Dal sud Italia a Berlino: una pescivendola scopre finalmente la libertà

Photo by Geomangio©
Dal sud Italia a Berlino
Photo by Geomangio©

di Francesco Junior Volpe

In un universo parallelo, immaginate se lei, Giovannona la pescivendolona, si trasferisse a Berlino.
Non avete ancora presente di chi sto parlando? Lei, la tipica donna di paese, quella alta, robusta, brutta come la morte e con due cosi grandi così. Naturalmente parlo dei suoi polpacci. Si veste sempre di nero, con delle sottane lunghe che a Berlino non sono mai passate di moda perché considerate vintage. Giovannona ha i capelli lunghi, crespi e bianchi, che lava solo una volta a settimana pur di risparmiare sulla bolletta dell’acqua. L’estetista non sa nemmeno chi sia. Ha i baffi più lunghi del suo micio persiano e ha certe foreste amazzoniche sotto le ascelle che, signori miei, il solo pensiero fa già rabbrividire. Per non parlare di quei cosi lunghi e neri che ricoprono le cosce. Una volta le hanno chiesto: “Ma te hai provato mai la brasiliana?”. La pescivendolona, rincitrullita com’è, mai avrebbe pensato che si stesse parlando della ceretta e subito aveva pensato all’amante del macellaio che, una volta, era stata a Rio de Janeiro.
La vecchia donna, però, una cosa la sapeva fare: cucinava da Dio. Guai a chi le toccava la cucina! In bocca aveva solo un dente, ma questi sono solo dettagli. Lei mangiava così tanto che l’umido, in casa sua, era solo sudore incrostato. Per il resto, Giovannona aveva certi occhi così tondi che avrebbero fatto invidia anche alle aquile reali. Erano sempre aperti perché lo avrete capito: “La pescivendolona, i fatti suoi, non se li faceva mica”.
Il marito Umberto era morto da anni e lei trascorreva tutte le sue giornate affacciata alla finestra. Osservava tutti, li scrutava dal basso verso l’alto e spettegolava di loro con le altre signore del paese. Cumma Peppina era la sua migliore amica. Quanto si divertivano ai funerali, quando, tra un rosario e l’altro, sparlavano di tutti i presenti.
La vita, però, regala a tutti grandi colpi di scena e bisogna essere pronti a vivere repentinamente il cambiamento. Un giorno due uomini vestiti di nero bussarono alla porta delle pescivendolona: “Signora siamo di Equitalia. La casa è stata pignorata. Deve uscire fuori”. Poveri disgraziati! In paese, Giovannona era conosciuta in primis per la sua lunga lingua, ma anche per il suo bastone. “Chi vuliti? Vi ni vuliti i o v’aggia ra na botta ngapo?”. Letteralmente, la signora Giovanna aveva esclamato con veemenza: “Cosa volete? Ve ne andate o devo darvi una botta in testa?”. Ahimè, purtroppo non ci fu verso. Giovannona fu costretta a prendere quella lugubre valigia di cartone della sua pro, pro, pro zia, deceduta nel 1899 e metterci dentro le sue sottane, un caciocavallo e la foto del vecchio marito Umberto. Inizialmente, la pescivendolona sperava di essere ospitata dalle sue care amiche, ma le cose non andarono come si aspettava. Il paese considerava “La Giovanna” come una donna cattiva, una di quelle da tenere alla larga. Altro che solidarietà e carità! Così, giunse il momento di lasciare tutto e iniziare una nuova vita con il figlio Massimiliano, che da molti anni viveva ormai a Berlino.

Berlin punks photo
Photo by ЯAFIK BERLIN©

I primi tempi, per la povera pescivendolona, furono tremendi. Le persone erano così strane: alte, magre, grasse, nere, gialle, rosse, tatuate. Alcuni indossavano addirittura dei rosari o delle croci. Giovannona, tanto felice di avere incontrato finalmente dei cattolici, chiese loro quale parrocchia frequentassero. Purtroppo, quei tipi, non avevano nulla a che fare con la Santa Sede.
La vera sfida, per Giovannona, era la lingua. Non parlava l’italiano, figuriamoci il tedesco. “Brauchst du etwas?” chiese una commessa alla pescivendolona. “Chista adda esse re Bari” ossia “Questa ragazza deve essere di Bari”, pensò tra sé e sé. Non avendo capito, la vecchia donna andò via non comprando nulla. Per strada, però, cominciò a pensare che tutto sommato, Berlino le piaceva. In paese ti senti osservato e sai che ovunque tu vada, dovrai giustificare i tuoi spostamenti. In quella città, invece, potevi fare ciò che volevi senza dare troppe spiegazioni.
Solo un’abitudine era rimasta uguale: “affacciarsi alla finestra”. Certo, la sua nuova dimora a Hermannstraße non era come quella della sua bella casetta di campagna, ma le piaceva ugualmente, soprattutto per quel finestrone che dava sulla strada. All’inizio, Giovannona sembrava la papessa. Stava lì che sorrideva ai passanti, pensando che qualcuno si sarebbe fermato per parlare o per prendere addirittura un caffè. Niente di tutto questo mai accadde. Quante volte si demoralizzò. Il tempo, poi, non aiutava. Quando Giovannona arrivò a Berlino, il cielo era perennemente grigio. Per questo, ogni volta che un raggio di sole si rifletteva sulla finestra di casa, la pescivendolona, tanto devota alla Madonna di Pompei, cominciava a recitare il rosario e a ringraziare tutti i santi per quel miracolo divino. Poi, dopo il momento altamente spirituale, Giovannona continuava nella sua missione: prendere un caffè con un passante. Osservava tutti, non concependo, però, quegli sguardi così vuoti, spenti e quella perenne fretta di andare chissà dove.
La povera donna di paese alla fine riuscì nel suo intento. il caffè se lo prese, ma con il figlio Massimiliano. Un bel giorno, quel santo ragazzo portò sua madre in uno di quei tipici piccoli bar di Berlino. Giovannona decise di prendere posto vicino alla finestrona perché dava sulla strada e le ricordava la vita in paese. L’ambiente era stravagante. Di fronte alla vecchia donna, due ragazzi dello stesso sesso stavano slinguazzando, una Drag Queen si truccava con nonchalance e un tipo losco cantava “99Luftballons” di Nena.

Berlin bar photo
Photo by 96dpi©

A Berlino tutto questo è normale e a Giovannona quelle novità cominciavano a piacere. Quella strana libertà che si respirava nell’aria non era tanto peccaminosa come aveva immaginato. Per di più, quei tavoli in legno e quelle candele soffuse le ricordavano l’altarino di santa Lucia, a cui si recava ogni mattina per chiedere un’intercessione. Una domanda a Massimiliano, però, doveva farla: “Che nge facimo a Berlino?!” ossia “Che ci facciamo a Berlino?“.
Massimiliano era in difficoltà. Sua madre era una donna di altri tempi, troppo stolta per capire, nonostante si stesse adattando egregiamente in un contesto completamente diverso da quello in cui era cresciuta. Forse, la Madonna di Pompei aveva realmente fatto la Grazia.
In ogni caso, il povero figlio rispose così: “Berlino è la città che non dorme mai e delle infinite occasioni. È il paese dei Balocchi in cui o ti dai una mossa o diventi uno tra i tanti Pinocchio di Mangiafuoco. Berlino è quella città che ti permette di creare la tua occasione senza quella pressione di essere osservato, giudicato e condizionato. Che tu esista, qui non importa a nessuno. La città va avanti anche senza di te ed è proprio questo il bello. Se riesci a sentirti a casa anche quando la solitudine divora quel briciolo di speranza che ti è rimasta, allora, cara madre, significa che la libertà non è un’opinione. Hai vinto”. La pescivendola era estasiata e, nonostante avesse capito solo la parola casa, condivideva l’opinione di Massimiliano. La vecchia donna si sentiva inconsapevolmente libera. Descrivere quella sensazione era per lei impossibile, ma in cuor suo, sapeva di aver provato qualcosa di unico. A volte le parole non servono! Questo è l’insegnamento più grande che Berlino aveva dato alla pescivendolona.

Francesco Junior Volpe è un giovane italiano di 22 anni, trasferitosi da poco a Berlino. Laureato in Comunicazione, Tecnologie e Culture Digitali presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Francesco si interessa di giornalismo e di Social media. Parla italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo; scrive per passione e spera che questa diventi la sua professione. Da poco cura il suo blog, “Piccolo in the world” e spera che anche voi vogliate far parte del suo mondo.