L’orario e il calendario berlinese: tra equivoci ed espressioni tipiche
di Axel Jürs
Si dice che la cultura riguardi anche, tra le altre cose, la percezione del tempo. Questa opinione ha creato anche troppi cliché legati al comportamento dei tedeschi che, ad esempio, sono sicuramente famosi nel mondo per la loro radicale puntualità. Gli altri popoli europei hanno discusso a lungo, e a volte con punte di disprezzo, sul fatto che questo atteggiamento fosse o meno giustificabile. Oggi basta prendere un treno della Deutsche Bahn oppure, anche meglio, della S-Bahn di Berlino, per convincersi del fatto che i tedeschi sono diventati bravi a combattere il cliché negativo della loro presunta inumana precisione in favore di un atteggiamento più lassista. Infatti, nella capitale, dal 2009 al 2016, la S-Bahn ha fatto del suo meglio per creare una generosa dose di caos nel trasporto pubblico. I berlinesi, sempre disposti a descrivere fatti e fenomeni della vita con una battuta, hanno a questo proposito cominciato a usare il termine “S-Bahn” per indicare quando non possono precisare un orario di partenza o di arrivo. Un esempio: “Quando vieni domani?” “Domani? Può essere che venga anche dopodomani: prendo la S-Bahn!”. Qualcuno, scherzando, sottolinea il fatto che gli autisti delle S-Bahn a volte arrivino per sbaglio puntuali e quindi risultino psicologicamente destabilizzanti, visto che ormai la regola sembra essere l’indeterminatezza nell’orario di riferimento.
I misteri dell’orario berlinese
Ad ogni modo, scherzi a parte, quando nell’estate del 2006 si sono visti numerosi tifosi tedeschi applaudire verso i tifosi di origine italiana sul Kurfürstendamm di Berlino, in occasione della vittoria della semifinale del Mondiale in Germania, si è rafforzata l’idea che i “nuovi tedeschi” fossero diversi da quelli del passato, meno interessati alla puntualità e alla precisione totale, felici come uccelli e capaci di vivere con calma, come gli europei del sud.
Naturalmente a Berlino, come in tutte le capitali di tutti i Paesi, tutto è un po’ diverso rispetto al resto della nazione. A Berlino c’è sempre stata una diversa percezione della puntualità e per farlo capire si usa anche un sistema diverso per indicare il tempo. Se, per esempio arrivi col treno intorno alle ore 10.15, la maggioranza dei tedeschi direbbe: “viertel nach zehn!” (un quarto dopo le dieci). I berlinesi invece, che vanno quasi sempre di fretta, non solo omettono, forse per fare prima, la parola “nach”, ma spostano anche la prospettiva temporale dal passato (le dieci) al futuro (le undici), e dicono “viertel elf!”, praticamente un quarto d’ora dopo l’ora che precede undici e quindi un quarto d’ora dopo le dieci. È un sistema un po’ complicato per i non berlinesi, non importa se siano di Amburgo o australiani, e di sicuro crea spesso confusione quando si fissano appuntamenti e incontri con gli abitanti della capitale. “Ick hab ab viertel elf ne halbe Stunde uff dir jewartet aber Du bist nich’ jekommen!” (ti ho aspettato mezz’ora, a partire dalle 10.15, ma tu non sei venuto!), può essere una tipica protesta, in caso di mancato incontro. La risposta tipica di un non berlinese probabilmente sará: “Stimmt nicht! Ich war pünktlich viertel nach elf da. Aber wer nicht kam, warst du!” (Non è vero! Io sono arrivato alle undici e un quarto, puntuale, ma tu non eri lì!).
L’importanza della mezz’ora
In questi casi, è sempre meglio fissare appuntamenti per la mezza o, ancora meglio, allo scoccare dell’ora. I tre quarti presentano lo stesso problema del quarto d’ora e se un berlinese ti chiede “Seh’n wa uns um dreiviertel zwölf?”, vuol dire sostanzialmente “Ci vediamo tre quarti d’ora dopo l’ora prima delle undici?”, vale a dire le 10.45. C’è da farsi venire il mal di testa, ma in caso di emergenza c’è sempre la possibilità di arrivare a mezzogiorno e dichiarare di aver optato per quella nuova leggerezza tedesca che si esprime applicando la flessibilità della “dolce vita” al tradizionale rigore teutonico… sperando che l’altro non si arrabbi troppo. Ad ogni modo, forse non è un caso che i problemi creati dalla S-Bahn quanto a ritardi e imprecisione degli orari si siano verificati proprio a Berlino, dove la gente è abituata a fissare appuntamenti con persone destinate a fare confusione e quindi ad arrivare tardi.
I cittadini della capitale, inoltre, non hanno solo un orario dettato dall’orologio, ma anche un calendario storico, anzi, sarebbe più corretto dire “più calendari”.
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Visto che Berlino è sempre stata, e lo è anche oggi, la città più laica della Germania, a tanti berlinesi non servono molto i calendari religiosi, siano essi gregoriani, ebraici, islamici oppure ortodossi. Più facile da usare è un conteggio più unitario, che per tutti i berlinesi di qualunque origine, nazionalità, lingua e fede o visione del mondo, sarebbe “vor/nach dem Mauerbau” (prima o dopo la costruzione del Muro di Berlino) e “vor/nach dem Mauerfall” (prima o dopo la cadutà del muro di Berlino). Così il tempo e il mondo si dividono in quello che accadde prima del 9 Novembre 1989 e quello che è successo dopo, anche se i berlinesi, nella loro grande generosità, non hanno cambiato le cifre del calendario gregoriano e anche nel ventisettesimo anno dalla caduta del Muro continuano a scrivere 2017 sui calendari statali, evitando di ingenerare confusione e limitandosi a trarre in inganno gli stranieri con i loro orari speciali.
A volte le coordinate temporali si esprimono anche attraverso espressioni idiomatiche, alcune delle quali di notevole interesse storico. Può capitare ad esempio che qualcuno chieda “Sei tornato tardi a casa?” e che un berlinese risponda “Bis in die Puppen!” (molto tardi). Quella risposta ha origine nel fatto che un tempo camminare fino al Tiergarten e alle sue statue (chiamate appunto “Puppen”, nel dialetto locale), significava spingersi fuori città e quindi fare inevitabilmente tardi. Non c’entra nulla invece ogni riferimento alle ragazze (che una volta i ragazzi berlinesi chiamavano “Püppchen”, cioè “bambolette”), che in questo caso è oggettivamente sbagliato, oltre che politicamente scorretto.
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