Berlino: meta ideale per chi cerca lavoro o epicentro del capitalismo selvaggio?

Berlino moderna photo

Non ci sono dubbi, la Germania in generale e Berlino in particolare stanno diventando sempre di più una meta ideale per tanti italiani in fuga dalla crisi e dalla mancanza di lavoro. Prospettive professionali più allettanti e condizioni generali di maggiore benessere, infatti, permettono a molti connazionali espatriati di vivere un presente più roseo e investire in un futuro meno incerto di quello che avrebbero contemplato in Italia. Ma è davvero così?

Se infatti benessere ed efficienza del sistema tedesco sono fattori oggettivamente verificabili, come del resto il ruolo di assoluto primo piano della Germania in Europa, è vero anche che non sempre questo si accompagna a un’effettiva tutela del lavoratore. Sempre più aziende, infatti, modificano rapidamente la loro struttura attraverso fusioni o scissioni o decidono di trasferire interi reparti all’estero, prevalentemente in Paesi dell’Europa orientale. Questo implica riassetti interni e licenziamenti in massa che ovviamente generano angoscia e disorientamento nei lavoratori coinvolti.

Proprio recentemente una grande compagnia di videogiochi free-to-play in Germania avrebbe siglato un accordo con un’altra compagnia tedesca nel ramo, sancendo una fusione tra le due a partire dal 1 luglio. Tale accordo sarebbe stato annunciato agli impiegati circa 30 giorni prima della data effettiva, generando una serie di indiscrezioni su massicci licenziamenti e un commisurato senso di incertezza e disagio. La nuova compagnia, infatti, avrebbe la fama di seguire un modus operandi ben consolidato: acquisizione, riduzione ed outsourcing. Dopo iniziali dichiarazioni “tranquillizzanti” e colloqui individuali con i nuovi responsabili, allo scadere del 30 giugno, 106 impiegati (tra il 30 ed il 40% della forza lavoro totale) sarebbero stati invitati a riunirsi in una saletta aziendale per poi essere informati del loro licenziamento. Molti di loro non avrebbero ricevuto alcun preavviso e addirittura nemmeno i responsabili dei vari dipartimenti sarebbero stati informati su chi sarebbe stato invitato a lasciare l’ufficio quello stesso giorno.
Alcuni impiegati si sarebbero trovati, da un momento all’altro, semplicemente incapaci di collegarsi al loro terminale, senza la possibilità di scaricare i propri dati o scrivere due righe di saluto ai colleghi.
Diverse lavoratrici rimaste senza lavoro sarebbero invece neo-mamme, o in attesa di un figlio, cosa che fa ragionevolmente pensare che poco o nulla abbia pesato una riflessione sulla tutela della maternità, se non probabilmente in negativo.

Insomma, non sembra più rinviabile una riflessione sulla consistenza reale del mito della Germania come terra di progresso e opportunitá, soprattutto nel momento in cui il prezzo della globalizzazione neo-liberista viene pagato in termini di incertezza crescente e minore protezione dei lavoratori.

2 COMMENTS

  1. Forse anche per voi è giunto il momento di leggere “Anschluss” di Vladimiro Giacché e i lbri di Alberto Bagnai sul progetto dell’euro e le sue motivazioni reali.

  2. I 106 impiegati avrebbero certo preferito evitare di doversi cercarsi un altro lavoro (attingendo nel mente ai generosi sussidi statali), ma per la comunità non è certo favorendo il lavoro improduttivo che si può pensare di perseguire “progresso e opportunitá”.

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