Gli italiani nel calcio tedesco. Una storia d’amore sotto il segno della Bundesliga
di Axel Jürs
Per cominciare ci sono tre campionati della Bundesliga. La prima e la sconda serie sono più o meno equivalenti alla serie A e la Serie B dal campionato italiano. Ultimamente si è tuttavia discusso del fatto che il Bayern possa essere visto come una serie a sé.
Naturalmente il calcio tedesco ricominciò quasi subito dopo la guerra, spesso non sui campi di calcio, ma proprio su campi di detriti e spesso con “palloni” fatti di stracci e un po’ di spago.
Il calcio nel dopoguerra
Alla fine del secondo conflitto mondiale, i tedeschi si erano finalmente ricordati che non sapevano solo marciare, obbedire, uccidere e distruggere, ma anche giocare a pallone. Tutta l’Europa e anche il resto mondo lo hanno visto e capito al più tardi nel 1954, quando una squadra, dopo aver perso contro gli ungheresi in una prima tornata 8 a 3, nella finale, contro quegli stessi ungheresi, vinse 3 a 2. Era una vittoria che anche i tedeschi senza la passione per il calcio prendevano come ritorno al mondo normale, godendo dell’ammirazione delle altre “nazioni calcistiche”. Finalmente si sentivano non più temuti, ma semplicemente rispettati per la bravura mostrata su un campo ben diverso da quello di battaglia, che aveva dominato due guerre mondiali.
In quei primi mesi e anni del dopoguerra, però, non esisteva più la Germania, nè una sua capitale. Nella Germania sconfitta c’erano infatti zone occupate e, a Berlino, settori occupati. Neanche nel famoso 1954 del campionato la nuova Bundesrepublik, appena fondata, esisteva come Stato completamente indipendente dalle forze occupanti. La Germania libera, la Repubblica Federale, fondata nel 1949, ricevette solo nel 1955 la quasi completa sovranità (Berlino esclusa) dagli Americani, Francesi e dalla Gran Bretagna.
La nascita della Bundesliga
Dieci anni dopo la seconda guerra mondiale, il calcio tedesco fu così diviso in associazioni regionali. Ci vollero altri otto anni prima che, nel 1963, cominciasse la prima stagione di una serie A di livello federale e nazionale, la Bundesliga, e altri 10 anni, fino all’anno 1974-75, per amalgamare le serie regionali nella nuova seconda serie federale, la 2a Bundesliga (Serie B). Comunque, per il pubblico, la Serie A sembra sempre più importante e autentica e così, quando le persone parlano semplicemente della Bundesliga, normalmente intendono solo la serie A. Soprattutto nelle città e regioni che, dopo una “discesa” (Abstieg) nella classifica, sperano di riconquistare la vetta del campionato. La speranza della promozione (Wiederaufgstieg) si esprime, come accade ovunque nel calcio, anche nei canti dei tifosi: “Nie mehr zweite Liga!” (Mai più serie B) e “Bundesliga wir kommen!” (Attenzione, serie A: Arriviamo!) sono slogan che chiariscono molto bene questo concetto.
In quei primi anni della Bundesliga non c’era ancora molta “italianità” nel calcio tedesco, anche se i primi Gastarbeiter (lavoratori immigrati) che venivano dall’Italia c’erano già, e militavano anche in alcune squadre regionali. Ma come sempre esistono eccezioni alle regole e questo vale anche nel calcio tedesco del dopoguerra: quell’eccezione fu una donna italiana straordinaria, amatissima dai tedeschi come suo marito Fritz e da chi era meno interessato al calcio anche di più! Portava il cognome, Walter, di suo marito Fritz, capitano della nuova squadra nazionale tedesca e anche vincitore della coppa mondiale del 1954 a Bern, in Svizzera. La donna di cui parliamo, moglie di Fritz Walter, non solo era di origine italiana, ma si chiamava proprio Italia! In quegli anni, quando sentivano la parola Italia, i tedeschi pensavano non solo al Paese “dove fioriscono i limoni” (come lo definiva Goethe), ma anche a quella simpaticissima rappresentante della cultura italiana.
In quel primo anno della Bundesliga giocavano non solo squadre che esistono ancora, ma anche club che non si vedono quasi più. L’unico club che ha giocato nella prima serie della Bundesliga senza interruzioni, o per dirlo più chiaramente, senza Abstieg (discesa nella classifica), è rimasto il club amburghese HSV (Hamburger Sportverein), fondato nel 1919 dalla fusione di tre club locali, di cui il SC Germania era il più anziano (fu fondato nel 1887). Un anno di meno (53 anni) di presenza nella Bundesliga é vantato dal club di Brema (Werder Bremen). Anche il SV Werder compare tra le squadre del primo anno, però, nella statica bremense, manca l’anno 1980-81, quello della retrocessione in serie B. L’Abstieg e la retrocessione furono impensabili fin dall’inizio per il Bayern, ma ci vollero comunque due anni perché i bavaresi conquistassero la serie A, nel 1965.
Negli ultimi anni, tuttavia, per poco l’HSV non ha interrotto la sua storia continuata nella Bundesliga. Per due anni di seguito i giocatori della squadra amburghese, come sedicesimi in classifica, dovevano partecipare alla Relegation, cioè a partite decisive contro il terzo della 2a Bundesliga. E per evitare di finire nella discesa diretta, nell’estate del 2015, ci voleva un allenatore molto speciale che conosceva già il club: Bruno Labbadia, cresciuto a Darmstadt come figlio di genitori italiani e giocatore con così tanta capacità calcistica che, senza chiedere ai genitori, aveva chiesto e ottenuto la cittadinanza tedesca, perché ai suoi tempi esisteva una regola in base alla quale ogni squadra della Bundesliga poteva presentare solo tre “stranieri”.
Leggi anche:
Il tedesco creativo di Giovanni Trapattoni: in Germania è ancora un classico
Così, essendo di Darmstadt e parlando non solo il tedesco, ma anche il dialetto regionale, il giovane Bruno diventò presto “tedesco” anche ufficialmente, contro la volontà di suo padre, che forse lo vedeva già a giocare un giorno per gli Azzurri.
Purtroppo quest’anno, dopo un altro inizio catastrofico della squadra amburghese, il capo dell’HSV lo ha licenziato dopo solo cinque partite, in cui l’HSV ha preso solo un punto. E ancora peggio: è stato proprio un altro allenatore italiano, Ancelotti del Bayern, a dare l’ultimo pugno alla carriera amburghese di Bruno Labbadia. La storia d’amore tra l’allenatore italo-tedesco e i tifosi amburghesi, tuttavia, non è ancora finita: secondo tanti tifosi anseatici, infatti, dovrebbe andarsene il direttore sportivo Beiersdorfer, invece che il loro amatissimo Bruno. Ci sono quelli che gli vogliono così bene da augurargli persino pieno successo come nuovo allenatore del Brema, finendo la stagione 2016/17 meglio che nell’HSV. Una cosa, questa, quasi inimmaginabile non solo per gli Ultras amburghesi, ma anche per tutti gli altri tifosi dell’HSV. Perché nonostante siano amici, o almeno simili, come cittadini anseatici, in ambito calcistico appartengono a due tifoserie che non possono sopportarsi. Ci sono infatti canti e poesie decisamente poco citabili che le due cittá si rivolgono in qualitá di “famiglie calcistiche” da anni. Non si sa quanto sapesse di tutto questo Carlo Ancelotti, quando i suoi hanno segnato al penultimo minuto. È vero che aveva comunque sperimentato in prima persona un certo tipo di tifo “sopra le righe” quando mimitava nel Torino e aveva giocato contro l’HSV. Ad ogni modo, anche la sua relazione con i tifosi del Bayern si preannuncia già bellissima, se non di amore. I bavaresi l’hanno infatti già adottato come “bavarese d’onore” dopo poche settimane. Di più non si può diventare, a Monaco. Tutte le coppe possibile arrivano solo in omaggio.
Nella prossima “puntata”, come si dice in tv, parleremo di Uwe Seeler, che nel 1961 rischiò di diventare uno dei migliori attaccanti del mondo e il primo giocatore tedesco famoso in Italia. E spiegheremo il motivo per cui non accettò l’offerta straordinaria dell’Inter, parlandovi anche della moglie del capitano di un piroscafo, che diede il suo nome a un club di calcio.
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!