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Immigrati e imprenditoria: e se fossero loro a dare nuovo impulso all’economia tedesca?

Immigrati e imprenditoria

di Letizia Chetta

Le elezioni federali tedesche si terranno tra meno di un anno e, con il loro esito, emergeranno le principali direttive politiche ed economiche che l’Unione Europea dovrà prendere. Tante sono state fino a questo momento le tensioni registrate in Germania fra partiti riformatori e populismi antieuropeisti come AfD, che si ostina a vedere nella politica di accoglienza sostenuta dalla cancelliera Merkel un grave danno allo Stato tedesco. Ma è davvero così? Ora più che mai risulta dunque fondamentale considerare il vero ruolo che l’immigrazione ha rappresentato in Germania nell’ultimo decennio.
Stando ad analisi riportate recentemente su The Economist, è infatti grazie all’arrivo di nuove persone con un forte spirito di intraprendenza che la Germania ha potuto vedere la nascita di giovani imprese e start-up. Chi sono costoro e quanti?
Il loro passaporto non registra alcuna nazionalità tedesca, bensì si tratta dei tanti immigrati provenienti da altri angoli dell’Europa e non solo.
Nel 2003 costituivano solo il 13% delle attività registrate, ora il 44 %.

Tra questi, una buona parte è di origine mediorientale: primi fra tutti siriani, iracheni, afghani.
Si pensi, per esempio, al famoso caso di Iyad Slik, di Damasco, che dopo aver studiato economia ed aver raccolto esperienze negli Stati Uniti e in Europa, è arrivato a Berlino tre anni fa per ricreare il suo sogno: ridare vita all’impresa dolciaria che suo nonno, Jandat Abdulla Slik, aveva fondato in patria agli inizi del XX secolo. E il successo della sua ambizione è confermato dalle richieste da parte di nomi celebri come quello del KaDeWe e dell’Hotel Adlon.
Sempre a Berlino vive anche il programmatore Hussein Shaker che, come afferma nella pagina principale del suo sito web MigrantHire, si è messo in proprio perché “la sua passione è aiutare altri nella sua situazione”, e cioè profughi fuggiti da contesti di guerra e immigrati alle prese con la difficile burocrazia tedesca e con una lingua tutta sconosciuta. Aveva cominciato in un call center e ora è co-fondatore di una delle principali piattaforme utili a trovare un lavoro. Tutto questo, perché il lavoro autonomo costituisce per queste persone una possibilità in più e una garanzia su cui fondare il proprio futuro: ci si gestisce più velocemente, il reddito sale ed è più facile fare qualcosa che sia coerente con le proprie capacità.
Il fatto più sorprendente è che è proprio questa fascia di popolazione a dare impulso all’economia tedesca rinnovandola e non i cittadini tedeschi. A quanto pare, l’urgenza di una situazione precaria, il desiderio di emanciparsi e crescere socialmente dopo aver conosciuto il dramma della guerra e della fuga rappresenta uno stimolo formidabile.
Quale che sia la posizione delle persone sulla cosiddetta “politica dell’accoglienza” della Merkel, tutti coloro che rimangono ostinatamente legati a stereotipi razzisti alimentati dall’ignoranza dovrebbero fare la conoscenza di una delle persone citate appena sopra. Queste persone rappresentano infatti un modello indubbiamente positivo, a cui più spesso bisognerebbe guardare.

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