Cannes 2017, riflessioni a freddo. Germania presente in giuria e tra i premiati
di Elisabetta Colla (Taxidrivers)
I 70 anni del Festival di Cannes: la manifestazione si è conclusa con la Palma d’Oro a “The Square” ed il Premio alla Regia a Sofia Coppola con “L’inganno”. Alla giuria tra gli altri la regista tedesca Maren Ade.
Molti film interessanti, alcuni veri gioielli della cinematografia internazionale e temi di grande attualità sociale declinati in mille sfaccettature, spesso intrecciati l’uno nell’altro: le discriminazioni, la solitudine, la famiglia, la relazione fra generazioni, il terrorismo, la disoccupazione, la violenza e le ingiustizie ai danni dei deboli, la corruzione e l’insensibilità di chi rappresenta le istituzioni.
A Cannes s’incontra il mondo, e non solo sulla Croisette (dove attori, registi, studenti, fotografi, guardie del corpo, anziani residenti e giornalisti brulicano giorno e notte), ma nel buio delle sale, dove film dopo film ci si accorge di quanto le storie degli esseri umani, o molte di esse, possano dirsi universali, benché raccontate in tanti modi diversi, dal punto di vista visivo, fotografico, espressivo, narrativo.
Quest’anno il Festival ha compiuto 70 anni di storia, e numerose iniziative hanno ricordato l’anniversario, anche se l’ombra degli attentati terroristici ha tenuto sotto tono la festa: nel corso del Festival infatti ci sono stati i drammatici eventi di Manchester, per i quali tutti i festivalieri sono stati invitati ad osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime, e i controlli di polizia sono stati minuziosi e talvolta snervanti, benché necessari.
La Giuria del Concorso (quella che sceglie la Palma d’Oro, cioè il massimo riconoscimento del Festival), presieduta quest’anno dal grande regista spagnolo Pedro Almodovar, era composta da Maren Ade, regista e attrice tedesca, Agnès Jaoui regista e sceneggiatrice francese, Jessica Chastain attrice e produttrice californiana, Paolo Sorrentino, regista vincitore di un Oscar con “La grande bellezza”, l’attrice e produttrice cinese Fan Bingbing, il regista e produttore coreano Park Chan-wook e l’attore, musicista e produttore statunitense Will Smith.
Fra i rumors dei giorni precedenti alle premiazioni, si parlava della vittoria di un film francese (in onore all’anniversario del Festival nato in Francia), come “L’amant double” di Francois Ozon, una sorta di thriller psico-erotico che ha diviso la platea, o del monumentale film russo “Une femme douce” di Sergey Loznitsa, storia di una donna che cerca invano di vedere il marito in prigione e metafora della grande Madre Russia, o del film made in USA “Good Time” dei fratelli Benny & Josh Safdie, un racconto di guardie e ladri in un’ipnotica New York.
In realtà Almodovar ha spiazzato tutte le attese, proponendo la Palma d’Oro per il film “The Square”, grottesco e critico ritratto del mondo dell’arte contemporanea nell’era dei social diretto dallo svedese Ruben Ostlund, subito sostenuto dal resto della Giuria. Il Grand Prix (secondo premio) è andato al film “120 battements par minute” del regista francese di origini marocchine Robin Campillo, sulle prime battaglie della comunità omosessuale alla fine degli anni Settanta per le cure dell’Aids. Sofia Coppola si è aggiudicata il Premio alla Regia, seconda donna nella storia di Cannes ad avere ottenuto questo riconoscimento, con il bel film “The Beguiked/L’inganno”, remake di una pellicola girata da Don Siegel nel 1971.
Il Premio Miglior Attrice è andato a Diane Kruger, bellissima ed intensa attrice e modella tedesca, diretta dal regista turco/tedesco Fatih Akin nel film “In the Fade”, storia di una donna che perde la famiglia a causa di un attentato neo-nazista e che cerca in ogni modo di ottenere giustizia.
Infine, Joaquim Phoenix, nei panni di un trasandato detective dal ‘martello’ facile, giustiziere degli odiosi carcerieri di donne e ragazze ridotte in schiavitù da ricchi politici e tormentato dal suo passato nell’esercito, si è aggiudicato il Premio per il Miglior Attore nel film “You were never really here”, della regista scozzese Linne Ramsay: Phoenix è andato a ritirare il Premio sul palcoscenico in scarpe da ginnastica, tanto inaspettata era per lui la vittoria.
L’Italia è stata esclusa quest’anno dalla competizione ufficiale, ma due film sono stati invece selezionati nella sezione Un certain regard (e dalla Giuria presieduta da Uma Thurman): “Après la guerre”, della brava regista Annarita Zambrano, un film girato tra Italia e Francia, sulle conseguenze che gli atti terroristici hanno sulle famiglie innocenti degli stessi brigatisti, sulla giustizia e sul senso di colpa.
La seconda pellicola è “Fortunata” di Sergio Castellitto, basato su una sceneggiatura di Margaret Mazzantini: nel ruolo della protagonista, la ‘nostra’ Jasmine Trinca, nei panni di Fortunata, parrucchiera di Tor Pignattara in cerca di identità, ha ricevuto il Premio come Miglior Attrice.
Nella Quinzaine des realizateurs, sezione collaterale al Festival, ma non meno importante per il cinema d’autore ed il lancio di giovani protagonisti, sono stati presentati ben tre titoli italiani: “L’intrusa” di Leonardo Di Costanzo, “Cuori puri” di Roberto de Paolis (entrambi applauditissimi alla Quinzaine, il secondo è il film segnalato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI) e “A Ciambra” del regista italo-africano Jonas Carpignano, sulla comunità rom di Gioia Tauro in Calabria.
Un altro film italiano, già nelle sale, ha aperto la Semaine de la Critique, altra sezione collaterale fucina di giovani autori, spesso esordienti: si tratta di “Sicilian Ghost Story”, di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, vincitori nel 2013 del Gran Premio della Semaine e del Premio Rivelazione con il film “Salvo”. I due registi italiani sono stati invitati dal direttore Charles Tesson ad aprire la prestigiosa sezione: è la prima volta per un film italiano. La storia è quella di un gruppo di ragazzini siciliani alla ricerca di un compagno scomparso: per ritrovarlo scenderanno fino negli inferi e in mezzo ai fantasmi.
Fra anteprime e red-carpet, il Festival di Cannes rimane un faro per la cinematografia mondiale d’autore: in 70 anni la manifestazione ha messo in luce e diffuso in tutto il mondo pellicole europee ed internazionali che mai sarebbe stato possibile distribuire senza la vetrina del festival, e ha fatto circolare l’immagine e le interviste di attrici e attori di fama o sconosciuti, registe e registi esordienti o già affermati, offrendo a molti professionisti del cinema una possibilità per emergere. Lunga vita dunque, e ai prossimi 70 anni!
E adesso aspettiamo la prossima edizione della nostra Berlinale!