I only come out at night: Berghain and the toilet chronicles
Il motivo per cui io non dovrei uscire la sera, è che poi magari non rientro per giorni. Vado a lavoro di venerdì pomeriggio, e un attimo dopo è lunedì mattina. Sono irrequieto e da quando ho assunto quest’atteggiamento poco intelligente del “tanto sono solo soldi, la vita è quello che è”, è uno sperpero continuo.
Oltretutto durante quest’ultimo weekend mi sono un po’ ammalato, eventi imprevisti e pochi stracci addosso. Sul tram in direzione lavoro, una donna ucraina sulla cinquantina mi si è seduta accanto. Era uno di quei posti singoli spaziosi, mi sono alzato per cederle lo spazio ma ha detto che potevamo stare seduti insieme. E così dal nulla mi ha detto della sua provenienza e del fatto che Putin le stesse davvero poco simpatico. “I politici in Ucraina sono tutti corrotti e dovrebbero mandarli a casa! Piuttosto eleggessero Nadiya Savchenko!”. Somehow la gente ha bisogno di parlarmi.
Ad ogni modo, venerdì ho lavorato al bar in un nuovo club in pre-apertura proprio quel giorno, e il mio abbigliamento è stato dapprima un po’ fuori luogo, me ne rendo conto. Bisognava “montare” i bar e fare altri lavoretti simili, innanzitutto, ed io sono arrivato tutto in nero in un outfit che mi avrebbe lasciato (mezzo) nudo con semplici movimenti. Pazienza! Sono riuscito comunque a gestire il “pre” e l’apertura, lavorando per oltre dieci ore.
Sono venuti a trovarmi un po’ di amici, mi hanno chiesto di raggiungerli dopo la chiusura, ma alla domanda su dove sarebbero andati è seguita una lista di locali. Ho detto che li avrei chiamati dopo. Verso le 4am, o forse le 5am, mi sono messo in contatto con loro. Si trovavano a casa di un amico comune e sappiamo tutti quanto mi faccia piacere vedere anche l’amico, ma ritrovarsi praticamente sobrio e stanco, con un gruppo di amici che sono invece su di giri, rende tutto un po’ sbilanciato. C’era chi ballava in cucina in attesa di uscire, chi discuteva di faccende amorose, chi barcollava e basta e chi stava seduto sul davanzale della finestra assistendo alla scena (moi).
Ho lasciato casa loro dopo un’oretta, ero stufo di tutto, conosco la prassi e dopotutto avrei dovuto lavorare dopo una decina d’ore. Ho abbracciato tutti e mi sono lasciato Mitte alle spalle. L’amico vive in un bel quartierino, guten Morgen monsieur!
A casa mi sono riposato alcune ore, per svegliarmi già in ritardo ad un appuntamento per pranzo. Il pranzo è consistito innanzitutto di vino. Sono potuto rimanere poco perché prima di andare a lavoro volevo passare da casa per un cambio outfit. Sono un ritardatario cronico, soltanto quando ho gli ultimi cinque minuti a disposizione accelero, disperato. Ad ogni modo mi sono fatto un gin tonic mentre cercavo di creare qualcosa, sentivo caldo e il tempo era davvero nullo per potermi permettere grandi lavori di sartoria. Ho indossato delle calze che avevo precedentemente tagliato, per cui coprivano dalle ginocchia in su, e sopra queste dei pantaloncini jeans più che usurati (quanta roba ho perso, mettendola nelle tasche bucate!).
Per tenere immobili le calze ho legato stretti due lacci di cotone nero. Sia quelli che una fascia di nastro adesivo sul braccio sono diventati lividi. Domenica notte, esasperato dal fatto che anche camminare diventasse doloroso, per riuscire a liberarmi di uno dei due lacci ho chiesto ad una ragazza di bruciarlo. Apparentemente al Berghain non hanno forbici.
Ad ogni modo, per completare il mio outfit da lavoro, ho messo su un gilet a torso nudo e sono corso via.
Non avevo previsto che dopo il lavoro sarei andato a trovare dei colleghi al club, lì sono rimasto fino alla chiusura con altri amici e quando mi hanno buttato LETTERALMENTE fuori mi sono ritrovato con un amichetto coi tacchi alti e una lunghissima parrucca bionda. Sapeva che non ero mai andato al Berghain per clubbing e ha proposto di andare insieme. Siamo arrivati intorno alle quattro del mattino.
All’ingresso mi hanno sequestrato una bottiglietta col glitter, che ho ripreso dopo quasi ventiquattro ore, e hanno messo degli adesivi sulla fotocamera del telefono (per inciso io sono d’accordo con la politica dei club berlinesi “what happens there, stays there!”). Abbiamo fatto un tour del locale e per quanto concerne i miei gusti musicali, ho preferito il Panorama Bar. Tutto mi è sembrato molto familiare e certamente lo era, se frequentate posti del genere sarà sempre tutto un po’ uguale. Obiettivamente non l’ho trovato male, anche se mi sono reso conto di aver speso una fortuna per le mie possibilità.
In bagno succede sempre qualcosa. Mentre ero in fila, un ragazzetto di Colonia che studia international business qui a Berlino, mi ha chiesto da dove venissi e la solita robetta. Ho vissuto a Colonia e ho lavorato in un techno-club che lui conosceva certamente.
Non appena è arrivato il mio turno per il bagno, ho aperto la porta e lui mi ha seguito dentro. Io me ne sono uscito con un “ehm.. well…” e lui mi ha chiesto “oh ma tu dovevi andare in bagno sul serio!?”. Gli ho spiegato che io non faccio pipì “in pubblico”, allora lui ha detto “okay non preoccuparti, io non ti guardo”. Era troppo tardi, ormai non ci sarei riuscito più. Sarà per la prossima! Lui ha fatto le sue cose, siamo usciti, ci siamo augurati una buona serata, anche se tecnicamente penso fosse pomeriggio.
Un’altra volta è successa una cosa simile, ero in fila per il bagno e c’era un inglese con cui ho parlato un paio di volte. Era la prima volta che lo incontravo da qualche parte vestito, avevo fatto fatica a riconoscerlo. In quel momento penso di avergli forse sorriso, ma di sicuro non ci siamo scambiati alcun convenevole. Fatto sta che non appena ho aperto la porta, lui mi ha seguito e se l’è chiusa alle spalle. A quel punto ho detto “hm, o k a y, here we are. Wanna have a sip?”. Gli ho offerto il gin tonic che stavo bevendo, ma mi ha detto che aveva preso del G per cui no way. Non ho davvero capito cosa volesse. Gli ho detto che ero andato in bagno per fare pipì e allora mi ha detto “okay fai, io mi volto”. Fortunatamente ne avevo talmente bisogno che ho proseguito. Tirato lo sciacquone, siamo usciti e non ci siamo più parlati, né durante la serata né successivamente.
Torniamo ai cessi del Berghain. In fila, quando ancora il mio amico era in loco, una tipa londinese che ha lavorato all’interno della Berlin Alternative Fashion Week ha cominciato a parlarmi. Sono rimasto con lei per un numero esagerato di ore, anche perché ad un certo punto era davvero ubriaca e mi sono sentito “responsabile”, essendo i suoi amichetti andati a casa.
Di Berlino conosceva una band, di cui poi il mio amico è il chitarrista. Mi ha anche parlato di un tale fotografo, che stava con un’inglese e che lei ritiene uno stronzo. La tipa l’avevo incontrata il giovedì prima, mi aveva detto di quanto la mia faccia le fosse “più familiare di quella di Lizzie (Sua Maestà Elisabetta II)”, solo che io sono “più attraente”. Apparentemente in occasione della mia piccola performance al Christopher Street Day 2016 abbiamo parlato a lungo. E pensare che io ero sicuro di non averla mai vista! Il fotografo invece era al locale dove avevo lavorato proprio qualche ora prima che io andassi al Berghain. Il mondo è un bucio de culo, lo dico sempre. Il tipo, il fotografo intendo, era con un gruppo di amici tra cui una ragazza greca che ha detto che lo stampino che le avevo fatto all’ingresso le ricordava quelle meravigliose pasticchette di ecstasy che arrivavano da Amsterdam e di cui lei faceva uso a Mykonos, nell’estate del 1999.
Devo dire sarebbe potuta essere uno “spottone” contro l’uso delle droghe. Durante la stessa serata al locale un tipo mi aveva chiesto il gilet in prestito per una foto. Dopo averglielo dato, ho capito che intendeva farsi una foto col mio gilet addosso e me accanto a torso nudo. Gli ho detto che non era possibile, avrebbe dovuto pagare! Eh lo so, a volte le sparo grosse. Una volta ad un barista obiettivamente molto simpatico e paziente con me ho detto che andavo trattato diversamente, un po’ come un imperatore. By the way, sono rimasto mezzo nudo per un po’, tuttavia, dopo aver notato che i clienti stavano guardando un po’ troppo, mi sono sentito in imbarazzo. Avevo una t-shirt di riserva, che certo non copriva tanto nemmeno quella, e l’ho indossata. A fine turno ho cercato il tipo, gli ho chiesto il gilet indietro e lui mi ha chiesto in cambio la mia t-shirt. Ma cos’è, un nuovo fetish?
Succedono tante piccole cose. Io cerco di creare una situazione lavorativa più favorevole e sicuramemte più rock’n’roll; gli amichetti vorrebbero avere delle esistenze più ordinate, ed io li supporto, e li ignoro quando non seguono i loro piani. Io do consigli solo se mi vengono richiesti, e non ne voglio ricevere da nessuno.
L’altra sera A. mi ha fatto cenno di togliere i piedi dal tavolo, lì al bar dove lavora. Jesus! dude, siamo solo noi, i leftovers che lavorano nei club del quartiere. Sono stanco, anzi sono esausto e presto mi trascinerò fuori, ma questa me la scrivo, oh.
Ein Arschloch è un verme metropolitano che vive soprattutto di notte.
Ama l’anatomia, l’arte e, paradossalmente, la campagna.
Odia i tovaglioli di carta, la plastica e svegliarsi al mattino.
Nightwalker, musicista, post-modern dj, D.I.Y. creative.
Ich bin kein Künstler, ich bin ein Arschloch.