ANTEPRIMA – Gli eredi di Caravaggio a Wiesbaden, intervista a Elena Castelli De Angelis
Ciao Elena Castelli, il 3 novembre sarai a Francoforte per presentare una conferenza, organizzata da questo Consolato Generale, nell’ambito del ciclo di incontri, con specialisti e studiosi, pensati come momento di approfondimento e preparazione alla visita della mostra nel Museo di Wiesabaden: Gli eredi di Caravaggio – Il Barocco a Napoli.
Gli amici tedeschi ed italiani desiderano sapere in ANTEPRIMA qualcosa dell’ospite. Se sei d’accordo vorrei farti cinque domande perché tu possa incuriosire le nostre lettrici e i nostri lettori, prima di averli con noi alla conferenza dal titolo Innumerabili splendori. Arte e Luce nell’effimero barocco.
Chi è Elena Castelli De Angelis? Una storica dell’arte, un’appassionata del barocco o anche qualcosa di più?
Sono una persona che ha la fortuna di poter trasformare la sua passione nel proprio lavoro, benché di questi tempi sviluppare e portare avanti un’attività di ricerca, soprattutto in un settore come quello della storia dell’arte, non sia facile e richieda ogni giorno voglia di reinventarsi e forza di volontà. E poi sono una moglie che si dedica alla sua famiglia e che, come tante donne, come una funambola cerca, senza cadere, di camminare su quel filo che raccorda le aspirazioni professionali da una parte e le esigenze del cuore dall’altra.
La mostra di Wiesbaden Gli eredi di Caravaggio ti vede anche impegnata come professionista in visite guidate in italiano per far scoprire il mondo dei caravaggeschi. Cosa puoi raccontarci di questa mostra?
Prima di tutto che è una mostra bellissima perché è un vero concentrato di capolavori, i quali, uno dopo l’altro, emozionano il visitatore con la loro coinvolgente immediatezza e il fascino innegabile di chiaroscuri violenti e colori preziosi. E poi è una mostra completa perché illustra le tante sfaccettature della pittura barocca napoletana evidenziando, oltre alla rivoluzione portata da Caravaggio, le altre componenti di cui il panorama artistico partenopeo si è andato arricchendo nel corso del Seicento. Insomma, percorrere le sale della mostra di Wiesbaden permette di fare un viaggio affascinante attraverso una moltitudine di dipinti, disegni e qualche scultura che testimoniano una stagione importantissima della pittura non solo italiana, ma anche europea. Il che spiega perfettamente il senso di una mostra del genere in terra tedesca.
“Innumerabili splendori”, perché hai dato questo titolo alla tua conferenza ?
É una citazione tratta dal testo della relazione di una festa dei Seicento. Amo le citazioni perché trovo che siano estremamente efficaci nella loro brevità. Qui si tratta di due sole parole che hanno la forza di riassumere il ruolo della luce negli apparati effimeri creati per le celebrazioni solenni in età barocca. L’aggettivo dice che c’era moltissima luce, il sostantivo racchiude in sé un giudizio, lasciando intendere quale piacevole sensazione quella luce così copiosa era in grado di generare.
Quali sono gli esiti della tua ricerca storica in ordine alla pratica attuale di illuminazione di opere d’arte?
Semplificando molto, la mia proposta è quella di usare l’attuale illuminotecnica per creare una luce meno intensa e il più possibile simile a quella del fuoco perché in passato le opere d’arte non erano illuminate nel modo in cui oggi il nostro occhio esigente le vuole osservare. Il senso di una proposta del genere? Sta nel fatto che la mia ricerca ha dimostrato che gli artisti del passato – io mi sono occupata di barocco – furono spesso molto attenti anche alle condizioni luminose in cui le loro opere sarebbero state fruite al punto da compiere in ragione di ciò specifiche scelte operative. Si tratta dunque di una valorizzazione che rispetta di più quelle volontà espressive e che offre una lettura sorprendente: si vede forse meno, o meglio, ci vuole più tempo per vedere, ma la percezione delle gamme cromatiche e delle profondità spaziali è straordinariamente diversa da quella a cui siamo abituati. L’ho constatato durante alcune prove sperimentali in cui ho usato le candele per illuminare due dipinti del Seicento. Un’emozione nuova ed incredibile…
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Cosa ti stimola e ti affascina quando ti confronti con il pubblico sia in Italia che all’estero?
Quando parlo di arte non trasmetto solo le nozioni e le informazioni che derivano dalla mia ricerca. Ci sono anche le mie emozioni per quello che studio, l’entusiasmo delle mie scoperte, la passione per il mio lavoro. E sono sempre curiosa di vedere quanto di quello che ho interpretato sia condiviso, quanto le mie sensazioni siano le stesse delle persone con cui mi confronto. E poi il dialogo che nasce, le impressioni e le riflessioni che le mie parole sanno suscitare sono per me un’occasione preziosissima per ampliare ancora i miei orizzonti e i punti di vista.
Grazie Elena Castelli, ti aspettiamo giovedì 3 novembre, alle ore 19.00, alla sala eventi ENIT di Francoforte – Barckhausstr. 10 – per continuare a dialogare con te.
Elena Castelli De Angelis nasce ad Alessandria. Si laurea a Genova in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi riguardante il rapporto tra luce e opere d’arte. A Pisa consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’Arte approfondendo lo stesso tema e compiendo, con il supporto scientifico del CNR, sperimentazioni sull’illuminazione a candele di due dipinti dei secoli XVI e XVII. Collabora con le università brasiliane di San Paolo, Campinas, Belo Horizonte e Juiz de Fora, oltre che con l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. In Italia e all’estero partecipa a convegni, tiene conferenze e pubblica diversi contributi in cui presenta i risultati dei propri studi dedicati soprattutto all’arte barocca.
Intervista a cura di Michele Santoriello
Consolato Generale d’Italia Francoforte – Ufficio Cultura