Unconventional Berlin Diary: a Wolfie piace Kaiserdamm
di Lucia Conti
Ho incontrato e intervistato una ragazza asessuale in un caffè di Schönhauser Allee. Da quando ho sentito parlare della categoria la mia voglia di saperne di più è cresciuta di pari passo con la mia inevitabile perplessità iniziale. La mia matrice biologica atavica è forte abbastanza da farmi risuonare nelle mutande i “consigli per la procreazione” ogni volta che uno stimolo erotico raggiunge la mia corteccia cerebrale e sono abbastanza freudiana per essere convinta del fatto che il lavoro che si sceglie e il sesso che si fa determinino in modo preciso la felicità o l’infelicità di quelle scimmie neanche troppo evolute che siamo (cit. Margherita Hack).
Poi ai pride ho cominciato a notare queste persone che esibivano bandiere dai colori vagamente emo e si dichiaravano prive di desiderio sessuale e quindi immuni al bombardamento di feromoni con cui la realtà ci aggredisce, dalla savana alla metropoli.
Abbiamo chiacchierato all’aperto, sferzate obliquamente dalla pioggia e malamente riparate da un ombrellone con lo stemma della caffetteria. Di tanto in tanto un probabile eroinomane che a stento teneva gli occhi aperti ci chiedeva una sigaretta. Oscillava pericolosamente in avanti, stravolgendo il suo baricentro fino alle soglie della caduta, e teneva gli occhi chiusi, in “profondissima quiete”.
Io ho sorseggiato un the, la ragazza mi ha detto di non sopportare il caffè e ha ordinato una cioccolata piena di Marshmallows. A quel punto non ho avuto dubbi: se riuscivo a prendere atto del suo disinteresse per il sesso e il pericolo di un’overdose glicemica, non riuscivo e non riesco ancora a capire come potesse rinunciare alla caffeina. Nel mio sistema di certezze relative questo va contro la natura, il cosmo, le stelle, la morale e se volete anche Dio. Tecnicamente sarei atea, ma sono disposta a creare apposta un sommo datore che stigmatizzi severamente chi non beve caffè. O beve quello di Starbucks.
Intanto ho aiutato Wolfie a traslocare. Davanti alla porta del suo appartamento c’è scritto “Achtung: analfabet!”. Sotto la scritta una freccia che punta verso l’appartamento accanto. La porta d’ingresso è ricoperta di adesivi. Il piano di sotto ospita un centro di accoglienza per donne vittime di abusi. Parlando del quartiere ha storto la bocca.
Non le piace Kreuzberg, non ama la folla, è annoiata dal clubbing, dagli studenti, dai giovani alternativi e dalle pettinature alla moda. Alla domanda “quale zona di Berlino preferisci?” ha risposto “Kaiserdamm”, perchè “il silenzio ha in qualche modo un sapore antico”. Ieri pomeriggio si è fermata davanti a un poster di “Der müde Tod”, un film di Fritz Lang che vuole assolutamente andare a vedere. Credo sia uno dei suoi preferiti, insieme a “Das Cabinet des Dr. Caligari”. Wolfie ha il viso di Kurt Cobain, l’allegria di Ziggy Stardust e la malinconia di Peter Murphy.
Io invece ho traslocato ieri e continuo a vivere quella sorta di eterno sradicamento che ha ormai mutato il mio dna in quello di uno degli Orfei.
Sul piano pratico gestisco tutto abbastanza bene.
Sul piano psicologico cerco di non concentrarmi sul momento in cui le cose cambiano.
Me ne vado e basta.
Non dico mai addio.
Lucia Conti
Lucia Conti ha collaborato con diverse webzines, curando rubriche di arte, cinema, musica, letteratura e interviste. Per “Il Mitte” ha già intervistato, tra gli altri, due sopravvissuti ad Auschwitz-Birkenau e Buchenwald e ha curato un approfondimento sull’era della DDR, raccogliendo testimonianze di scrittori, giornalisti, operatori radiofonici e musicisti. Ama visitare mostre e chiese in tutta Europa, con una particolare predilezione per Bruegel, Van Gogh e Caravaggio e per l’architettura gotica. Tra i registi apprezza in modo particolare Bergman, Wiene, Kitano, Fellini e Lars von Trier e adora l’ultimo Polanski. Per quanto riguarda la letteratura ha una vera ossessione per Kafka e in particolare per “La metamorfosi”, che ama rileggere a cadenza regolare e che produce su di lei uno stranissimo effetto calmante. Privatamente scrive cose che poi distrugge. Con il nome d’arte di Lucia Rehab è frontwoman della band Betty Poison, di cui a volte ha documentato i tour negli USA, in Europa e in Giappone. Attualmente vive e resiste a Berlino.