Unconventional Berlin Diary: arrivederci, Berlino
Non so cosa dirti, Berlino. Mi preparo a lasciarti per un po’, come accade circa due volte all’anno, e vorrei evitare di essere retorica perché la retorica mi irrita e quasi mi offende, come se mi facesse un torto. Sono successe un po’ di cose negli ultimi tempi. Mio padre mi ha regalato lo spavento della vita facendosi venire un infarto dopo una vita passata a fumare come un camino, mi brucia lo stomaco e mi fa male la mandibola perché serro i denti come un molosside. Che altro? Ah, sì, ho ripreso qualche cattiva abitudine.
Le cattive abitudini sono come gli escrementi dei cani per strada, recuperarle è come pestarne uno. Capita per caso, per distrazione, ad ogni modo fa schifo.
Una bambina di cui mi occupo come babysitter sta per lasciarti per sempre. Si trasferisce letteralmente dall’altra parte del mondo ed è un po’ triste per questo. Sai farti amare molto. L’ultima volta che l’ho vista ha voluto giocare al salone dei tatuaggi e mi ha riempita di scritte fatte con il pennarello. Su un braccio mi ha scritto “Luchia” e sull’altro mi ha disegnato una ferita con l’osso esposto. E una bimba decisamente hardcore. Poi mi ha chiesto “sei piú intelligente di Einstein?”. Io ho risposto “decisamente no” e lei “non sei più intelligente di un sasso?”. Ein Stein. Ah-ah. Mi mancherà molto.
Anche tu mi mancherai. Le ultime cose che ricordo di te sono una sortita al Bundestag, dove ho seguito con Wolfie una sessione parlamentare sulla sorveglianza di massa, e la bella e tetra solitudine goduta nel Wintergarten di casa mia, proprio dietro al Rigaer94, la notte del sabato degli scontri, mentre ascoltavo le sirene della polizia persino alle tre di notte e scrivevo un articolo in tempo reale per il magazine. Ieri invece ho partecipato a una conferenza sul femminismo islamico e ho finito la serata su una barca ormeggiata con un’attivista, una fotografa, una produttrice di documentari, Wolfie e Domi, un’amica venuta da Bruxelles. É stata una serata splendida, va replicata. Un’altra cosa che voglio fare è andare alla Funkhaus a vedere dei quadri che ho scoperto da poco, realizzati con la tecnica dell’ossidazione, ma sto partendo. Magari al mio ritorno.
Al mio ritorno faremo un sacco di cose.
Non scappare, eh?
Wolfie: essere di genere indefinibile. Per metà Ziggy Stardust, per metà Kurt Cobain, per metà la mia metà.
Mio fratello: coinquilina e amica di lunghissima data. Ci chiamiamo reciprocamente “fratello” e parliamo di noi al maschile.
Il bambino: per il mondo è “Ein Arschloch”. Per me è semplicente “il bambino”.
(La rubrica “Unconventional Berlin Diary” tornerá sulle pagine de “Il Mitte” dopo una pausa estiva che, per un po’, porterá l’autrice a latitudini diverse. La ritroverete comunque, puntualissima, tra poco più di un mese)
♠ Colonna sonora: “Open Heart Surgery”–The Brian Jonestown Massacre♠
Lucia Conti
Lucia Conti ha collaborato con diverse webzines, curando rubriche di arte, cinema, musica, letteratura e interviste. Per “Il Mitte”, di cui é al momento caporedattrice, ha già intervistato, tra gli altri, due sopravvissuti ad Auschwitz-Birkenau e Buchenwald e ha curato un approfondimento sull’era della DDR, raccogliendo testimonianze di scrittori, giornalisti, operatori radiofonici e musicisti. Ama visitare mostre e chiese in tutta Europa, con una particolare predilezione per Bruegel, Van Gogh e Caravaggio e per l’architettura gotica. Tra i registi apprezza in modo particolare Bergman, Wiene, Kitano, Fellini e Lars von Trier e adora l’ultimo Polanski. Per quanto riguarda la letteratura ha una vera ossessione per Kafka e in particolare per “La metamorfosi”, che ama rileggere a cadenza regolare e che produce su di lei uno stranissimo effetto calmante. Privatamente scrive cose che poi distrugge. Attualmente vive e resiste a Berlino.