riunione ed espressione, affermando che “una società democratica non deve compiacere una manifestazione neonazista”. Geisel si è difeso dicendo che purtroppo non vi erano motivi legali per bandire la marcia, in quanto teoricamente, una volta imposti i limiti di cui sopra, i richiedenti non stavano violando alcuna norma.
Se i politici hanno dovuto quindi attenersi alla pura dottrina, una folta folla di cittadini si è riunita per marciare in una contro-manifestazione che ha visto un numero di partecipanti eguale o maggiore: le stesse restrizioni rispetto ad armi, cori e incitamento allo scontro fisico sono state imposte al secondo gruppo, anche se quando i due bandi sono arrivati al momento del raffronto la polizia ha dovuto intromettersi e cercare di mantenerli divisi, finendo con l’arrestare 35 persone, di cui 31 erano parte del gruppo di estrema destra.
Anche i residenti di Spandau hanno voluto dire la propria, e in molte abitazioni private sono state esposte scritte contro i manifestanti di destra, mentre in altre risuonavano gli stereo a tutto volume con canzoni “provocatorie” come “Black or White” di Michael Jackson. Tra i contro-manfestanti, Jossa Berntje, 64enne di Koblenz, si è fatta spazio per rilasciare una breve dichiarazione ai media: parlando della vita dei suoi genitori, vissuti sotto il regime, ha concluso dicendo che “i ratti sono usciti dalle fogne, e questo è anche colpa di Trump, che l’ha reso socialmente accettabile”.

Le seguenti dichiarazioni della polizia hanno confermato, in effetti, che le manifestazioni filonaziste degli anni ’90 erano molto più contenute in termini numerici, probabilmente anche perché la vergogna per i fatti della Seconda Guerra era molto più viva di ora. Con la progressiva accettazione di un ritorno dei movimenti di estrema destra come qualcosa di socialmente “inevitabile”, anche e soprattutto da parte dei leader politici, le manifestazioni si sono fatte via via più popolate e chiassose, rendendo necessari per gli anni (o forse già per i mesi) a venire misure di sicurezza più rigide.
Hess viene celebrato ogni anno nel giorno della sua morte, e durante gli ultimi 29 anni la marcia si è svolta nel paese dove fu sepolto, Wunsiedel, in Baviera. Rappresenta per i neonazisti uno dei leader più valorosi e legati ai principi del nazionalsocialismo, di cui si ricorda una delle frasi pronunciate durante la propria arringa a Norimberga, motto che inorgoglisce particolarmente i suoi fedeli: “Non mi pento di nulla”.
Ma del resto, finché durante la marcia non fosse stato pronunciato alcun inneggio diretto a Hess, non c’era alcun motivo evidente per pensare che questa fosse una manifestazione neonazista.

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