Tre brani musicali per dire addio: l’ex presidente della Repubblica Gauck ha seguito una famosa tradizione tedesca, durante la sua cerimonia di congedo
di Axel Jürs
La “Großer Zapfenstreich” (grande ritirata), è una cerimonia ufficiale accompagnata dalla banda, che viene celebrata alla fine del mandato di ogni presidente della Repubblica Federale Tedesca.
Ha un’origine militare perché nacque nel 1596, quando segnava la fine delle attività quotidiane dei soldati. Nel 1813 Friedrich Wilhem II, della dinastia di Hohenzollern, inserì nel rituale una parte religiosa, dopo aver assistito a un’analoga cerimonia dell’esercito russo, dopo la battaglia di Großgörschen, vicino Berlino.
Oggi, nella democrazia moderna della Germania, la “Großer Zapenstreich” è rimasta una cerimonia che combina tradizione e modernità e si celebra in rare occasioni tra le quali, appunto, la fine di una presidenza, ma anche come saluto ad alte cariche militari o ministri della difesa o per onorare persone importantissime.
Parte del cerimoniale è la cosidetta “Serenade”, serie di tre pezzi musicali eseguiti dalla banda e scelti dalla stessa persona che viene onorata. E tre brani sono stati scelti anche da Joachim Gauck, presidente della Repubblica Tedesca dal 2012 al 2017, quando è stato sostituito da Frank-Walter Steinmeier.
Prete evangelico di professione e fortemente avverso all’ateismo della SED negli anni prima della caduta del muro di Berlino, Gauck non poteva non scegliere un brano amatissimo dai protestanti tedeschi: “Eine feste Burg ist unser Gott” (Una solida fortezza è il nostro Dio), intonato spesso come canto di opposizione negli anni del nazismo e anche durante il regime della DDR.
Gauck ha però sempre voluto essere percepito e ricordato come il Presidente di tutti, anche dei non-credenti e
questo è emerso anche dagli altri due brani che ha scelto per la sua cerimonia di addio. Uno è infatti “Über sieben Brücken musst Du gehen” (Devi passare su sette ponti), che nell’era della DDR, alla fine degli anni sessanta, fu un grande successo della band Karat e che in seguito uscì anche in una versione “occidentale”, interpretata da Peter Maffay. È un brano che all’epoca era ugualmente popolare sia all’est che all’ovest e che parla di speranza, sentimento che in quegli anni cresceva ovunque, quasi ad anticipare la futura unità.
La terza scelta di Joachim Gauck è caduta su un brano che potrebbe sintetizzare bene tutti i suoi discorsi degli ultimi cinque anni di presidenza e che si intitola: “Freiheit die ich meine…” (La libertà, per come la vedo io…).
La Presidenza Gauck è finita ufficialmente domenica 19 marzo, alle ore 23.59, ma sicuramente Gauck tornerà a farsi vivo, non come politico, ma come cittadino privato, per ricordare ai tedeschi che nella Germania riunita la libertà non è un regalo garantito per sempre, ma un prestito.
Intanto, nell’attesa che il neo-insediato Frank-Walter Steinmeier si prenda cinque anni per pensare ai brani della sua, ancora lontanissima, cerimonia di congedo, diamo un’occhiata alle scelte musicali dei precedenti presidenti della Repubblica per la serata del “Großer Zapfenstreich”.Secondo la tradizione ogni presidente sceglie un brano della tradizione militare (spesso una marcia), uno legato alla fede religiosa e un canto popolare. Vediamo quali, nello specifico:
Gustav Heinemann (Presidente dal 1969 al 1974): fu membro della “Bekenndende Kirche” (Chiesa Confessante), nata in seno alla chiesa evangelica come movimento di opposizione al nazismo e ai “Deutsche Christen”, i cristiani tedeschi che avevano deciso di seguire Hitler.
Per questa ragione Heinemann rinunciò, alla fine del suo mandato da presidente, alla parte militare-religiosa della cerimonia e ci fu quasi il rischio che non partecipasse proprio. In particolare non riteneva accettabile la parte della cerimonia che si chiama “Helm ab zum Gebet!” (Togliete il casco per la preghiera!). Per Heinemann infatti una preghiera, in quanto dialogo tra il credente e Dio, era un momento privatissimo che non poteva essere oggetto di un ordine militare.
Johannes Rau (Presidente dal 1999 al 2004): per Johannes Rau, cresciuto anche lui nella tradizione della “Bekennende Kirche” e che tra l’altro a cinquant’anni sposò una nipote dell’ex-Presidente Gustav Heinemann, la scelta del pezzo di musica legato alla sua fede evangelica fu la più importante: “Jesus bleibet meine Freude” (Gesù resta la mia gioia).
Rau era famoso per la sua conoscenza della Bibbia e per le sue citazioni delle Scritture, con cui commentava anche i risultati delle elezioni. Per non banalizare i veri testi, Rau li cambiava leggermente in modo spiritoso e a volte satirico.
Horst Köhler (Presidente dal 2004 al 2010, anno delle sue dimissioni all’inizio del secondo mandato): con la sua scelta del “Marsch der Elisabether” (Marcia degli Elisabettani), una marcia spesso sentito negli anni di Federico il Grande, Köhler dimostrò di conoscere sia la storia tedesca che le radici prussiane della Germania.
La sua scelta della canzone popolare cadde invece su “St. Louis Blues”, senza contare il fatto che anche lui si sentisse decisamente “blue” verso i suoi connazionali, che secondo lui non si interessavano abbastanza del futuro del continente africano.
Christian Wulff (Presidente dal 2010 al 2012, anno delle sue dimissioni): in ogni senso è stato un presidente a sorpresa. Non solo rimane memorabile la sua frase “L’islam fa parte della Germania”, ma durante la sua “Großer Zapfenstreich” si mostrò anticonvenzionale, scegliendo quattro brani musicali invece di tre.
In particolare, con l'”Ode an die Freude” di Ludwig van Beethoven, usata anche come inno europeo, si è dichiarato per l’ultima volta, anche ufficialmente, un presidente europeo, oltre che tedesco. Con la scelta di “Over the rainbow”, invece, si è dimostrato un presidente capace di apprezzare anche la cultura pop della sua generazione.