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Unconventional Berlin Diary: Sylvia Plath e l’arte di morire sani

Sylvia Plath
© wikimedia

Sono stata all’ufficio anagrafe del mio comune italiano per sbrigare un po’ di inutile burocrazia e subito mi sono ritrovata “a casa”, come se non me ne fossi mai andata.

C’era un’unica impiegata attiva. Una seconda, “momentaneamente occupata”, sorseggiava un caffè in un’altra  stanza. Altre due parlavano platealmente di creme con una rappresentante di mezza età con l’aria da madre di famiglia. Mi sono arrivate alle orecchie le frasi “questa è una crema passaparola, una volta che la provi lo dici a un’amica, che lo dice a un’amica, che lo dice a un’amica…” e “ti giuro che questa è anti-acne!”.

La fila non era lunghissima, ma in compenso orizzontale. Le persone si accalcavano nervosamente, pronte allo scatto come centometristi sulla linea di partenza. Il più furbo di tutti era un anziano che approfittava della distrazione altrui per guadagnare lateralmente qualche metro e poi immobilizzarsi, non appena qualcuno si girava a guardarlo, con una tecnica probabilmente perfezionata ai tempi di “un, due, tre, stella!”.

Mia madre si è messa a studiare l’inglese. Le ho comprato i cd di Peter Sloan per principianti e da qualche giorno vaga eruttando zeppole e simulando gargarismi. Ieri ha prodotto un devastante “trintitrì” che nelle intenzioni voleva essere “thirty-three”, ma considerando che in un ristorante di Parigi sua sorella rispose “qua qua qua” al posto di “pas de quoi”, non sta andando neanche troppo male.

Photo by frielp

Ho comprato il biglietto per Berlino, torno il dieci febbraio. I risultati dell’esame istologico sono negativi e quindi posso ripartire con serenità dopo l’ultima visita con il chirurgo, programmata per la fine di questo mese. In realtà mi stavo davvero innervosendo, i risultati sono arrivati in ritardo e dopo una serie di telefonate irritanti, in primis per l’impossibilità di prendere la linea.

Un giorno, dopo almeno una ventina di tentativi inutili, sono riuscita a parlare con una segretaria già esasperata. “Non ti preoccupare, ti ho scritta cubitale”, mi ha rassicurata prima di chiudere la comunicazione. Non so perché, ma la frase mi ha ricordato “Io sono verticale”, la celebre poesia di Sylvia Plath. La conoscete? Inizia con: io sono verticale. Ma preferirei essere orizzontale.

Cara Sylvia, a quanto pare io sono cubitale e già che ci sono colgo l’occasione per dirti che le tue poesie sono interessanti, ma mettere la testa nel forno non è stata una grandissima idea.

Ad ogni modo, meglio tardi che mai, i risultati sono arrivati e mi hanno riconsegnata alla routine. Che brutto modo di dirlo.

Dopo quasi un mese la ferita si è rimarginata ma è ancora in rilievo, quando la tocco si sente un bel cordone e di tanto in tanto fa ancora male. Vorrei che tutto fosse così visibile, anche quel dolore “diverso” che non riesco a capire. Vorrei non dover spiegare o giustificarmi per quegli stati d’animo che mi rendono più invalida di quando non potevo stare in piedi. Vorrei che qualcuno sapesse che medicine prescrivere, dove tagliare, cosa asportare, che ricetta portare in farmacia per avere in cambio anche solo una mezza guarigione. Perché mi viene da pensare che a volte si muoia sani.

Forse ci trasferiremo a Friedrichshain, riceveremo una risposta a brevissimo. La casa sarebbe più grande, la zona più centrale, le condizioni migliori, anche se mi mancherà il mio giardino, pieno di neve e scosso dal vento in inverno e gonfio di verde e luce d’estate.

Photo by Anosmia

♠ Colonna sonora: “Hold on to yourself”–Nick Cave♠

Lucia Conti

luco

Lucia Conti ha collaborato con diverse webzines, curando rubriche di arte, cinema, musica, letteratura e interviste. Per “Il Mitte”, di cui é al momento caporedattrice, ha già intervistato, tra gli altri, due sopravvissuti ad Auschwitz-Birkenau e Buchenwald e ha curato un approfondimento sull’era della DDR, raccogliendo testimonianze di scrittori, giornalisti, operatori radiofonici e musicisti. Ama visitare mostre e chiese in tutta Europa, con una particolare predilezione per Bruegel, Van Gogh e Caravaggio e per l’architettura gotica. Tra i registi apprezza in modo particolare Bergman, Wiene, Kitano, Fellini e Lars von Trier e adora l’ultimo Polanski. Per quanto riguarda la letteratura ha una vera ossessione per Kafka e in particolare per “La metamorfosi”, che ama rileggere a cadenza regolare e che produce su di lei uno stranissimo effetto calmante. Privatamente scrive cose che poi distrugge. Attualmente vive e resiste a Berlino.

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