di Lucia Conti
Alla fine del reparto ortofrutta, da METRO Cash & Carry, a Berlino, è possibile osservare qualcosa di nuovo e sorprendente: una specie di piccola serra denominata Kräuter Garten, in cui crescono verdure ed erbe aromatiche che i clienti possono scegliere e acquistare.
Da cosa è partito l’esperimento METRO Cash & Carry
L’esperimento è condotto dalla startup Infarm e il modello è quello della coltura idroponica. Le verdure crescono all’interno di cabine modulari illuminate da led che sostituiscono la luce solare e i nutrienti vengono sciolti direttamente nell’acqua.
Secondo Guy Galanska, cofondatore di Infarm, questo sistema consentirebbe un grande risparmio di spazio e di energia e comporterebbe sensibili vantaggi ambientali, vista l’eliminazione della fase del trasporto, la riduzione drastica delle spese di magazzino e refrigerazione e l’utilizzo di piccolissime percentuali di acqua e fertilizzante. La freschezza del prodotto, inoltre, sarebbe garantita dal fatto che cresca nello stesso luogo in cui viene acquistato al dettaglio.
Alcuni negozi di alimentari, come il Whole Foods, a Brooklyn, hanno già sperimentato soluzioni “autarchiche” con delle serre sul tetto, ma le unità modulari proposte da Metro sono un’assoluta novità. Consentono infatti agli acquirenti di osservare le piante a uno stadio che non hanno mai visto prima, se hanno sempre vissuto in città, e di usare un’applicazione per ordinare semi di erbe non ancora disponibili.
Al momento l’offerta è limitata a prodotti particolari come mizuna e wasabi, ma il sistema può essere impostato anche per produrre melanzane e pomodori e proprio i pomodori, insieme ai peperoncini, saranno la prossima sfida della compagnia.
L’ambizione dei promotori del progetto è di esportare questo modello in tutti i supermercati e l’obiettivo di lungo periodo è che le città siano un giorno in grado di sostenersi in modo autonomo e di garantire cibo fresco a un prezzo ragionevole.
Al momento la visione dell’agricoltura verticale come mero supplemento è legata a uno stadio della tecnologia che consente una produzione limitata, ma guardando avanti di cinque o dieci anni non è difficile ipotizzare un futuro in cui l’idea di rimpiazzare completamente l’agricoltura tradizionale potrebbe non suonare irrealistica. Basti pensare al fatto che diverse fattorie verticali riescono già a provvedere al fabbisogno di riso, fagioli di soia e alcuni tipi di frutta.
Al momento l’interesse da parte dei ristoranti e dei negozi di alimentari di Berlino è spiccato e dichiarato (il Metro è un supermercato all’ingrosso dove fanno spesa molti cuochi professionisti e la scelta non è stata casuale). I consumatori, invece, alternano l’entusiasmo a quel tipo di perplessità che molti provano di fronte a un modello che percepiscono come “poco naturale”, ma quanto c’è di naturale, oggi, nel modo in cui vengono trattati i prodotti agricoli e quanto le moderne fattorie sono più naturali di queste nuove espressioni della coltura bio?
La catena Metro pagherà un prezzo relativamente basso per le unità che sta testando e acquisterà un software che consentirà ad ogni impiegato del supermarket di gestirle con una semplice applicazione. L’esperimento, che ha funzionato per circa sei mesi, continuerà almeno per altri sei. Entro la fine dell’anno Infarm ha intenzione di iniziare una produzione di massa e non passerà molto tempo prima che i risultati siano visibili in tutti i reparti ortofrutta di Berlino.
Leggi anche:
Germania, detassare i cibi sani: non è giusto che mangino bene solo i benestanti
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!
L’esperimento mi pare molto interessante, tuttavia esistono diverse variabili che possono determinare la riuscita o il fallimento dello stesso. Attendo di conoscere i risultati, da qui a sei mesi, di: consumo energetico, PLV (produzione lorda vendibile), produzione di scarti organici, produzione di scarti indifferenziati, consumo acqua/fertilizzanti e qualità edibile dei prodotti per potermi pronunciare a favore o contro l’iniziativa. In ogni caso mi sembra una bella idea, almeno concettualmente.
Dr. Nicola Simone PhD – biologo – esperto in chimica degli alimenti e nutrizione