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Unconventional Berlin Diary: Moabiter Brücke, Berlin graffiti

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Sui tubi di drenaggio che corrono attorno al Moabiter Brücke c’è da mesi una guerra di slogan. “Merkel muss weg” è il più diffuso. Con il pennarello, con lo spray, in piccolo o a caratteri cubitali, si propaga ovunque come un battage pubblicitario. Ho cominciato a prenderne nota da quando mi è stato impedito l’accesso al Gerickesteg, ponte pedonale sulla Sprea che collega la stazione S-Bahn Bellevue ad Alt Moabit e che da molto tempo e per molto tempo ancora sarà bloccato dai lavori in corso.

“Merkel muss weg” spicca sui tubi, sulle colonne di cemento, sui muretti, in grande, in piccolo, in rosso, in nero, come in una ossessiva riproduzione “pop art” di un marchio.

A un tratto però scatta il contrasto politico. In più punti infatti lo slogan è stato corretto in “Nazis muss weg”, mentre un bastian contrario dal senso hegeliano della sintesi ha preso le distanze da tutti scrivendo un sibilino “Antifa=Nazis”, che chiude la questione in modo surreale e rimette la palla al centro.

Stessa dinamica per quanto riguarda il giudizio sulla politica di immigrazione. “Refugees welcome”, scritto ovunque, diventa a un tratto “Refugees NOT welcome” e infine di nuovo, per fortuna, “Refugees welcome”.

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Passeggiare nei pressi del Moabiter Brücke è come leggere il giornale, ma un giornale vivente, fatto di umori, rigurgiti e macchie impressionistiche, più che di fatti. Mi fermo spesso per vedere se c’è qualche scritta nuova. Mi dà il termometro della cittá o almeno di quella parte che ha voglia di parlarne con lo spirito del graffito metropolitano. Non credo che ne avrò ancora il tempo, quando riapriranno definitivamente il Gerickesteg. Questo accorcerà di sicuro il mio percorso abituale, che adesso mi obbliga a girare attorno all’area che prima dell’inizio dei lavori attraversavo direttamente, ma mi priverà del polso del Paese per circa cinquanta metri.

Questa è l’ennesima dimostrazione di come il risparmio di tempo e spazio faccia bene al progresso, ma a volte inibisca la riflessione rilassata sui fatti della vita, pratica di utilitá non immediata, ma di sicura efficacia a lungo termine. I greci avevano un verbo apposta per indicare le discussioni fatte gironzolando in piazza: agorazein. Opportunamente tradotto da un insegnante del mio vecchio liceo con “adesso vado a vedere che si dice in giro”.
Io non sono certo Socrate, ma un percorso più lungo nei pressi del Moabiter Brucke mi ha fatto di sicuro notare due cose: destra e sinistra si scontrano ideologicamente ad Alt Moabit con tenacissimo accanimento e gli innamorati che interagiscono in vario modo lungo il fiume non hanno alcun interesse per gli slogan politici. Una volta ho visto un uomo e una donna litigare in italiano, urlavano frasi random sulla mancanza di sensibilità e sul superamento dei limiti sotto un “Merkel muss weg” a caso. Anche loro, a pensarci bene, erano un Berlin graffiti.

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Colonna sonora: “Just”–Radiohead 

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