Anche Berlino è razzista: la testimonianza di un americano

Photo by Richard Masoner / Cyclelicious©

 

razzista
Photo by Richard Masoner / Cyclelicious©

Nessuno pensa che Berlino sia razzista eppure, anche in quel simbolo di emancipazione che è la capitale tedesca, un nero americano ha dovuto più volte rispondere alla domanda “Di dove sei veramente?“. Questa è d’altro canto solo una delle frasi razziste che si è sentito rivolgere a Berlino Isaiah Lopez, nato e cresciuto a Los Angeles. Dopo aver tollerato a lungo questo atteggiamento generalizzato, Isaiah ha quindi deciso di optare per un’originale protesta e di imprimere ciascuna di quelle frasi su una serie di maglie dal notevole impatto, sia visivo che emotivo.
Sto dando una festa, puoi portare del cibo africano?“, “Quando torni a casa tua?“, “Ah, sei con noi? Pensavamo fossi uno spacciatore“, “Dove possiamo trovare della droga?”, insomma, le maglie (che potete vedere qui) evidenziano impietosamente il fatto che il mondo, anche a Berlino, esprima ancora una certa percentuale di razzismo, che lo ammetta o o no, che lo percepisca o no. Tra le altre cose Lopez ricorda di essere stato quasi costretto a tagliarsi i dreadlock, dopo aver riscontrato che il suo aspetto dava regolarmente adito ad equivoci e discriminazioni poco piacevoli. “Spesso sono stato scambiato per uno spacciatore” ha spiegato “altre volte, invece, ho notato che le persone tendevano a proteggere i loro averi in mia presenza, dando per scontato che fossi un ladro o una persona poco raccomandabile”. Dopo aver cambiato pettinatura le situazione è un po’ migliorata, ma non di molto.
La cosa che lo ha ferito di più, comunque, è stata la frase di un donna, la direttrice di una scuola elementare incontrata per caso in un bar, la quale ha parlato degli Stati Uniti come di una nazione troppo giovane per avere una propria cultura, per poi dirgli “e tu non ne hai alcuna, perché discendi dagli schiavi”.

La discriminazione denunciata da Lopez, che è gay, non risparmia nemmeno il circuito queer di Berlino, che pure è considerato l’avamposto del pensiero inclusivo e del rispetto delle differenze. “Spesso, nei locali, mi è stato più volte chiesto se fossi sicuro di essere nel posto giusto” ha spiegato, sottolineando come si dia spesso quasi inconsciamente per scontato che un nero sia eterosessuale. “Un altra volta” ha aggiunto “mentre facevo il dj in un bar in cui ho lavorato per due anni, un cliente ha cominciato a protestare per il fatto che non avessi nulla di Grace Jones e a dirmi che avrei dovuto, visto che ero nero”. Lopez dichiara di essersi lamentato di questo contegno con il suo capo, ma di aver ricevuto una risposta insoddisfacente e l’invito a pazientare. “Se mi fosse stato rivolto un commento omofobo sarebbe stato diverso” ha precisato l’uomo “ma a quanto pare il commento razzista non é stato considerato rilevante, cosí ho sbattuto le chiavi sul bancone e mi sono licenziato”.
Lopez viene da una famiglia autenticamente multiculturale. Tre dei suoi nonni sono per metá dei nativi americani e il ragazzo si sente culturalmente legato alla storia degli Stati Uniti, dove è nato e cresciuto, a quella del continente americano pre-colonizzazione e alla storia che non può più essere raccontata perché brutalmente cancellata dalla, tratta degli schiavi, ma questo è un tasto doloroso rispetto al quale si dichiara ipersensibile.