Scuole speciali per bambini disabili. È davvero la cosa migliore?

scuole speciali

Scuole speciali: dovrebbero appartenere solo al passato. Continua la nostra collaborazione con gli amici di Artemisia, associazione che supporta le persone diversamente abili e le loro famiglie a Berlino. Oggi Beatrice Sbriscia Fioretti ci parla delle Sonderschule, le cosiddette scuole speciali. In Italia questa strada è stata abbandonata da anni, in Germania ancora si segue questo modello. Voi cosa ne pensate?

In questi ultimi anni, in Germania, si stanno attuando alcuni sforzi per avviare l’inclusione scolastica dei bambini diversamente abili. Ad oggi il percorso scolastico più diffuso dei bambini che hanno delle difficoltà è quello delle Sonderschule. L’idea di base della scuola speciale è che i bambini in difficoltà abbiano bisogno di strutture, personale e percorsi specializzati. I promotori dell’inclusione in Germania citano però diversi studi che mostrano come un percorso scolastico “regolare” sia vantaggioso per tutti i bambini, con e senza disabilità.


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Utilizzare il rendimento scolastico come unico parametro per valutare quale sia il percorso migliore è forse un errore di base, figlio di una visione miope su quali siano i compiti della scuola. Poiché essa è il principale luogo di vita dei bambini, infatti, scegliere di inserire alcuni di loro in un contesto protetto significa decidere a priori di incarcerarli in un mondo snaturato, fatto ad uso e consumo delle sole persone con disabilità. È dunque necessaria una riflessione più ampia, che esuli dai soli vantaggi in termini di efficienza ed efficacia, e che parta da domande più radicali sul valore dell’inclusione.

In Italia la legge sull’inclusione scolastica risale al 1977 (L. 517/77). Essa fu voluta sull’onda dello stesso movimento culturale che portò alla stesura della legge Basaglia (L. 180/78), che decretò la chiusura dei manicomi. Tali leggi abolirono la restrizione delle libertà e dei diritti dei “diversi” e avviarono una generale messa in discussione del concetto di normalità.

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Dal ’77, dunque, in Italia tutte le scuole pubbliche sono tenute ad accogliere ragazzi con disabilità fisica o intellettiva e a garantire loro un percorso di studi che sviluppi appieno le loro potenzialità. Un obiettivo ambizioso, che stenta tuttora a realizzarsi nella sua forma più alta, ma che conta ad oggi un’ottima prassi e milioni di ragazzi che hanno avuto la possibilità di conoscersi e instaurare delle relazioni proficue per tutti.

La Germania è arrivata a legiferare senza che si sviluppasse un vero e proprio movimento culturale sorto da un sottosuolo di indignazione sociale. Nel 2009 una Convenzione ONU sui diritti dei disabili ha imposto agli Stati aderenti di dare la possibilità a tutti i bambini di iscriversi nella loro scuola di competenza. La Germania si è dovuta quindi muovere di conseguenza.

La forte autonomia delle regioni e dei singoli istituti scolastici ha tuttavia ostacolato l’avvio di un drastico cambio di rotta, così come auspicato dall’ONU. Ogni scuola, infatti, può scegliere o meno di investire risorse per formare personale specializzato, cosa che, dal punto di vista del bambino con disabilità, significa poter essere rifiutati da alcune scuole, ponendo anche il problema giuridico di una discriminazione in termini di accessibilità al diritto allo studio.

Questo cambiamento di prospettiva è indispensabile. Ad oggi purtroppo per molte famiglie tedesche avere una scuola speciale è una sicurezza. L’associazione Artemisia ha proprio l’intento di dare un contributo al dibattito sull’inclusione in Germania, arricchendolo dell’esperienza italiana di questi ultimi quarant’anni.

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