Il Carnevale delle Culture: la vida es un carnaval
di Sara Bolognini
Ebbene, popolo di Berlino, preparatevi all’evento più divertente, interessante e colorato dell’anno (almeno secondo il mio modesto gusto): questo weekend è il Karneval der Kulturen, il Carnevale delle Culture.
Vi starete di certo chiedendo perché abbiano organizzato il Carnevale nel bel mezzo del mese di maggio e me lo sono chiesta io stessa, perciò ho controllato su Wikipedia. Inizialmente credevo fosse solo un’altra scusa per fare festa in pieno stile berlinese, ma l’onnisciente Internet dice che è una tradizione che si svolge nel periodo di Pentecoste dal 1996.
Tutto iniziò quando un’associazione finanziata dal Senato organizzò incontri finalizzati al confronto e al dialogo tra culture diverse. In questi incontri si sviluppò l’idea di creare un evento più grande e pubblico, così nacque il Carnevale delle Culture che conosciamo oggi. Wikipedia non ha risposto alla mia domanda del perché si svolga a maggio, ma pazienza.
C’è molto movimento nei dintorni di Hallesches Tor: bancarelle con cibo, vestiti e birra costosa, palchi con concerti di musica araba o musicisti che improvvisano nel parco. Domenica la grande parata, dove quasi ogni nazione ha il proprio carro con musica tradizionale, danze e costumi tipici. Naturalmente ci sono anche carri con musica tecno, altrimenti non sarebbe Berlino. Non ci sono transenne, le persone possono muoversi liberamente e seguire i gruppi che più preferiscono, ballando al ritmo della loro musica.
Mi sono fermata a riflettere su questo evento, che assume un significato profondo in un momento in cui molti rifugiati sono presenti in città e tutti sembrano essere diventati nemici di tutti.
Questo è un weekend in cui accade qualcosa che ormai non succede molto spesso: gruppi di persone con origini e culture diverse si radunano per divertirsi e celebrare la vita insieme.
Ed è mentre ballo sulle note di strumenti turchi e di bonghi africani, mentre le danzatrici di samba agitano il loro corpo facendomi pensare con invidia alla mia cellulite, mentre brindo con tedeschi, spagnoli ed ecuadoregni, che veramente realizzo quanto non abbia senso essere razzisti, anche in un periodo di crisi come questo.
Ok, lo devo ammettere, anche io ero un’odiosa razzista, fino a qualche anno fa. Odiavo così tanto gli spagnoli che il mio unico desiderio, appena trasferita a Berlino, era stato quello di non ritrovarmi come coinquilina una spagnola.
Sono sbarcata dall’aereo con le mie ventisei valigie e quattro zaini e ho preso la S-Bahn verso Marzahn, pronta a vivere la mia nuova avventura tra piazze sovietiche e palazzoni DDR dagli appartamenti tutti uguali.
Indovinate da dove veniva la ragazza che avrebbe dovuto abitare con me? Dalla Spagna, naturalmente. All’inizio ho pensato fosse uno scherzo. Poi, ironia di una vita surreale, quella ragazza è diventata la mia migliore amica e ho iniziato ad uscire quasi solo con spagnoli. Il muro di pregiudizi è crollato.
Eppure ci sono persone che non vogliono abbattere quel muro. Che ancora sono convinti che gli stranieri ci stuprino le donne, ci righino la macchina, ci rubino il lavoro, ma allo stesso tempo non abbiano voglia di lavorare. Che puzzino. Ma, attenzione, solo un tipo di stranieri, solo quelli dalla pelle scura, al massimo asiatici.
Continuate a credere ai luoghi comuni, all’allarme che questa sarà l’estate più calda di tutti i tempi e l’inverno più freddo da secoli.
A quanto apre alle elementari eravate assenti alla lezione di storia in cui normalmente si spiega che la strategia più comune per distrarre il popolo dai problemi interni del paese è quella di fornirgli un nemico da odiare.
Continuate a considerare i rifugiati animali, anche se siete voi le bestie che suggeriscono di rispedirli da dove sono venuti, pur sapendo a cosa andrebbero incontro.
Oppure arrabbiatevi piuttosto con le aziende, che sfruttano questa situazione di crisi. Manifestate contro i governi, che non vogliono proporre leggi adeguate per gestire la situazione, non contro i vostri simili. Ogni nazione ha le proprie tradizioni, la propria lingua, musica e danza.
A parte ciò, apparteniamo tutti alla stessa specie, siamo tutti umani, non importa quanto i razzisti vogliano illudersi del contrario. Siamo tutti nati da una madre e un padre, moriremo tutti, siamo tutti inclini alle dipendenze, cerchiamo tutti l’amore. E questo è proprio quello che il Carnevale delle Culture festeggia, celebrando la bellezza di ogni tradizione, unendo persone da tutto il mondo, ricordandoci che ci apparteniamo l’un l’altro.
Un appello a tutti i razzisti: se non avete ancora cambiato idea potete sempre restarvene a casa ad annoiarvi sul divano mentre io sarò a spassarmela, ballando sulle note di ottima musica.