Apertura

L’avventura tutta italiana di Vargo Film: dalla Berlinale a un film con Christopher Lambert

Alessandro-Riccardi

di Lucia Conti

Un anno fa abbiamo intervistato Alessandro e Viviana di Vargo Film e abbiamo parlato dei loro numerosi progetti, ma anche del cinema italiano e internazionale. Nel frattempo Vargo è cresciuta sempre di più e Alessandro è tornato a Berlino, in occasione dell’ultima edizione della Berlinale. Ci siamo incontrati in una pizzeria della capitale tedesca (pizzeria di scuola napoletana, in onore delle origini di Alessandro) e nel corso di una piacevolissima chiacchierata ho scoperto che molto bolle in pentola e che noi italiani siamo capaci di esprimere una professionalità in cui il nostro stesso Paese dovrebbe credere e sulla quale dovrebbe investire.

Alessandro, anche quest’anno sei stato alla Berlinale. Com’è andata?

Molto bene. Quest’anno ho trovato un’attività maggiore rispetto al 2016, sia sul piano artistico che di mercato, e la cosa mi ha fatto molto piacere. Ho avvertito anche un maggiore ottimismo, tanto nei produttori quanto nei distributori, che invece negli ultimi anni si era un po’ affievolito.
Speriamo che questo trend continui, ma sono fiducioso.

C’è qualcosa che ti ha colpito particolarmente di questo evento, che per circa due settimane aggrega a Berlino cinefili e operatori di settore?

Sono stato contento di vedere un film come “Logan”, che anche se drammatico e toccante è pur sempre un film di supereroi, presentato in un contesto come la Berlinale. L’ho trovato un momento di apertura verso altri generi e la cosa mi ha fatto davvero piacere.
Vorrei vederne sempre di più, in giro.

Abbiamo fatto una chiacchierata circa un anno fa e direi che tu, Viviana e Vargo Film, da allora, non siete mai stati fermi. Ci racconti qualche novità?

Sì è vero, è stato un anno molto pieno di cose. Abbiamo chiuso la produzione di ben 5 documentari, uno dei quali è stato in parte girato a Berlino, in uno di quei caffè nelle vicinanze del Muro che durante la guerra fredda sono stati luogo d’incontro di spie.
Oltre a questo, abbiamo lavorato in co-produzione con una società polacca per la realizzazione di un film sci-fi girato interamente a Varsavia. Le riprese sono finite a dicembre, ora stiamo lavorando alla post-produzione.
Sono stato a Varsavia qualche giorno per assistere alla chiusura… il set più freddo della mia vita! Però ne è valsa la pena.

66ème Festival de Venise (Mostra)
66ème Festival de Venise (Mostra)

A settembre sta per partire la lavorazione del vostro nuovo film. Di che si tratta?

È un progetto ambizioso a cui stiamo lavorando da tempo e che non vedo l’ora di girare. Il film si chiama “La voce del lupo”, un thriller paranormale in cui faremo la conoscenza di un licantropo italiano. È la prima volta nella storia che si racconta una vicenda del genere tutta in Italia, anche se in realtà il mito del lupo mannaro è nato proprio a sud di Roma.
Il progetto è in co-produzione con la Magiko Produzioni e la Al-One, che nello specifico curerà gli effetti visivi.
La sceneggiatura è mia, mentre la regia la curerà Alberto Gelpi, che è un grande professionista, oltre che un caro amico. Siamo riusciti a chiudere un bel cast, che vedrà tra i protagonisti anche Christopher Lambert.

Il suo manager aveva messo un po’ le mani avanti dicendomi che in generale non è mai semplice avere Lambert nei film, perché è uno che partecipa solo se gli piace il progetto e ci crede. Dopo neanche due settimane mi ha richiamato dicendo che Mr. Lambert aveva apprezzato molto sia la sceneggiatura che il suo ruolo, quindi sarebbe stato dei nostri. Un momento di grande soddisfazione!
Gli altri interpreti principali saranno Raniero Monaco di Lapio e Marianna Di Martino, che secondo noi sono perfetti per i loro ruoli.

Prima un documentario, poi un film sui licantropi. Perché questo tema?

Quando sono venuto a vivere a Frosinone ho trovato che il mito dell’uomo-lupo è molto sentito. Qui se chiedi a qualcuno a caso, per strada, se ha mai conosciuto un licantropo, è molto facile che ti risponda di sì! Ovviamente la cosa mi ha incuriosito.
In secondo luogo sento molto vicina la figura del licantropo. Rappresenta il lato bestiale che tutti noi abbiamo. Alcuni lo nascondono, lo seppelliscono sotto delle sovrastrutture molto articolate, altri invece decidono di affrontarlo, di farci i conti.
Questa è stata di fatto l’ispirazione per la storia de “La voce del lupo”. Il tema del film, infatti, è proprio l’accettazione di se stessi.
Per scrivere la sceneggiatura avevo bisogno di approfondire l’argomento, fare delle ricerche. E pian piano mi sono reso conto di avere tra le mani dell’ottimo materiale per un documentario… e da lì il passo è stato breve!

Vargo Film
Varsavia, set della Vargo Film

Sei soddisfatto della presenza e della qualità di quel cinema italiano che trova spazio in ambito internazionale? Quali sono i problemi più frequenti che incontri nel tuo lavoro?

Credo che il cinema italiano stia molto migliorando, negli ultimi anni. Si rischia, si sperimenta, si dedica maggior attenzione alla sceneggiatura e si è cominciato a pensare ad una visione più ampia, che possa viaggiare al di fuori dei nostri confini. Film come “Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Veloce come il vento”, “Perfetti sconosciuti” mi hanno reso davvero felice.
Ci sono ancora tanti passi da fare, ma le cose finalmente hanno cominciato a muoversi.

I problemi che incontro sono spesso legati ai pregiudizi degli altri ingranaggi della filiera cinematografica, quelli legati alla distribuzione e alle vendite. Non è difficile sentirsi dire da un sales agent italiano “Noi non diamo minimi garantiti a film italiani”, oppure ricevere la domanda di un distributore “Ma il film è tutto italiano? Ah, allora no…”.
Essere italiani in Italia vale un punto in meno. È ovvio che dobbiamo realizzare prodotti sempre migliori, ma il primo limite da superare è questo: cominciare a crederci noi stessi.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio