Povera ma sexy: Stattbad Wedding
* di Nora Cavaccini
Quando lei mi dice che le manca quel posto, penso che la stessa cosa vale per me. Del resto, era surreale.
Tutti aggrappati al suolo come capretti, sul pendio della vasca di un’ex piscina comunale, con il dj proprio là, dove un tempo l’acqua era un più fonda e ci si arrivava solo con un tuffo dal trampolino. E chissà che piroette, poi.
Ma non siamo stati da meno noi, immersi come eravamo in un bagno di folla, nuotando nei sogni covati dentro, sguazzando nella perdizione, a volte, con ampie bracciate nei cunicoli che portano al bar, ai bagni, giocando a rincorrerci tra i grossi tubi in cui un tempo passava vapore caldo, e ora non più. Con le mani toccavamo le mattonelle azzurre, fresche come l’aria di Wedding alle prime luci dell’alba, che aspetta e rimane fuori.
L’orologio è fermo sulla parete; il tempo scandito solo dal suono: altezza, inviluppo, timbro, riverbero…
A chi oggi chiede dello Stattbad senza esserci mai stato, si risponde con un sentimento simile a una goccia d’acqua che di tanto in tanto cade.
È la quieta malinconia.
Come altri nella città, questo luogo non esiste più.
E a pensarci vien voglia di togliersi il cappello e di sbatterlo per terra.
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